Risolto un rebus che mette in luce nuovi aspetti del fascismo repubblicano nella Capitale
Il 9 Aprile 2013, durante l’annuale assemblea dei soci della Fondazione della RSI a Terranuova Bracciolini (AR), il ricercatore Emilio Scarone, impegnato in uno studio sulle Brigate Nere, ha espresso delle perplessità riguardo una foto pubblicata da Giorgio Sala, in cui erano ritratti i Militi del Battaglione “Tevere” della Repubblica Sociale Italiana, un reparto costituito nel Marzo 1945, composto da romani ripiegati al Nord dopo l’occupazione della Capitale.
Le perplessità erano sorte dopo che Scarone, scandagliando l’archivio fotografico della Fondazione della RSI, aveva ritrovato alcune foto scattate subito dopo l’attentato di Via Rasella, in cui si vedevano dei fascisti con una divisa del tutto uguale a quella del Battaglione “Tevere”, ossia giacca grigio-verde da Paracadutista, camicia nera, berretto rigido nero con teschio, fiamme pentagonali nere con lupa capitolina e gladio. Una divisa che richiamava più le Brigate Nere – costituite, però, solo nell’Estate 1944 – che un reparto della RSI operante in quella Primavera. Se a ciò si aggiunge che il Battaglione “Tevere” venne costituito solo l’anno successivo, si ha il quadro esatto del mistero che si era creato: di quale reparto si trattava?
Si sa che dopo l’attentato a Via Rasella furono impiegati nel quartiere con funzioni di polizia anche reparti italiani, come la PAI e la Decima MAS, ma nessuno citava la presenza di “speciali” unità in camicia nera che, come si evince dalla foto, portando i gladi, non potevano nemmeno appartenere alla Guardia Nazionale Repubblicana. Questa Forza Armata, infatti, nonostante che le sue Compagnie OP avessero adottato il berretto rigido nero con teschio, sfoggiava, sul bavero della giacca, le fiamme nere a doppia punta (tipiche della Milizia) e le doppie emme saettanti, non le fiamme pentagonali con il gladio.
Pietro Cappellari, Coordinatore del Gruppo Ricerche Storiche della Fondazione della RSI, ha contattato Giorgio Sala nel tentativo di risolvere il mistero. Dopo un consulto, Cappellari ha ricordato come, nei suoi studi sul fascismo repubblicano nella Capitale, si era imbattuto in due formazioni giovanili tipicamente romane, i Gruppi Fascisti di Azione Giovanile “Onore e Combattimento” e lo sconosciuto Battaglione “Roma o Morte”. Entrambi le unità erano state costituite dal PFR per inquadrare i giovani dell’Urbe in reparti paramilitari e curarne la formazione in vista di un successivo ipotetico impiego bellico. Se i Gruppi “Onore e Combattimento” sono piuttosto conosciuti, dubbi vi erano sul “Roma o Morte”, una unità pre-militare composta da Compagnie della Morte e Reparti Volontari d’Assalto, sul quale mancano notizie certe.
Le foto delle Camicie Nere operanti in Via Rasella e Via Quattro Fontane delineavano profili certamente non giovanili e, di logica, difficilmente potevano essere associati ad appartenenti a reparti di adolescenti. Infine, un altro dubbio: il Battaglione “Roma o Morte” era già stato costituito nel Marzo 1944?
Consultando l’emeroteca della Fondazione della RSI si è risolta la questione, effettivamente il “Roma e Morte” era operativo a quella data, potendo schierare ben mille giovani romani e gli “anziani” che operarono quel 23 Marzo in Via Rasella potevano essere benissimo gli Ufficiali di questo reparto, accorsi sul luogo dopo l’esplosione.
Giorgio Sala ha sollevato un’altro dubbio: l’unica foto conosciuta del Battaglione “Tevere” ritrae effettivamente questa unità?
