di Alberto Scaramuccia
Anche se l’attualità suggerirebbe l’impegno su tematiche di differente natura, in questo periodo sul Golfo e dintorni la questione all’ordine del giorno riguarda l’opportunità di ricordare nel 70° della sua scomparsa la persona di Carlo Alberto Biggini. Chi sia costui, ormai lo sanno tutti, altrettanto quanto era figura ignorata prima che la querelle avesse inizio: giurista di spessore, rettore a Pisa, aderente al fascismo dal 1925, contrario all’odg Grandi, ministro della repubblica di Salò. Tanti deprecano che si dia spazio ad un personaggio così compromesso con i fatti del ventennio; in pari numero sostengono che la sua virtù intellettuale è arra alla sua memoria, giustificata anche dall’aiuto certo che egli fornì a studiosi anche ebrei e ad importanti esponenti della Resistenza.
Tenendo presente che la Storia quando cassa il ricordo abdica al Suo nome, spero che il convegno organizzato su di lui ne abbia chiarita la posizione sul manifesto della razza che diede il via alle leggi che espulsero gli Ebrei dalla vita civile esponendoli alle conseguenze che ben sappiamo. Penso che vada anche considerato che l’aiuto che si presta, ha tinte diverse se è indifferenziato verso tutti oppure se è limitato solamente ad ambienti che sono contigui a chi s’impegna nel soccorso.
Sono, però, convinto che il dibattito sia stata un’occasione utile per riflettere sul metodo della ricerca storica. Il padre Ugo era socialista, esponente di primissimo rilievo del Partito socialista sarzanese e golfista di cui contribuisce attivamente ad indirizzare le scelte, anche se fu emarginato quando nel PSI s’impose una linea intransigente-rivoluzionaria che contrastava con la sua posizione più moderata ed incline alla ricerca di alleanze. In ogni caso, il figlio nasce in un ambiente che contrasta con le scelte che poi compì. Il cammino verso il fascismo non è precipuo del futuro rettore, quanti mai in tutt’Italia dal PRI e dal PSI trasmigrano verso Mussolini regalati, dice Gramsci, alla parte avversa da una politica miope dei partiti di sinistra. Sono queste cose note; ripeterle e magari meglio analizzarle, aiuta a capire i comportamenti del corpo elettorale italiano oggi.
Sul campo resta, infine, a mio avviso, un’altra grossa questione: che cosa significa essere un intellettuale e che cosa lo definisca in questa funzione. Mi vengono in mente, da una parte Orazio e la sua torre d’avorio o Baudelaire che vola in alto come l’albatro incapace di camminare sulla terra, oppure chi s’immerge nel quotidiano impegnandosi nella definizione del mondo in cui vive. In ogni caso, l’intellettuale contribuisce la sua non poca parte a definire un’egemonia culturale che si riflette inevitabilmente nella società che si modella anche secondo gli apporti che riceve. Ecco, mi piacerebbe che questo venisse tenuto presente nella discussione su Biggini, una questione metodologica che, scevra da encomio e oltraggio, metta a fuoco questa figura nel dibattito che ha originato.
Domenica 22 novembre 2015
http://www.cittadellaspezia.com/Una-storia-spezzina/Biggini-e-la-figura-dell-intellettuale-195471.aspx