Ricordo a tutti quelli dell’area di Torino che martedì 9 Aprile alle ore 17 presso la Fondazione Einaudi sarà presentato dalla Professoressa Daria Gabusi il libro “I Bambini di Salò” la Scuola elementare nella RSI,il ministro Carlo Alberto Biggini.
Daria Gabusi è Professore associato (abilitato alla I fascia) di Storia della pedagogia presso l’università Giustino Fortunato di Benevento ed è docente a contratto della medesima disciplina presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Brescia…
72a ASSEMBLEA NAZIONALE – SCALETTA INTERVENTI
ORE 10.00 APERTURA ASSEMBLEA – INTRO DIRETTORE (5’)
10.10 RELAZIONE PRESIDENTE (15’)
10.30 AMM.ISP. PETTORINO (15’)
10.50 On.le TONINELLI (15’)
11.10 CONFCOMMERCIO (UGGE) (10’)
11.30 Sen. Gregorio DE FALCO (Gr.Misto) (10’)
11.45 VICE PRESIDENTE VIII COMMISSIONE SENATO (DE SIANO FI-BP) (10’)
12.00 CAPOGRUPPO PD IX COMMISSIONE CAMERA (RAFFAELLA PAITA) (10’)
12.20 PRESIDENTE VIII COMMISSIONE SENATO (MAURO COLTORTI M5S) (10’)
12.30 CHIUSURA On.le RIXI (15’)
12.50 EVENTUALI INTERVENTI PLATEA (15’) – CONSEGNA PREMIO ITN LA MADDALENA
13.30 LUNCH
Carlo Alberto Biggini Jr, l’Istituto e la famiglia Biggini si uniscono al dolore e al lutto di tutta la destra sociale italiana per la perdita improvvisa del proprio Presidente e fondatore Onorevole Professore Gaetano Rasi.
Professore Primo Siena
Importante discorso tenuto alla radio da S.E. Ministro dell’Educazione Nazionale Prof. C.A. Biggini “Agli Uomini di Scuola” 1943.
In questo discorso il Ministro immagina cosa potrà succedere alla scuola Italiana nei successivi decenni.
- 9 Dicembre 1902 nasce a Sarzana
· Luglio 1921 consegue la maturità classica al Liceo “Andrea Doria” di Genova
· 1926-27: collabora a “Pietre” l’ultima rivista antifascista d’Italia
· 1 maggio 1928: si iscrive al PNF
· 12 novembre 1928: si laurea in giurisprudenza a Genova con 110, lode e dignità di stampa
A cura di D. Veneruso – Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 10 (1968) – Treccani
Nato a Sarzana il 9 dic. 1902 da Ugo e da Maria Accorsi, iniziò gli studi liceali presso il liceo Doria a Genova, interrompendoli per obblighi militari (1922-1924).
Nell’ottobre del 1920 aderì alle avanguardie giovanili del fascio di quella città, e nell’aprile 1925 diede la sua adesione al manifesto degli intellettuali fascisti. Ma quasi subito si distaccò dal fascismo militante, al quale non si riaccostò che verso il 1926-1927, quando già frequentava la facoltà di giurisprudenza dell’università di Genova, dove si laureò nel 1928. In sostanza, la partecipazione del B. alla lotta politica, almeno fino al 1927, avvenne sotto il segno delle posizioni gentiliane e della costante preoccupazione di conservare un contatto e di aprire un colloquio con le forze non allineate al fascismo in nome delle comuni tradizioni culturali.
