Nessuno può negare che oggi siamo governati da una cricca di ladri, corrotti, corruttori, incompetenti, assassini, pedofili, mafiosi, camorristi, stupratori, bestemmiatori, maramaldi, “finocchi”, burattini, traditori, palazzinari, voltagabbana, vigliacchi, “vitaliziari” ecc. ecc..
Vediamo quale è stata la risposta italiana alla grande crisi economica mondiale del 1929, crisi che, a detta di valenti economisti fu più grave di quella nella quale siamo stati affogati.
Scrive Giorgio De Angelis (L’Economia Italiana tra le Due Guerre, pag. 137): <L’onda d’urto provocata dal risanamento monetario on colse affatto di sorpresa la compagine governativa (…). L’opera di risanamento monetario accompagnata da un primo riordino del sistema bancario, permise comunque al nostro Paese di affrontare in condizioni di sanità generale la grande depressione mondiale sul finire del 1929 (…)>. Sempre nello stesso volume il professore Gaetano Trupiano, a pag. 169, afferma: <Nel 1929, al momento della crisi mondiale, l’Italia presentava una situazione della finanza pubblica in gran parte risanata: erano stati sistemati i debiti di guerra, si era proceduto al consolidamento del debito fluttuante (…)>. Il altre parole, mentre nel mondo centinaia di persone si uccidevano per la disperazione, in Italia, anche se la crisi internazionale sta producendo diversi danni, le iniziative del Governo (attenzione! Sia chiaro, per Governo s intende quello di Mussolini) erano riuscite ad evitare che la catastrofe assumesse quelle drammatiche proporzioni che altrove si erano verificate. Addirittura grazie ai Ministri finanziari del Governo Mussolini e, ultimo in ordine di tempo fra questi, Antonio Mosconi, riuscirono a far sì che negli anni fra il 1925 e il 1930, i conti nazionali registrassero attivi da primato.
Sabino Cassese, a pag. 20 dello stesso volume sopra indicato, osserva: <Lo Stato affrontò la crisi congiunturale spaziando dalla politica monetaria alla politica creditizia, dalla politica finanziaria alla politica valutaria, dalla politica agraria alla politica industriale, dalla politica dei prezzi alla politica dei redditi, dalla politica fiscale alla politica del commercio estero, dalla politica previdenziale alla politica assistenziale>. Questo si poté realizzare grazie alla generale onestà e a coloro che operarono e poterono vantare di avere i cabasisi al posto giusto.
Ed ora una testimonianza al di sopra di ogni sospetto. Che l,’Italia fosse (allora) sulla via giusta è attestato proprio da colui che è considerato uno dei maggiori giornalisti e scrittori dello scorso secolo: Giuseppe Prezzolini . Prezzolini nacque per caso – così era solito dire – a Perugia il 27 gennaio 1882 (morì centenario a Lugano nel 1982). Dopo aver partecipato alla Prima Guerra mondiale si trasferì, non accettando il regime fascista, negli Stati Uniti nel 1929; ma, come poi scriverà, non mancherà di tornare frequentemente in Italia. A seguito di uno di questi viaggi compiuto nei primi anni Trenta, scrisse:<Le mie impressioni possono forse parere semplici per i lettori italiani, ma hanno, lo sfondo dei paesi per i quali passo quando torno: un confronto e un controllo. Pace in questa Italia: ecco il primo sentimento certo che si prova venendo da fuori e dura per tutto il soggiorno. La pace degli animi, il silenzio delle lotte che divorano gli altri paesi, e separano classi e spezzano famiglie e rompono amicizie, e disturbano il benessere, talora in apparenza maggiore. Le strade non saranno grandi come le Avenue, ma non ci sono mitragliatrici; le lire non saranno molte come i dollari, ma sono sempre lire e lo saranno domani. I ricchi non hanno bisogno i guardie del corpo per salvare i figlioli dal sequestro. I poveri non devono pagare la taglia mensile alla mala vita per esercitare il loro mestiere. C’è oggi una generale convinzione che in un mondo come quello d’ora l’esercito è uno strumento di prima necessità. Vi sono momenti in cui anche la famiglia più modesta e l’uomo più pacifico pensano che sia meglio saltare un pasto per comprarsi un revolver (…). Il popolo italiano appare rinnovato. Sta lontano dalle osterie e dalle risse; sale sui monti in folla. Gode, come nessun altro popolo, del paesaggio, dei fiori, dei colori e dell’aria. I discorsi e i commenti che vi sentii, lasciano trasparire l’atmosfera di serenità e di salute. Il popolo italiano ha un aspetto più forte, più dignitoso, più serio, meglio vestito di un tempo, è ossequiente alle leggi e ai regolamenti, è istruito nella generalità e più aperto perfino agli orizzonti internazionali. Si muove di più, viaggia di più: conosce meglio di una volta il suo paese. Non è ricco come altri popoli, ma non lo è mai stato e in confronto del popolo americano mi pare, senza dubbio, più contento>. Esattamente come oggi, vero, signori di Rai Bufala?
E tu, amico lettore, sapevi che Franklin D. Roosevelt, inviò nel 1934, Rexford Tugwell e Raymond Moley, due fra i più grandi cervelloni del Brein Trust in Italia per studiare il miracolo italiano? Ma sentite, sentite, una parte della relazione di Tugwell: <Mi dicono che dovrò incontrarmi con il Duce questo pomeriggio (…). La sua forza e intelligenza sono evidenti come anche l’efficienza dell’amministrazione italiana, il più pulito, il più lineare, il più efficiente campione di macchina sociale che abbia mai visto>. (Dal Diario inedito di Tugwell, in data 22 ottobre 1934).
Ė come se oggi io scrivessi che Obama, o Bush, o chi per loro, inviassero due o tre cervelloni in Italia per studiare la politica di Renzi, o di Monti, o di Letta. Non mi prendereste per matto?
Cosa grida quel lettore laggiù in fondo? Che festeggia la ricorrenza della liberazione?!. Poverino…
E concludo. Visto che le leggi (parlo di leggi) in economia sono eterne, perché non ispirarsi a quanto fu fatto nel mai sufficientemente deprecato, infausto Ventennio?
Cosa grida quest’altro lettore? <E la disoccupazione!? E la giustizia sociale!?>. Cercheremo di fornire appropriate risposte quanto prima con altri confontini.