Nel 70° anniversario della scomparsa del grande filosofo, pedagogista e politico italiano Giovanni Gentile, l’Istituto Carlo Alberto Biggini, intende celebrare la figura di questo grande protagonista della prima metà del ‘900, attraverso un breve percorso di immagini e documenti. Fu proprio Carlo Alberto Biggini, suo grande allievo ed amico, a celebrare Gentile con un appassionato discorso che proponiamo integralmente, pronunciato alla radio il 23 Aprile del 1944, pochi giorni dopo l’uccisione del grande filosofo. (clicca sull’immagine per avviare il download)
Ripercorrere la vita di Giovanni Gentile in brevi cenni è estremamente difficile, tali e tante sono le tappe che hanno segnato il percorso umano, professionale e politico del filosofo siciliano.
Nato nel 1875, a soli 22 anni consegue la laurea presso la scuola normale superiore di Pisa, ottenendo poco dopo la sua prima cattedra.
Ottiene poi la cattedra universitaria, prima all’Università di Palermo (1906-1914, storia della filosofia), dove frequenta il circolo “Giuseppe Amato Pojero” e fonda nel 1907 con Giuseppe Lombardo Radice la rivista Nuovi Doveri. Poi all’università di Pisa (fino al 1919, filosofia teoretica) ed infine alla Sapienza di Roma (già dal 1917 professore ordinario di Storia della filosofia, e nel 1926 professore ordinario di Filosofia teoretica). È stato professore ordinario di Storia della filosofia all’Università di Palermo (27 marzo 1910), professore ordinario di Filosofia teoretica all’Università di Pisa (9 agosto 1914), professore ordinario di Storia della filosofia all’Università di Roma (11 novembre 1917), professore ordinario di Filosofia teoretica alla Università di Roma (1926), commissario della scuola normale superiore di Pisa (1928-1932), direttore della Scuola Normale superiore di Pisa (1932-1943) e vicepresidente dell’Università Bocconi di Milano (1934-1944).
Durante gli studi a Pisa incontra Benedetto Croce con cui intratterrà un carteggio continuo dal 1896 al 1923: argomenti trattati dapprima la storia e la letteratura, poi la filosofia. Uniti dall’idealismo (su cui avevano comunque idee diverse), combattono insieme la loro battaglia intellettuale contro il positivismo e le degenerazioni dell’università italiana. Insieme fondano nel 1903 la rivista La Critica, per contribuire al rinnovamento della cultura italiana: Croce si occupa di letteratura e di storia, Gentile, invece, si dedica alla storia della filosofia. In quegli anni Gentile non ha ancora sviluppato il proprio sistema filosofico. L’attualismo avrà configurazione sistematica solo alle soglie della prima guerra mondiale. Nel 1915 fu membro del Consiglio superiore della pubblica istruzione. fino al 1919.
Sul piano politico, dopo una prima fase nella quale la sua partecipazione non è particolarmente attiva, diviene nel 1922 Ministro della Pubblica Istruzione attuando nel 1923 la riforma Gentile, fortemente innovativa rispetto alla precedente riforma basata sulla legge Casati di più di sessant’anni prima. Nello stesso anno si iscrive al Partito Fascista e nel 1925 pubblica il Manifesto degli intellettuali fascisti, in cui vede il fascismo come un possibile motore della rigenerazione morale e religiosa degli italiani e tenta di collegarlo direttamente al Risorgimento. Per le numerose cariche culturali e politiche, esercita durante tutto il ventennio fascista un forte influsso sulla cultura italiana, specialmente nel settore amministrativo e scolastico. È il direttore scientifico dell’Enciclopedia Italiana dell’Istituto Treccani dal 1925 al 1938 e vicepresidente dell’istituto dal 1933 al 1938. Nel 1928 diventa regio commissario della Scuola Normale Superiore di Pisa, e nel 1932 direttore. Nel 1930 diventa vicepresidente dell’Università Bocconi. Nel 1932 diventa Socio Nazionale della Reale Accademia Nazionale dei Lincei. Lo stesso anno inaugura l’Istituto Italiano di Studi Germanici, di cui diviene presidente nel 1934. Nel 1933 inaugura e diviene presidente dell’Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente. Nel 1934 inaugura a Genova l’Istituto mazziniano. Nel 1937 diventa regio commissario, nel 1938 presidente del Centro Nazionale di Studi Manzoniani e nel 1941 è presidente della Domus Galilaeana a Pisa.
Gli ultimi interventi politici sono rappresentati da due conferenze nel 1943. Nella prima, tenuta il 9 febbraio a Firenze, dal titolo La mia religione, dichiara di essere cristiano e cattolico, sebbene creda nello Stato laico. Nella seconda, tenuta il 24 giugno al Campidoglio a Roma, dal titolo Discorso agli italiani, esorta all’unità nazionale, in un momento difficile della guerra che porterà alla fondazione della Repubblica Sociale Italiana (RSI). Dopo questi interventi si ritira a Troghi[2] (Fi), dove scrive la sua ultima opera, uscita postuma, Genesi e struttura della società, nella quale recupera l’antico interesse per la filosofia politica[3], e nel quale teorizzò “l’Umanesimo del lavoro”.
Dopo aver in un primo tempo respinto la proposta di Carlo Alberto Biggini di entrare nel Governo della nuova Repubblica Sociale Italiana, Giovanni Gentile dopo un incontro avvenuto il 17 novembre 1943 con Benito Mussolini sul lago di Garda si convince ad aderire alla RSI. Il Prof. Biggini, nel suo discorso del 23 Aprile, ricorda le parole di Gentile all’uscita dall’ufficio di Mussolini: “O l’Italia si salva con lui oppure è perduta per qualche secolo”. Quell’incontro, è inoltre descritto così dallo stesso Gentile alla figlia Teresa:
« Venne qui tempo fa un amico ministro a cercarmi, ed io dissi francamente i motivi personali e politici per cui desideravo restare in disparte. Ma egli mi assicurò che io potevo benissimo restare in disparte: ma dovevo fare una visita al mio vecchio amico che desiderava vedermi ed era addolorato di certe manifestazioni recenti, ostili alla mia persona. Negare questa visita non era possibile. Feci comodamente il viaggio con Fortunato. Ebbi il giorno 17 un colloquio di quasi due ore, che fu commoventissimo. Dissi tutto il mio pensiero, feci molte osservazioni, di cui comincio a vedere qualche benefico aspetto. Credo di aver fatto molto bene al paese. Non mi chiese nulla, non mi fece offerta. Il colloquio fu a quattr’occhi. La nomina fu poi combinata col ministro amico e portata qui da me da un Direttore generale. Non accettarla sarebbe stata suprema vigliaccheria e demolizione di tutta la mia vita. »
Proprio in virtù della sua adesione alla RSI, il 15 Aprile 1944 venne ucciso sulla soglia della sua residenza di Firenze da un gruppo partigiano fiorentino aderente ai GAP di ispirazione comunista.
Il 18 aprile fu sepolto per iniziativa del ministro Carlo Alberto Biggini nella basilica di Santa Croce a Firenze.
In occasione della ricorrenza tra il 15 e il 17 aprile 1955 all’interno della basilica fu inaugurato il primo di una serie di convegni di “studi gentiliani”.