L’attribuzione in oggetto era stata data in relazione al ritrovamento di una coppia di mostrine pentagonali nere caricate di lupa romana con motto garibaldino sottostante “Roma o Morte” e gladi repubblicani che, nel libro Distintivi e Medaglie della R.S.I. (vol. I, pag. 83), venivano identificate come fregi appartenenti al Battaglione “Tevere”. Identificazione avvenuta sicuramente per la presenza del motto di cui sopra, largamente usato dopo l’entrata degli Alleati in Roma il 4 Giugno 1944. Si deve considerare che di questi reparti nulla si conosceva. Anzi, prima degli studi e ricerche di Giorgio Sala e relativa pubblicazione su Brigate Nere. Le mobili, le operative, le speciali, le autonome, si credeva che il Battaglione “Tevere” (o addirittura la VII Brigata Nera “Tevere”) fosse stato costituito nell’Estate del ’44, con fascisti romani trasferitisi a Milano dopo la perdita della Capitale.
Nella foto in questione (in possesso di Giorgio Sala), il reparto è schierato alla presenza di Carlo Borsani e, di conseguenza, tutti hanno collocato fisicamente l’evento ritratto a Milano, dove Borsani viveva. Tuttavia, Sala aveva notato su questa foto una piccola didascalia riportante la scritta “Roma 1944”, che ha indotto a porsi degli interrogativi. La soluzione del rebus è arrivata consultando la documentazione disponibile presso la Fondazione della RSI: Borsani, quel tragico 23 Marzo, non era a Milano (come si era ipotizzato), ma nella Capitale! Infatti, alla presenza del Battaglione “Roma o Morte” schierato compattamente per l’occasione, insieme al Battaglione Paracadutisti “Nembo”, Borsani tenne il discorso ufficiale per l’anniversario della Fondazione dei Fasci presso la Federazione dell’Urbe, ospitata al Ministero delle Corporazioni, in Via Vittorio Veneto. Quando esplose la bomba gappista gli intervenuti alla manifestazione scesero in strada e corsero a vedere cosa era accaduto: il Ministero, infatti, dista circa duecento metri dal luogo dell’attentato. Tra questi vi furono gli Ufficiali del Battaglione “Roma o Morte” che, per l’appunto, vennero ritratti nelle fotografie scattate in quei drammatici momenti. Così anche l’unica fotografica conosciuta dei Militi del “Tevere” deve essere interpretata come l’unica fotografia conosciuta dei ragazzi del “Roma o Morte”, schierato il 23 Marzo 1944, alla commemorazione della Fondazione dei Fasci di Combattimento tenutasi presso la Federazione dell’Urbe in Via Vittorio Veneto.
Tutto ciò testimonia come, ancor oggi, la storia della Repubblica Sociale Italiana sia avvolta da misteri e sia un mondo ancora tutto da scoprire…
Autori: Alberto Sulpizi e Pietro Cappellari
Editore: Herald Editore (Roma 2013)
Formato: 24×17 (100 pagine)
Euro 25
Per info: cappellaripietro@gmail.com
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L’EPOPEA DEI CARABINIERI REALI ALLA CONQUISTA DELL’IMPERO
La storia per immagini di un’esperienza straordinaria
di Claudio Cantelmo
E’ uscito il nuovo libro di Pietro Cappellari e Alberto Sulpizi Carabinieri in Africa Orientale Italiana. Immagini da un Impero, pubblicato dalla Herald Editore di Roma. Non solo una storia raccontata ma, soprattutto, un storia da vedere. Si tratta, infatti, di un vero e proprio album fotografico della conquista dell’Abissinia vista con gli occhi di un giovane Ufficiale dell’Arma. Il Prof. Sulpizi è riuscito a salvare un gruppo di foto degli anni 1936-1938 destinate alla distruzione e dall’incontro con il Dott. Cappellari è nata l’idea di pubblicare un libro che ripercorresse quella storia dimenticata che fu l’impresa d’Etiopia, cercando, attraverso le immagini di vita quotidiana, di riscoprire quei valori che animarono milioni d’Italiani in quegli anni di passione patriottica. Si tratta di foto inedite dall’alto valore storico e anche antropologico, che ci dipingono un terra affascinante, misteriosa, romantica e ci raccontano della vita di quei giovani soldati che “fecero l’impresa”.
