L’8 Marzo 2014, una delegazione del Comitato Pro 70° Anniversario della RSI in Provincia di Rieti si è recata a Poggio Bustone per rendere omaggio ai tredici caduti della Repubblica Sociale Italiana uccisi il 10 Marzo 1944 dai ribelli dopo che si erano arresi, una delle prime stragi partigiane registrare in quel lontano 1944. Nel settantennale dell’eccidio, il Comitato ha chiesto ufficialmente al Sindaco di Poggio Bustone di erigere sul luogo dell’esecuzioni sommarie un monumento che ricordi chi si è sacrificato per la Patria, in modo che mai più possano esserci discriminazioni tra morti di “serie A” e morti di “serie B”, perché si possa – finalmente! – giungere ad una vera pacificazione nazionale, dove l’odio antifascista non possa avere più tribuna civile e politica.
Successivamente, la delegazione si è recata al cimitero civile di Rieti dove riposano diversi caduti della RSI della strage di Poggio Bustone. Qui è stata effettuata una pulizia di alcune tombe abbandonate da anni e ripristinato il livello di decoro che si deve a chi ha immolato la propria esistenza per la libertà dell’Italia.
Al termine della breve, ma sentita manifestazione un raggio di sole ha illuminato Poggio Bustone, come a suggellare la sconfitta dell’odio antifascista, battuto sul campo dall’amore per la Patria che il Comitato ha voluto trasmettere alle giovani generazioni perché la loro coscienza non sia più in balia di una storia manipolata per esigenze politiche.
«A 70 anni da questo drammatico evento di sangue – ha dichiarato il Dott. Pietro Cappellari, Responsabile culturale del Comitato Pro 70° Anniversario della RSI in Provincia di Rieti – c’è chi ancora tenta di speculare politicamente parlando di una “battaglia” di Poggio Bustone che, in realtà, non vi è mai stata. I soldati repubblicani giunti in paese per un’opera di dissuasione contro la renitenza alla leva avevano già terminato il loro compito ed era stato dato il “rompete le righe”, sicché numerosi fascisti, quando sopravvenne l’attacco partigiano, erano in giro per il paese, ospiti di qualche conoscente e, addirittura, a prendere il sole nella piazza centrale. Quello che si registrò fu solamente un fuggi-fuggi generale, nessuna battaglia, sia chiaro. Coloro che non riuscirono a fuggire, come il gruppo del Questore Bruno Pannaria, rimasero imbottigliati nel paese e vennero uccisi dopo che si erano arresi e avevano deposto le armi. Anche per i feriti non ci
fu pietà. Vennero trascinati in strada e falciati sommariamente. Due prigionieri vennero portati sulle montagne e lì uccisi il giorno successivo. Sui cadaveri dei poveri caduti ci si accanì con furia selvaggia. Parlare di “superiorità morale” davanti a tanta sconcezza è a dir poco volgare. A tanti anni di distanza, ancora non vi è chiarezza sui fatti e sul ruolo che ebbero i vari partigiani che si alternarono come protagonisti quel 10 Marzo. Certamente, vi fu un’opera di manipolazione della realtà e già il fatto che il Comandante Mario Lupo sia stato letteralmente cancellato dai libri di storia dovrebbe far meditare più di qualcuno che, anche quest’anno, vorrebbe speculare sui morti per meri fini di propaganda politica. Quella fu una delle più gravi stragi partigiane registrate nell’Italia centro-settentrionale (con l’esclusione della Venezia Giulia). A Poggio Bustone, quel 10 Marzo 1944, si registrò anche il primo Questore della RSI caduto in un’operazione di polizia. Le conseguenze di questo eccidio si vedranno venti giorni dopo, quando i ribelli vennero spazzati via da un massiccio rastrellamento italo-tedesco (senza, per’altro, sparare un sol colpo). Come sempre, a pagare il conto fu la popolazione civile, in gran parte estranea alla guerriglia».
Ufficio Stampa
Comitato Pro 70° Anniversario
della RSI in Provincia di Rieti