Blog

Si comincia a parlare di investimenti pubblici e di politica dei redditi
Gli ultimi dati pubblicati da varie istituzioni pubbliche e private rilevano che tutta l’Europa, e in particolare
l’Italia, è in forte recessione. Le conseguenze sia sulla produzione di beni e servizi, sia nei confronti della sempre più
ridotta occupazione – e soprattutto l’angosciosa prospettiva per i giovani che si affacciano al mondo del lavoro -stanno facendo modificare le analisi di molti economisti: si parla sempre meno dei rattoppi fiscali, dei tagli a lle spese e
delle modifiche contrattuali per ridurre il costo del lavoro e si esaminano invece politiche economiche volte agli
investimenti pubblici e privati.
Manca ancora l’analisi di quelli che dovrebbero essere i tipi e l’entità degli investimenti pubblici, nonché
l’individuazione dei settori infrastrutturali, della ricerca e dell’innovazione come pure mancano adeguate analisi
relative a una politica industriale che individui le maniere di intervento dello Stato nelle produzioni di base (acciaio,
alluminio, etc.) e la riduzione dei costi per l’energia elettrica necessaria alle imprese energivore essenziali per le
produzioni indotte (meccaniche, chimiche, etc.).
Naturalmente il problema principale che incombe riguarda la creazione di redditi attraverso l’occupazione
della manodopera – ai vari livelli dirigenziali ed esecutivi – nei settori del risanamento ambientale e idrogeologico, in
quello delle comunicazioni (reti stradali, ferroviarie, etc.), dell’integrazione della scuola in ogni ordine e grado con le
attività produttive, con la distribuzione delle merci e l’efficienza dei servizi. Grave che in questo frangente la miopia e
l’ignoranza, non solo dei responsabili politici, ma anche dei loro consulenti tecnici o scientifici, si eserciti cercando di
risolvere elementi di contorno o a favore dei consumi ritenendoli la leva principale per la ripresa, mentre essi sono
soltanto la conseguenza e l’effetto di interventi diretti a creare appunto occupazione e redditi.
In questo numero viene affrontato il problema della riforma della Pubblica Amministrazione, dei Tribunali
amministrativi, delle Prefetture, delle Camere di Commercio in base alla favola per cui se lo Stato arretra nel regolare
e coordinare le attività, queste funzionano meglio. La confusione tra ciò che è efficienza e ciò che è pura burocrazia
avvelena ogni dibattito in materia. A questo proposito Mario Bozzi Sentieri fa chiarezza con un suo intervento.
Altrettanta chiarezza la fa Ettore Rivabella a proposito dell’altra demenziale proposta e cioè quella di
consumare subito il Trattamento di Fine Rapporto (Tfr) che costituisce, insieme con l’essere una garanzia per il
lavoratore (e la sua famiglia) quando va in quiescenza, una non indifferente parte di finanziamento aziendale, in
costanza del rapporto di lavoro, per il quale l’impresa riconosce un interesse al lavoratore.
A proposito di proposte produttivistiche nella rubrica “Dibattito”, il prof. Vivaldi Forti parla di quelle che
potrebbero essere iniziative bancarie volte al sostegno dell’economia reale e non alla speculazione finanziaria.
Il numero attuale del bollettino è arricchito da una nuova rubrica “I Libri de Il Sestante”. Si tratta di una
rassegna di novità librarie collegate con gli argomenti oggetto di studio da parte del CESI (g.r.).

SOMMARIO
– A proposito della “riforma” della P.A. Se lo Stato arretra a pagare sono i cittadini e le imprese di Mario
Bozzi Sentieri
– La filosofia della precarietà: consumare nel presente ogni prospettiva futura. Tfr: Cosa nasconde
l’operazione del Governo Renzi di Ettore Rivabella
– Rubrica “I Libri del “Sestante”. Rassegna di novità librarie a cura di Mario Bozzi Sentieri
Recensione: D.Fisichella, Dittatura e monarchia. Italia tra le due guerre, a cura di Gaetano Rasi
– Rubrica “Dibattito”. Proposte per una politica bancaria compatibile con lo sviluppo di Carlo Vivaldi-Forti

Clicca qui per scaricare il bollettino completo

100popolo15 Novembre 1914 – 15 Novembre 2014

CENTENARIO DELLA FONDAZIONE DE “IL POPOLO D’ITALIA”

 

In occasione del centesimo anniversario della fondazione del quotidiano socialista interventista di Benito Mussolini, la Herald Editore ha il piacere di presentare un volume da collezione formato gigante (A3) che ha lo scopo di illustrare la storia d’Italia attraverso 100 pagine de “Il Popolo d’Italia” selezionate e commentate da Pietro Cappellari.