Il libro è stato presentato Domenica 3 Marzo 2013 nella straordinaria cornice del Forte Sangallo di Nettuno. Tra il numeroso pubblico presente, una delegazione ufficiale del Comando Compagnia Carabinieri di Anzio e della Stazione Carabinieri di Anzio. Presenti anche il Presidente dell’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia il reduce di El Alamein Sante Pelliccia, e delegazioni dell’Associazione Nazionale Genieri e Trasmettitori, dell’Unione Nazionale Ufficiali in Congedo e dell’Associazione Nazionale Carabinieri. Ospiti d’onore: l’Assessore alla Cultura del Comune di Nettuno Carla Giardiello, il Presidente della Pro Loco Dott. Marcello Armocida, la Dott.ssa Rita Dello Cicchi, l’Assessore Ernesto Flamini, l’ex-Sindaco di Ardea Prof. Carlo Eufemi, il Consigliere Comunale Prof.ssa Anna Ferrazzano, il Dott. Vincenzo Monti, il Prof. Giancarlo Baiocco e il Dott. Massimo Temperilli. Il Sindaco di Nettuno Dott. Alessio Chiavetta ha inviato ai convenuti un augurio di buon lavoro.
L’opera è un omaggio al valore del soldato italiano, ma anche alle orgogliose popolazioni abissine e all’Africa Orientale, terra dai legami indissolubili con l’Italia. In quegli anni, la Nazione italiana riuscì ad adempiere i postulati del Risorgimento, esercitare cioè un “primato”, compiere una “missione”. A tanti anni di distanza, triste è vedere le condizioni del continente africano in balia di epidemie, della povertà, del malgoverno. I nipoti di coloro che cacciarono gli Europei dal suolo africano, fuggire essi stessi dall’Africa per raggiungere l’opulenta Europa. Qualcosa non è andato nel verso dovuto… e ad un’epoca d’avventure, di spedizioni, di scoperte, di progresso civile e sociale è subentrata un’epoca di sfruttamento economico e politico ancora peggiore dello stesso colonialismo di stampo franco-britannico. Ancor oggi, le uniche opere di qualche interesse in Africa Orientale sono quelle che costruirono in cinque anni gli Italiani, anche se qualcosa sta cambiando. Fuggita dalle proprie responsabilità l’Europa, nel continente africano è piombata la Cina, con tutti i suoi spregiudicati – per non dire altro – investimenti. E tristi risuonano le parole di un Ingegnere cinese impegnato alla costruzione di una delle più grandi dighe africane a un giovane Italiano impegnato, invece, nella promozione dei diritti civili: «Voi Europei avete fatto tanto, in passato, per l’Africa. Oggi siete assenti. Qui il vostro posto è solo nei musei».
Eppure vi fu un passato in cui l’Italia seppe esercitare un “primato” e una “missione” da tutto il mondo invidiati.
Ecco, questo libro serve proprio a questo. A ricordare il sacrificio di migliaia di volontari italiani, a ricordare una più grande Italia, più unita e più libera di quanto non sia oggi.
Claudio Cantelmo
COSTITUIRE IL COMITATO PROMOTORE DI UNA ASSEMBLEA COSTITUENTE
Pubblichiamo volentieri questo testo del prof. Carlo Vivaldi-Forti, scritto subito dopo la rielezione di Giorgio Napolitano a Presidente della Repubblica.
In questo articolo sono indicate le linee essenziali per una nuova Carta Costituzionale e vengono indicati alcuni punti ineludibili da affrontare.
In sostanza si tratta di una anticipazione di quanto in maniera più ampia verrà trattato nel Manifesto per la rifondazione dello Stato di prossima pubblicazione e del cui Gruppo di Lavoro preparatorio ha fatto parte il prof. Vivaldi-Forti.
NAPOLITANO BIS : UNA NUOVA COSTITUZIONE PER RINASCERE
di CARLO VIVALDI-FORTI
Le sconcertanti vicende di cui siamo stati testimoni negli ultimi mesi , ciliegina sulla torta l’elezione presidenziale, avvallano, casomai ve ne fosse bisogno, l’opinione di coloro che sostengono l’impossibilità di fermare il declino della società italiana, in assenza di una radicale revisione della Legge fondamentale dello Stato, propedeutica al necessario cambiamento del modello sociale e di sviluppo. Esaminiamo perciò la situazione , come oggi si presenta, e quali modifiche si rendano necessarie e urgenti. Poi parleremo delle strategie per realizzarle.