Da Avvenire.it
In controtendenza con Pavolini, il ministro dell’Educazione Biggini le rifondò depoliticizzate per aprire le giovani menti alla prospettiva del dopoguerra. Uno studio di Daria Gabusi
Nell’arroventato clima storico di una guerra ormai perduta, in un contesto segnato dall’occupazione tedesca, dalle deportazioni, dai bombardamenti, dalla violenza efferata, dalla fame e dalla povertà, alla nascita della Repubblica sociale italiana, nell’autunno del 1943, si pose il problema di come far risorgere la scuola elementare, crollata, con tutto il sistema, dopo gli eventi dell’estate precedente, dal 25 luglio in poi. Ad affrontare questo tema, nel primo studio organico e originale, è la storica della pedagogia Daria Gabusi, autrice del denso saggio I bambini di Salò (Scholé, 640 pagine, 37 euro), che rappresenta anche il tentativo di scrivere una narrazione ‘sociale’ del primo ciclo dell’istruzione in quel periodo, ricorrendo ai documenti del vissuto quotidiano di alunni e insegnanti, come agli archivi scolastici locali.
Gabusi comincia con lo spiegare che la rinata scuola della Rsi mussoliniana portò i tratti distintivi del suo artefice, il ministro dell’Educazione nazionale, Carlo Alberto Biggini. Questi, accademico prestato alla politica, accolse l’impari sfida di far ripartire le elementari, secondo lo spirito con cui aveva accettato l’incarico ministeriale: ossia, ricostituire un minimo di continuità dello Stato, ma in un contesto del tutto diverso da quello del ventennale regime, perché aperto, almeno potenzialmente, all’inclusione di inediti elementi di libertà e di partecipazione nella vita del tessuto sociale. Biggini, infatti, era un esponente di spicco di quel fascismo moderato che mirava a sanare e a ricucire quelle profonde ferite che avevano dilaniato il corpo della nazione, puntando a una strategia della riconciliazione e della pacificazione interna, in netta antitesi con l’intransigenza del segretario del Partito fascista repubblicano, Alessandro Pavolini, che invece perseguì una militarizzazione dell’intera società approfondendo il fossato della guerra civile.
L’opera di Biggini fu innanzitutto mossa da una preoccupazione sociale: quella di sottrarre i bambini alla strada, per riportarli nelle aule. Ne sortirono due bienni scolastici, tra i più brevi della storia unitaria: il 1943-44 e il 194445. Il ministro di Salò inserì il suo nuovo, e sperimentale, ciclo elementare, in un quadro disastrato, dove mancava di tutto: dagli edifici dove ospitare le lezioni, alla carta per poter stampare il libro unico di Stato, che, proprio per quella situazione di provvisorietà e di penuria, finì per scomparire: il che favorì, con l’adozione di testi prodotti sul mercato, l’ingresso dei primi elementi di pluralismo in quella tradizione monolitica che era stata la scuola di regime fino al 25 luglio 1943. Ma Biggini fece anche molto altro, per sbarrare il passo a una nuova ‘politicizzazione’ delle elementari: confinò l’Opera nazionale balilla, risorta sulle ceneri della Gioventù italiana del littorio (Gil), alle pure funzioni assistenziali, nel garantire il servizio di refezione nei plessi. Inoltre, preservò la vita della scuola da una fascistizzazione imposta attraverso i programmi, per privilegiare la rinnovata missione educativa, civile e morale, affidata agli insegnanti.
In questo senso, Gabusi definisce «patriottismo scolastico » quello delle elementari di Salò, che segnarono un primo indicatore di marcia verso l’autonomia della funzione docente, da adattarsi al singolo e specifico ambiente in cui veniva a collocarsi. Le circolari del ministro evitavano accuratamente riferimenti diretti alla politica fascista, e insistevano sulla necessità di costruire, nelle più giovani menti, un terreno adatto all’attecchimento di quegli aneliti di concordia nazionale che sarebbero stati fondamentali nel clima del dopoguerra. Forse sorprende che, addirittura, in una direttiva del 20 novembre 1944, Biggini indicasse, tra i compiti primari dell’educatore, la promozione dello spirito di libertà: «una libertà che nasce dai sacrifici dell’ora attuale e che trova il suo fondamento nella responsabilità di ciascuno di fronte a Dio, di fronte a se stesso, di fronte agli uomini». A questo processo di ‘spoliticizzazione’ della scuola, corrispondeva un innalzamento della responsabilità della funzione docente. Se ne ritrova riscontro nei registri di classe, dove gli insegnanti, molti dei quali cattolici, recepiscono gli orientamenti ministeriali. Ne è un esempio illuminante il brano con cui la maestra Ambrogina Volonté di Cirimido, in provincia di Como, il 18 settembre 1944, inaugura il registro del nuovo anno: «Trenta fanciulli sono tornati a me per attingere nuova luce, per acquistare maggior consapevolezza di sé, del mondo. Chiedo a Dio l’aiuto per non tradire la loro fiducia, per compiere appieno il mio dovere. La maggioranza degli alunni mi conosce e sa che esigo bontà, diligenza, pulizia, non voglio però una scuola rigida, fredda, senz’anima. Però fin dal primo giorno chiedo a loro collaborazione attiva basata su principi d’ordine senza i quali non sarebbe possibile un proficuo insegnamento.
