COSTITUIRE IL COMITATO PROMOTORE DI UNA ASSEMBLEA COSTITUENTE
Pubblichiamo volentieri questo testo del prof. Carlo Vivaldi-Forti, scritto subito dopo la rielezione di Giorgio Napolitano a Presidente della Repubblica.
In questo articolo sono indicate le linee essenziali per una nuova Carta Costituzionale e vengono indicati alcuni punti ineludibili da affrontare.
In sostanza si tratta di una anticipazione di quanto in maniera più ampia verrà trattato nel Manifesto per la rifondazione dello Stato di prossima pubblicazione e del cui Gruppo di Lavoro preparatorio ha fatto parte il prof. Vivaldi-Forti.
NAPOLITANO BIS : UNA NUOVA COSTITUZIONE PER RINASCERE
di CARLO VIVALDI-FORTI
Le sconcertanti vicende di cui siamo stati testimoni negli ultimi mesi , ciliegina sulla torta l’elezione presidenziale, avvallano, casomai ve ne fosse bisogno, l’opinione di coloro che sostengono l’impossibilità di fermare il declino della società italiana, in assenza di una radicale revisione della Legge fondamentale dello Stato, propedeutica al necessario cambiamento del modello sociale e di sviluppo. Esaminiamo perciò la situazione , come oggi si presenta, e quali modifiche si rendano necessarie e urgenti. Poi parleremo delle strategie per realizzarle.
Elezione diretta del Capo dello Stato – L’Italia vive da tempo una realtà di Repubblica presidenziale de facto, in totale contrasto con il dettato costituzionale in vigore. Sul piano storico possiamo distinguere i due principali interventi autoritari di Napolitano. Nel caso del primo, novembre 2011 , si può parlare di un vero e proprio colpo di Stato: il Presidente non avrebbe mai dovuto licenziare arbitrariamente un Primo Ministro eletto dal popolo e non sfiduciato , sostituendolo con un altro che non rappresentava niente e nessuno, all’infuori delle banche , dei poteri forti e degli speculatori di Borsa, imponendo al Parlamento di appoggiarlo a dispetto del mandato ricevuto. Gli effetti di questo putsch si sono poi rivelati nefasti. Il secondo, quello dell’aprile 2013 , riveste invece connotati assai più positivi e legittimi, vista la faziosità , la malafede e l’ostinazione di molti rappresentanti del popolo che hanno impedito la formazione di qualsiasi governo. Tuttavia, neppure questo corrisponde ai crismi di un parlamentarismo ortodosso come il nostro. Eppure i più ne riconoscono l’opportunità e forse la necessità. Ciò non di meno , si tratta di sconfinamenti del Capo dello Stato dalle sue prerogative. Occorre quindi riconsiderare con urgenza le sue attribuzioni specifiche , alla luce dei mutamenti storici intervenuti tra il 1948 e oggi, e dare loro la legittimità e il riconoscimento giuridico che esigono. Soltanto il suffragio popolare diretto ha il potere di attribuirgliele ; ecco perché a fondamento di una nuova Costituzione ci deve essere innanzitutto il presidenzialismo.
Una nuova Legge elettorale - La Legge elettorale, per lunga consuetudine, non fa parte della Costituzione. I padri costituenti , a ragione, hanno voluto evitare che le modalità di elezione degli organi rappresentativi restassero ingabbiate in normative rigide, lasciando al legislatore ordinario il compito di modificarle facilmente, sull’onda delle mutevoli necessità imposte dagli eventi. Ciò malgrado, muovendo dall’esperienza traumatica che abbiamo alle spalle, sembra indispensabile garantire la governabilità del sistema attraverso un richiamo specifico, anche se generico, di questa natura: la scelta della Legge elettorale avviene con disposizione ordinaria, tuttavia essa deve adottare un meccanismo, di qualsiasi tipo, che garantisca però la governabilità in modo certo e inequivocabile. Nella situazione contingente, le ipotesi più vicine all’interesse del Paese oscillano fra il maggioritario secco all’inglese, quello a doppio turno alla francese, il proporzionale alla tedesca con sbarramento alto . Qualunque si adotti , tuttavia, deve essere conservato il principio del bipolarismo. Le grandi coalizioni , o peggio ancora le coalizioni ordinarie modello Prima Repubblica, favoriscono infatti il blocco del sistema , le collusioni fra politica ed economia, il gigantismo burocratico e la corruzione a livello patologico. L’alternanza non rappresenta un’ assicurazione certa contro questi rischi, ma il suo contrario, ossia l’assemblearismo, è di sicuro la principale causa del loro prodursi.