Elezione diretta del Capo dello Stato – L’Italia vive da tempo una realtà di Repubblica presidenziale de facto, in totale contrasto con il dettato costituzionale in vigore. Sul piano storico possiamo distinguere i due principali interventi autoritari di Napolitano. Nel caso del primo, novembre 2011 , si può parlare di un vero e proprio colpo di Stato: il Presidente non avrebbe mai dovuto licenziare arbitrariamente un Primo Ministro eletto dal popolo e non sfiduciato , sostituendolo con un altro che non rappresentava niente e nessuno, all’infuori delle banche , dei poteri forti e degli speculatori di Borsa, imponendo al Parlamento di appoggiarlo a dispetto del mandato ricevuto. Gli effetti di questo putsch si sono poi rivelati nefasti. Il secondo, quello dell’aprile 2013 , riveste invece connotati assai più positivi e legittimi, vista la faziosità , la malafede e l’ostinazione di molti rappresentanti del popolo che hanno impedito la formazione di qualsiasi governo. Tuttavia, neppure questo corrisponde ai crismi di un parlamentarismo ortodosso come il nostro. Eppure i più ne riconoscono l’opportunità e forse la necessità. Ciò non di meno , si tratta di sconfinamenti del Capo dello Stato dalle sue prerogative. Occorre quindi riconsiderare con urgenza le sue attribuzioni specifiche , alla luce dei mutamenti storici intervenuti tra il 1948 e oggi, e dare loro la legittimità e il riconoscimento giuridico che esigono. Soltanto il suffragio popolare diretto ha il potere di attribuirgliele ; ecco perché a fondamento di una nuova Costituzione ci deve essere innanzitutto il presidenzialismo.
Invito il lettore prima di addentrarsi nella lettura di questo articolo, di soffermarsi su quanto ha scritto il fascista antifascista Giorgio Bocca nel suo “Storia dell’Italia partigiana”: <Il terrorismo ribelle non è fatto per prevenire quello dell’occupante, ma per provocarlo, per inasprirlo. Esso è autolesionismo premeditato: cerca le ferite, le punizioni, le rappresaglie per coinvolgere gli incerti, per scavare il fosso dell’odio. E’ una pedagogia impietosa, una lezione feroce>.
Oppure quanto scrisse, circa le conseguenze che la lotta partigiana poteva arrecare sulle popolazioni civili, il democristiano Benigno Zaccagnini: <La rappresaglia che veniva compiuta era un mezzo per suscitare maggiore spirito di rivolta antinazista e antifascista, e quindi si giustificava> (Dalla parte dei vinti di Piero Buscaroli).
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Siamo all’inizio dell’anno 2013 e nessuno può negare che, almeno in Italia, la situazione è catastrofica, come mai si è verificata nei decenni precedenti. In occasione della farsa dei festeggiamenti (non viviamo forse nell’era dell’immortale antifascismo? Ecco allora, festeggiare la sconfitta della nostra patria!) del 25 aprile e in questa occasione la presidente della camera, signora Laura Boldrini sentenziò che non esiste un fascismo buono. Queste parole sono state pronunciate in occasione della visita ad uno dei monumenti della lotta resistenziale: Marzabotto.
Marzabotto: allora vediamo cosa accadde a Marzabotto.
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Il film “Miracolo a Sant’Anna” di Spike Lee, in proiezione nelle sale cinematografiche italiane, ha sollevato un tale vespaio su fatti avvenuti nel lontano 1944, che avverto la necessità di riproporre un mio studio su quegli avvenimenti.
Come il lettore potrà constatare si tratta di Storia e come tale suffragata di documentazione e testimonianze.
Sono stati eventi veramente tristi, da qualsiasi lato li si vogliano esaminare.
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Segnaliamo un interessante blog della Fondazione R.S.I. – Delegazione lombarda, dove è possibile trovare una grande quantità di informazioni e documenti storici.
Molto interessante inoltre, la possibilità di contattare e visitare il Centro di documentazione della Repubblica Sociale Italiana e di Storia contemporanea Prof. Magg. Ferruccio Spadini
di Lemmonio Boreo
In occasione del 68° anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale (2 Maggio 1945), l’Associazione Combattenti Decima Flottiglia MAS – RSI ha organizzato una manifestazione al Sacrario dei Caduti della RSI di Nettuno in ricordo di tutti i caduti della Repubblica Sociale Italiana.