La coscienza del grave momento che la Patria attraversa è presente nelle loro parole e nei loro silenzi. Essi vivono la vita nella sua cruda realtà: ascoltano trasmissioni radiofoniche, odono i discorsi degli adulti, vedono i giornali, sanno le difficoltà nuove, le nuove rinunce, il nuovo sacrificio, aspettano la mia parola che dia ali al loro spirito». Sul Duce, sul fascismo, nemmeno una parola. Un silenzio assordante come un rombo di tuono. In compenso, la scuola elementare del piccolo paese di Cirimido oggi è intitolata alla grandissima, e mai dimenticata, maestra Volonté.
«E’ stato per mezzo secolo il più limpido, onesto e coraggioso punto di riferimento per tutti gli italiani degni di questo nome. Continuerà ad esserlo, richiamandoci tutti al dovere della verità, della solidarietà, dell’amor di patria: valori dimenticati ma eterni! Con immenso rimpianto. Luciano Garibaldi»
Questo il messaggio che ho inviato alla presidenza del Centro Studi Politici e Iniziative Culturali, il CESI, creato e presieduto fino all’ultimo istante dal grande Amico e Maestro scomparso, non appena sono stato informato della dolorosa notizia, la sera di domenica 20 novembre. La mia non è stata che una tra le mille e mille voci di rimpianto e di gratitudine che si sono levate da ogni angolo d’Italia. Tra le tante, voglio citarne una che mi ha particolarmente coinvolto e commosso. Sono le parole con cui Aldo Di Lello, scrittore e storico, ha voluto ricordare Gaetano sulle pagine del “Secolo d’Italia”:
«Una grande qualità di Rasi era la notevole capacità di organizzazione culturale. Riuscì ad aprire varchi alla cultura di destra in tempi di “conventio ad excludendum”. Nel 1987 l’ISC (Istituto Studi Corporativi) da lui diretto organizzò un grande convegno su Ugo Spirito insieme con l’Enciclopedia italiana, che si svolse proprio nella sede della Treccani. Vi partecipò il meglio della cultura filosofica italiana: da Augusto Del Noce, a Emanuele Severino, a Lucio Colletti, ad Antimo Negri».
Non meno significativo il ricordo di Rasi pubblicato sul “Giornale d’Italia”: «Il mondo della destra è in lutto. Si è spento a Roma Gaetano Rasi all’età di 89 anni. Punto di riferimento prezioso per tante generazioni della destra cui insegnò i principi dell’economia, della cultura partecipativa, della politica. Negli anni ‘70 animò istituti di studi e di ricerca, curando la pubblicazione di riviste e libri indispensabili nell’azione politico-culturale del Movimento Sociale Italiano. Nel 1996 per lui si aprirono le porte del Parlamento con l’elezione alla Camera dei Deputati nella lista di Alleanza Nazionale, dove ricoprì la vicepresidenza della Commissione Attività produttive. Si dimise nel 2001, prima della scadenza naturale, perché eletto nell’Autorità Garante per la protezione dei dati».
Un piccolo, ma significativo episodio che ci dice tutto sulla grande onestà politica ed etica di Gaetano Rasi.
Luciano Garibaldi
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