Una nuova civiltà fiscale – La Costituzione non può limitarsi a dichiarare l’obbligo, rivolto a tutti, di contribuire al mantenimento dello Stato in modo proporzionale al reddito. Questa è una ovvietà per qualsiasi gruppo umano organizzato, e come tale sarebbe superfluo inserirla nella Legge fondamentale. Potrebbe divenire invece significativo farlo, qualora simile dichiarazione costituisse la premessa di un intero capitolo dedicato al Fisco e alla Regolamentazione dei rapporti fra contribuente e Amministrazione Pubblica. Esso dovrebbe comprendere il principio dell’equità, inteso come reciprocità di diritti e doveri. Niente presunzione di reato, perciò, da parte del fisco a carico del cittadino, ma obbligo di dimostrare con prove inoppugnabili l’eventuale malafede di quest’ultimo , oltre al suo diritto al risarcimento del danno, anche indiretto, ossia biologico e d’immagine, in caso di errore del fisco. Occorre poi fissare un tetto massimo al livello della pressione tributaria, superabile soltanto con apposita Legge costituzionale ed esclusivamente nei casi di manifesta emergenza, provocata da eventi bellici, crisi economiche globali, gravissimi disastri naturali e simili. Infine, si deve codificare il rispetto del diritto di proprietà: i tributi che gravano su questa, perciò, non possono mai legittimamente superare il reddito netto da essa prodotto. In caso contrario, diverrebbe nullo ed irrisorio questo diritto, pur riconosciuto dalla Costituzione. In questa nuova civiltà fiscale, il principio del pareggio di bilancio dovrebbe essere totalmente rovesciato rispetto ai criteri attuali: non più le esigenze dell’economia pubblica che distruggono e annullano i frutti del lavoro dei cittadini, ma i limiti contributivi di questi ultimi , ispirati a criteri di decorosa sussistenza naturale.
Una nuova civiltà sociale – L’odierna crisi dello Stato sociale è dovuta all’esplodere dell’assistenzialismo pubblico nell’ultimo mezzo secolo. Il malcostume derivato dalle complicità fra politica ed economia privata, spinte dal predominio di partiti, sindacati , burocrazia corrotta, grande industria e finanza, ha prosciugato le risorse per il Welfare e per i suoi scopi istituzionali. Così, oggi non si trovano più i denari per le funzioni essenziali di quest’ultimo, mentre si continua a gettare al vento enormi quantità di capitali per foraggiare i ceti protetti dai poteri forti. L’assistenzialismo succhia, peggio di Dracula, il sangue vivo della Nazione, prosciuga le sue risorse, deruba i giovani del loro futuro, spinge gli anziani privi di lavoro al suicidio. Tutto questo deve finire, ed è ragionevole che una nuova Costituzione faccia propria tale esigenza. Per ottenere ciò occorre inserire un articolo nel quale si dichiari che tutte le attuali forme di sussidio, previdenza e assistenza, vengono riassunte in un solo principio: nessun cittadino italiano deve temere la morte per fame indipendentemente dalle proprie condizioni sociali ed economiche e dalle proprie posizioni di lavoro. Alla realizzazione di questo obiettivo serve un reddito di cittadinanza erogato a tutti i veri bisognosi , che si trovino al di sotto di un minimo sussistenziale , purché per motivi non dipendenti dalla propria libera scelta o volontà. Questo sostituisce ogni altra forma di assistenza o previdenza, e comporta l’obbligo, dei beneficiari, di accettare ogni eventuale occupazione alternativa, purché compatibile con età e salute. Ad essi è fatto altresì obbligo di frequentare specifici corsi di formazione ai fini di un nuovo lavoro , offerti gratuitamente dallo Stato. Quest’ultimo deve provvedere le risorse a ciò necessarie nell’ambito delle voci ordinarie di bilancio, senza oltrepassare i limiti della pressione fiscale fissati dalla Costituzione. Tale iniziativa rappresenterebbe un primo, fondamentale passo per lo smantellamento non traumatico dello Stato assistenziale.