Numerosi i partecipanti, in gran parte giovani, accompagnati dagli ultimi reduci che, proprio sul Fronte di Nettunia, iniziarono la loro “avventura” per riscattare l’Onore d’Italia. Numerose anche le delegazioni ufficiali partecipanti alla manifestazione che hanno inviato i loro rappresentanti: i Volontari di Guerra, gli Arditi d’Italia, l’Opera Nazionale Caduti Senza Croce, l’Ordine dell’Aquila Romana, i Paracadutisti d’Italia, i Reduci e Rimpatriati d’Africa e la Fondazione della RSI – Istituto Storico di Terranuova Bracciolini (AR).
La Santa Messa in latino, in rito tridentino, è stata officiata da un Sacerdote della Fraternità San Pio X di Albano.
Al termine della cerimonia è stato fatto l’appello dei caduti. La manifestazione si è sciolta sulle note della Preghiera del Legionario e con l’impegno di tutti i presenti di rinnovare nei cuori l’amore per l’immortale Patria italiana, fedeli alla consegna affidataci dai reduci.
Lo storico Andrea De Rossi ha creato un nuovo blog con le sue raccolte su Toscolano-Maderno, inserendo alcuni riferimenti sicuramente tratti dalle nostre fonti.
Vi invitiamo a visitarlo, leggendo questo estratto sulla Repubblica Sociale Italiana
http://www.storiaditoscolanomaderno.blogspot.it/2013/03/la-repubblica-sociale-italiana.html
Sempre nel ricordo di Piazzale Loreto – Questa volta ad opera di Paolo Mieli
di Filippo Giannini
Ė vero: ho un caratteraccio! Sarà che ho ancora dentro di me lo spirito del Balilla che non sopporta le vigliaccate. Mi riferisco alla trasmissione di Ballarò del 23 aprile 2013, quando in un intervento del direttore de Il Corriere della Sera, Paolo Mieli, commentando uno dei tanti inciuci riguardanti il connubio PD/PdL, ebbe a ricordare (cito a memoria): <D’altra parte anche nel 1944, Togliatti rientrato in Italia si alleò con la Democrazia Cristiana e nel 1976 Il Partito Comunista di Berlinguer si alleò con Aldo Moro>. Poi il signor Mieli non poteva mancare di ricordare (e te pare!?) che Mussolini portò l’Italia allo sfascio della Seconda Guerra mondiale e alle infami leggi razziali. Per prima cosa osservo: non è possibile che un simile personaggio non conosca la Storia vera, e quindi la falsità di quanto asserisce.
Proviamo a dimostrare quanto sostengo.
Come e perché si giunse alla Seconda Guerra mondiale. Lo storico Rutilio Sermonti attesta (L’Italia nel XX Secolo): <La risposta poteva essere una sola: perché esse volevano un generale conflitto europeo quale unica risorsa per liberarsi della Germania – formidabile concorrente economico – e, soprattutto dell’Italia. Questo è necessario comprendere se si aspira alla realtà storica: soprattutto dell’Italia>.
Nella Conferenza di Ginevra sul disarmo (febbraio 1932), alla quale parteciparono sessantadue Nazioni, l’Italia era rappresentata da Dino Grandi e da Italo Balbo. Grandi, a nome del popolo italiano, sostenne il progetto di una parificazione al livello più basso degli armamenti posseduti dalle singole Nazioni. Venne inoltre esposto il progetto mussoliniano tendente all’abolizione dell’artiglieria pesante, dei carri armati, delle navi da guerra, dei sottomarini, degli aerei da bombardamento, in altre parole la messa al bando di tutto ciò che avrebbe potuto portare ad una guerra di distruzione.
Di fatto, la Conferenza non trovò sbocco alcuno per le opposizioni di Francia e Germania.
Possibile che il signor Mieli non ricorda che Mussolini propose il Patto a Quattro (7 giugno 1933), proprio per integrare, con un patto politico, l’Europa, mediante un direttorio delle quattro Potenze: Inghilterra, Francia, Germania e Italia. Il documento propositivo di Mussolini cominciò a circolare nei tre Stati interpellati. Il documento ebbe successo di siglatura, ma fallì quando, presentato per l’approvazione ai parlamenti inglese e francese la siglatura non fu rispettata e decadde definitivamente a Stresa nel 1935. Mussolini camminava nella tradizione romana, carolingia e cattolica: aspirazione antica sempre delusa. Mussolini aveva ammonito con lungimiranza: “Fare crollare la pace in Europa significa fare crollare l’Europa”>.