Rischiò piuttosto di pagare in proprio, con la vita, un obbligo di fedeltà quasi più personale che politico. Veniva infatti da quella sinistra fascista che, sempre più marginalizzata nella politica del regime, avrebbe potuto fargli compiere scelte comode nell’estate del 1943, a maggior ragione non avendo responsabilità politico-militari d’alcun rilievo; e che invece lo condusse a Salò.
Qui, oltre a continuare un’attività giornalistica diretta a tentare di «veder armonicamente fusi il rosso e il nero», ricoprì l’incarico di capo della Segreteria militare di Mussolini, da cui fu incaricato di missioni riservate in Italia e oltre confine su cui – ricorda Giuseppe Parlato nell’introduzione al Quaderno. 1945-1946 dello stesso Teodorani (Stilgraf, pp. 245, euro 12), si sa ancora ben poco.
Una figura e un’esperienza che si presta dunque a una doppia lettura: quella sempre affascinante del mistero e, nella fattispecie, dell’ultima missione per salvare Mussolini; e quella della sua esperienza politica che però, dopo la guerra e il pericolo ripetutamente corso d’una fucilazione sommaria, lo avrebbe visto attivo all’interno del Msi su posizioni filo-centriste, in opposizione alla divergente linea “terzista” del partito, fino a scontrarsi a duello con Giorgio Almirante. Circostanze descritte da Parlato con la nota competenza dello studioso di quella particolare destra del dopoguerra.
Un susseguirsi di casualità vedono Teodorani e suo cognato, Vito Mussolini, raggiungere Como senza accodarsi all’autocolonna del Duce, poi bloccata a Musso dai partigiani garibaldini di Pier Bellini delle Stelle che condurranno tutti i fermati al municipio di Dongo e di lì al loro tragico destino. A Como, nei locali della prefettura, Teodorani incontra «un certo Guastoni (…) da molti anni agente dell’Intelligence Service (sic), e il comandante Dessy», ufficiale della Marina del Governo del sud; con costoro stringe subito un rapporto di cordialità, ombrata dalle spacconate anticomuniste dell’agente dell’Oss statunitense. Proprio questi, scrive Teodorani, «ci assicura il miglior trattamento», proponendo di «recuperare» il Duce «e portarlo in campo americano».
A loro si aggiungerà poco dopo, in rappresentanza di Raffaele Cadorna, comandante militare del Cln, il colonnello Sardagna – che però non farà parte del gruppo in partenza alla ricerca del Duce.
È la testimonianza dell’operazione, tentata nelle ultime ore, di portare Mussolini nella “zona franca” della Val d’Intelvi dove, con tutti gli altri fascisti, avrebbe dovuto essere consegnato alle truppe Usa, sottraendolo alle contemporanee ricerche di agenti inglesi del Soe che avevano il contrario obiettivo di eliminarlo.
Teodorani, tornato e nascosto a Como, saprà della morte di Mussolini da radio e giornali. Saprà di altre esecuzioni sommarie, di suicidi di amici. Lasciata Como, rimarrà nascosto ancora per un anno. Poi riprenderà l’attività politica e giornalistica all’Asso di bastoni, da cui avvierà la prima contro-inchiesta sulla morte di Mussolini. Fonderà e dirigerà dal ’54 la Rivista romana, cui collaborarono Gedda e Ronca, alla ricerca di quella “conciliazione” tra spiritualità religiosa e nazionale, ormai però lacerata irrimediabilmente.