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da Il Giornale d’Italia

Nella posizione di “Stato e anti-Stato – dice Biggini – è racchiuso gran parte del travaglio storico della Rivoluzione delle Camicie Nere”

Insomma: “il Fascismo vuole restaurare o sovvertire lo Stato?”. È l’interrogativo sul quale ci siamo lasciati ieri. Un interrogativo che viene esaminato da Biggini, che si richiama ancora una volta a Mussolini. Vediamo: “Interrogativi – dice il ministro – che raccoglieva appunto Mussolini in Gerarchia, precisandoli: è ordine o disordine? Si può essere o non essere? Si può essere conservatori e sovversivi al tempo stesso? Come intende uscire il fascismo da circolo vizioso di questa sua paradossale contraddizione? E rispondeva: il Fascismo è già uscito da questa contraddizione perché la contraddizione che gli viene imputata non esiste, è semplicemente apparente, non sostanziale. E così rispondendo aveva  modo di precisare, per la prima volta, la concezione fascista dello Stato nel suo significato universale e rivoluzionario e nel suo aspetto particolare come Stato italiano. Quella concezione che avrà poi da Lui ampi profondi originali sviluppi in tutti i suoi scritti e discorsi e, in modo speciale, nella sua dottrina fascista”. Dice poi Biggini che per comprendere compiutamente il pensiero di Mussolini occorre chiarire questa posizione di “Stato e anti-Stato”, nella quale “è racchiuso gran parte del travaglio storico della Rivoluzione delle Camicie Nere”, e precisa che “senza tale intelligenza non è possibile avvicinarci alla realtà dello Stato fascista, alla concezione mussoliniana dello Stato”.

Credete a me, in un Paese normale questo straordinario personaggio che risponde al nome di Carlo Alberto Biggini, e pure lo stesso Mussolini, figurerebbero non solo tra i maggiori statisti, ma anche tra i grandi filosofi del Novecento. Il pensiero di costoro sarebbe oggetto di studio sin dalle scuole medie, volumi e volumi dedicati al loro pensiero campeggerebbero nelle biblioteche di ciascuno, rientrerebbero a pieno titolo tra i pensatori dell’epoca moderna. Ma la miopia storica è un male che porta frutti malsani, e la prova sta nell’ignoranza diffusa sul tema, nel pressapochismo che caratterizza il nostro tempo, nella superficialità e nella banalizzazione di cui il mondo attuale è vittima. Ecco perché dobbiamo sapere, e, sapendo, rispondere all’ignoranza e alla malafede con la consapevolezza e la buona fede. Viceversa significherebbe rinunciare all’eredità che questi uomini ci hanno consegnata insieme al loro sangue. Dunque leggiamo ancora insieme quanto ci ha consegnato Biggini, e facciamone buon uso: “Mussolini chiarendo tale antitesi – continua – apparente e non sostanziale, si poneva sul terreno della teoria generale dello Stato, portava un contributo originale ad uno dei più ardui problemi della scienza politica e giuridica. Senza entrare nelle controversie sul cosiddetto governo legittimo, sul diritto alla resistenza collettiva o alla rivoluzione, su l’origine e la giustificazione della sovranità, argomenti che non sono indifferenti, ma che includeremo da un punto di vista più profondo e sostanziale, è certo che la trasformazione fascista, dal vecchio al nuovo ordinamento dello Stato, è avvenuta rivoluzionariamente, anche se gradualmente, perché tale trasformazione ha investito l’ordinamento liberale democratico nel suo fondamento e nella sua struttura, ossia nei suoi principi e in molti dei suoi istituti costituzionali, perché tale trasformazione è congiunta alla vita e alla attività di organismi di fatto divenuti poi organismi di diritto, perché tutta una nuova concezione etico-storico-politica dello Stato è venuta affermandosi e traducendosi in forme giuridiche, perché, infine, tale trasformazione riposa sul principio della ‘rivoluzione continua’, che ha, non solo dal punto di vista politico, ma anche da quello giuridico, un particolare e rilevante significato da non potersi trascurare per la retta interpretazione e ricostruzione del sistema statale fascista”.