Una nuova civiltà giuridica – Deve essere costituzionalmente fissato il principio in base al quale non soltanto la Pubblica Amministrazione è responsabile nei confronti del cittadino, che deve essere risarcito per i danni ingiustamente subiti , ma gli stessi pubblici funzionari, nessuna categoria esclusa, sono chiamati a rispondere in prima persona allo Stato, civilmente e penalmente , per i propri errori , mancanze, eventuale frode.
Una nuova forma di rappresentanza – La drammatica impasse della primavera 2013 rappresenta la più evidente dimostrazione che l’attuale forma di rappresentanza politica è del tutto inidonea ad assicurare la governabilità. Essa si esprime in un bicameralismo cosiddetto perfetto , che però di perfetto ha veramente poco. In effetti lo strapotere dei partiti, la loro occupazione e prevaricazione delle istituzioni, deriva dal sistema rappresentativo in essere. Non soltanto perché gli apparati partitici sono spesso collusi con i poteri forti e le loro operazioni illecite, ma anche per la sostanziale mancanza di democrazia e libero dibattito interno che li caratterizzano. Ciò impedisce il rinnovamento e l’avvicendamento generazionale della classe politica. La duplicazione delle votazioni fra Camera e Senato, infine, provoca un inutile e dannoso ritardo nell’approvazione delle leggi. Il solo modo per recuperare governabilità e libertà, è modificare alla radice il sistema della rappresentanza. La trasformazione del Senato in Camera a rappresentanza di categorie economiche e sociali, compresa la cultura oggi cenerentola per antonomasia , costituisce la premessa per la limitazione dell’ invadenza dei partiti , della rottura delle complicità fra mafia e politica, economia e finanza, per la riscoperta del gusto di partecipare, diritto peraltro garantito dalla stessa Costituzione del 1948, ma sistematicamente disatteso. La cosiddetta Camera delle Autonomie, invece, sostenuta dalla sinistra e dalla Lega, è uno strumento del tutto illusorio, per correggere i difetti del bicameralismo. Sostituire le partitocrazie regionali a quella nazionale , sposta solamente i problemi da Roma ai capoluoghi interessati, ma non li risolve minimamente , né cambia i criteri base della rappresentanza.
Comitato promotore e Assemblea costituente – Per realizzare gli obiettivi proposti non sono sufficienti semplici e marginali modifiche della Carta costituzionale vigente. Occorre invece scrivere per intero un testo completamente nuovo. Ciò richiede la formazione di un organismo extra ordinem a ciò dedicato , che per vecchia tradizione si può chiamare Assemblea costituente, anche se non è il nome ma la sostanza che conta. Questa deve essere eletta a suffragio universale dal popolo italiano , tenendo ben distinte tali consultazioni da quelle politiche ordinarie. I tempi di elaborazione della nuova Carta dovrebbero essere brevi e definiti con precisione: per esempio sei mesi. Ma chi dovrebbe assumersi il compito di convocare i comizi elettorali per la Costituente? Non ci si può certo attendere una decisione del genere dai parlamentari in carica: nessun tacchino vota liberamente l’anticipo del Natale! L’unica strada realisticamente percorribile sembra l’immediata formazione di un Comitato promotore ad hoc , da parte di gruppi di cittadini di buona volontà. La procedura è estremamente semplice: basta una prima raccolta di firme e la registrazione presso un notaio. Poi, dare qualche occhiata in giro alla ricerca di altre iniziative analoghe. Nel caso in cui queste esistessero, occorrerebbe prendere contatti con i responsabili e , manifestando grande generosità , senza guardare al proprio interesse ma a quello generale, creare opportune sinergie. E così avanti, fino alla fondazione di un nucleo sufficientemente forte e numeroso, per giungere all’elezione dell’Assemblea .