Politico e giuridico, dice Biggini. Due aspetti essenziali della Rivoluzione Fascista, imprescindibili se la si vuole comprendere senza paraocchi. E infatti a seguire parla dello Stato come animatore del diritto positivo: “Si usa dire – sono ancora parole di Biggini – che se un movimento politico, se una rivoluzione, riesce al suo scopo e dà vita ad un nuovo ordinamento statale, essendosi estinto l’ordinamento secondo le cui norme di poteva giudicare, manca un ordinamento positivo, dato che il nuovo ordinamento instauratori non può essere assunto per risolvere il problema, alla cui stregua valutare i fatti e gli atti nei quali si è realizzato il procedimento dell’instaurazione. Ma l’affermazione di Mussolini contiene implicitamente il concetto che il diritto è un elemento

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così essenziale dello Stato, che l’uno non può concepirsi senza l’altro. Ecco perché, chiedendosi in questo scritto, che cosa è lo Stato, non lo soddisfa pienamente uno degli stessi postulati programmatici del Fascismo, in cui lo Stato veniva definito ‘come l’incarnazione giuridica della Nazione’. Lo Stato, soprattutto lo Stato moderno, è anche questo, ma non è soltanto questo”. Ora attenzione: “Questa affermazione – dice Biggini – importa che si debba riconoscere qualità ed efficacia di diritto al diritto positivo non solo quando l’instaurazione  del nuovo ordinamento è avvenuta con procedimento giuridico, ma anche quando ha avuto luogo con procedimento di fatto. Il diritto difatti può evolversi per via di successive estrinsecazioni, ma può anche formarsi originariamente, ossia scaturire da esigenze e da necessità sociali, prima non esistenti”.

Autoritarismo e totalitarismo

Un governo, quello di Mussolini, che fu stabile, duraturo, che creò quella giustizia sociale che mancava alla Nazione

In buona sostanza il Fascismo era, si, salito al potere in maniera diciamo “non tradizionale”, ossia attraverso una Rivoluzione in qualche modo. Rivoluzione che, si badi bene, nulla ebbe a che vedere con quelle classiche della storia dell’umanità. Rivoluzione a tutti gli effetti, certamente, ma senza sovvertimento delle regole precostituite. Insomma: non vi furono decapitazioni di sovrani, incarceramenti delle alte cariche dello stato, stragi di piazza, come solitamente avviene nelle rivoluzioni. Fatto sta che sempre di rivoluzione si trattò, e che rivoluzione fu fatta, lungo tutti i venti anni di governo fascista. Un governo, si ponga mente ancora, che venne legittimato dalla volontà popolare, altro che “dittatura”. D’accordo, parliamo dell’instaurazione di un Regime. Un Regime però che non si può certamente definire totalitario. Autoritario, questo si, e a buon titolo. E non vi era forse bisogno di “autorità”, in quel preciso momento storico e sociale? Certo che si, tanto è vero che Mussolini governò per vent’anni, la sua azione di governo fu stabile, duratura, e fu proprio grazie a questa stabilità e a questo dilungarsi nel corso di quattro lustri che si riuscì a “creare” la giustizia sociale che fino a quel momento era mancata. Poi arrivò la guerra, e poi il 25 luglio, e ancora l’8 settembre, e ancora la guerra civile, ma questa è un’altra storia, una storia che segue le “regole” – se così si può dire – dei grandi conflitti. Tema scottante, del quale non manchiamo di trattare, come i nostri lettori sanno, ma che costituisce un discorso a sé rispetto a quanto oggetto di odierno esame. Perché qui, su queste colonne, non facciamo ciò che solitamente fanno quelli che riducono l’esperienza fascista agli ultimi anni di governo mussoliniano: ecco, chi lo fa banalizza la nostra storia, e noi non dobbiamo permetterglielo. Tra gli insegnamenti di Biggini c’è, sicuramente, anche questo: non banalizziamo la nostra storia, la superficialità non guidi la nostra

azione né il nostro pensiero. Approfondiamo, anzi, e cerchiamo di capire cosa fu questa epoca. È avvilente vedere come troppo spesso ci si fossilizzi sulla seconda guerra mondiale e si riduca il Fascismo al conflitto e alla guerra civile. Avvilente. La storia del nostro Paese non merita questo, essa merita, con tutti gli onori, di essere conosciuta tutta, e compresa, intimamente compresa. Biggini in questo lavoro quotidiano di comprensione e di approfondimento ci aiuta moltissimo, le sue parole sono preziosissime, dobbiamo davvero farne tesoro. E dunque a domani, con il nostro quotidiano appuntamento con la storia: non importa quanto tempo impiegheremo, giorno dopo giorno tenteremo di fornire un quadro sempre più preciso di cosa fu questa epoca e di cosa furono questi uomini. Non saremo certo noi, i pionieri di una nuova consapevolezza storica nazionale, ma nel nostro piccolo ci proponiamo almeno di riportare all’attenzione di chi ci legge, ogni giorno, i concetti fondanti, e le riflessioni, di uomini come Carlo Alberto Biggini. Raccontare, spiegare, tentare di capire, ogni giorno: qualcosa resterà.

emoriconi@ilgiornaleditalia.org

Emma Moriconi

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