In occasione del centesimo anniversario dell’entrata in guerra della Nazione italiana (24 Maggio 1915), la presentazione di questo studio è un atto di fondamentale importanza per comprendere l’interventismo e il movimento di popolo che si schierò a favore dell’intervento.

“Il Popolo d’Italia” rappresentò la voce dell’interventismo e divenne, in breve tempo, la voce del soldato italiano impegnato in quella che rappresentò non solo la sua Quarta Guerra di Indipendenza ma, soprattutto, l’acquisizione di una pura coscienza nazionale e la consapevolezza che l’Italia avesse un primato e una missione da compiere tra le genti.

Nella redazione del quotidiano di Mussolini prese forma quell’idea rivoluzionaria che sconvolse l’assetto politico del Regno d’Italia che, in balia di un Governo incapace di assicurare alla Patria i frutti della Vittoria, rischiò di sprofondare nel caos della sovversione massimalista.

“Il Popolo d’Italia” fu la fucina dalla quale nacquero i Fasci di Combattimento Italiani e dalla quale scaturì la Rivoluzione delle camicie nere che contraddistinguerà la storia del continente europeo per oltre un ventennio.

Il volume, la cui uscita è prevista per la fine di Novembre, rappresenta un contribuito che si vuole dare a chi, libero da preconcetti politici, vuole conoscere la storia della nostra Patria.

Tutto sta cambiando, ma ne siamo veramente consapevoli?
Questo numero de Il Sestante esce al termine di un mese cruciale per il futuro della vita politica non solo del nostro Paese, ma anche dell’Europa. In esso l’accento viene posto su quelli che abbiamo chiamato i sintomi del cambiamento radicale avvertiti sia dai più attrezzati analisti e politologi, sia da quella stampa quotidiana che troppo spesso mette l’accento soprattutto su un artificioso sensazionalismo senza distinguere tra ciò che è valido e ciò che è chiacchiera o schermaglia momentanea.
Il problema che si pone pertanto è quello relativo ad una nuova classe dirigente in grado di affrontare la crisi e soprattutto di proporre un progetto politico e costituzionale adeguato a ciò che il presente sta preparando per un prossimo futuro.
Il Consigliere CESI Bozzi Sentieri, recensisce due recenti saggi e incentra la loro lettura valutando non solo l’essenza post-ideologica (intendendo con tale espressione il superamento delle vecchie ideologie in nome di un’impostazione ideologica più vera ed attuale), dell’attualità come alternativa al conservatorismo liberista e soprattutto quella centralità riguardante il lavoro e coloro che nell’attuale fase evolutiva della società non rappresentano più solo un fattore passivo della produzione, ma un fattore sistematicamente innovativo e quindi ancor più necessario ad essere partecipante organico nelle attività imprenditoriali e nella più ampia gestione politica dello Stato.
Nella Rubrica “dibattito” vi sono due stimolanti interventi: quello del prof. Carlo Vivaldi-Forti sulla questione di una nuova destra in un’epoca di transizione in cui i termini “destra” e “sinistra”non hanno più alcun significato univoco e quello del prof. Lucio Zichella che polemizza con le impostazioni del pessimismo qualunquista circa la natura del popolo italiano e deliberatamente pone l’accento sull’introduzione del Senato delle Competenze, ossia di una Camera legislativa espressa da “coloro che sanno”perché professionalmente dotati e quindi chiamati a porre a disposizione dell’interesse generale quanto hanno maturato in scienza, conoscenza ed esperienza nella loro vita individuale.
Il prossimo numero de Il Sestante affronterà temi riguardanti i rapporti economici tra l’Italia e l’Europa e cercherà d’individuare in maniera circostanziata quanto ancora sia lontano la concezione dottrinaria degli operatori attuali, italiani ed europei, da quanto invece è necessario non solo per superare la crisi, ma per riprendere un autentico sviluppo (g.r.).

SOMMARIO

- Vi sono i sintomi del cambiamento radicale.
Ma chi è in grado di raccogliere il momento storico? di Gaetano Rasi

- Note al margine di due recenti saggi.
La cogestione necessaria di Mario Bozzi Sentieri

- Rubrica “dibattito”. Lettere a Il Sestante e risposte del Presidente CESI
Carlo Vivaldi-Forti. Berlusconi prepara la fine della Destra?
Lucio Zichella. Passare dallo scetticismo pessimistico a proposte di elevazione civile

Clicca qui per scaricare il bollettino completo

Ma chi sarebbe il Bene Assoluto? Qualcuno mi chiede; ma buon Dio è Matteo Renzi!

Dopo aver dato (e ripreso) gli ottanta Euro <ai pensionati con meno di cinquecento Euro>, un lettore mi chiede, io rispondo <Santo Dio, che domanda fate, ma quali pensionati – di questi si attende la loro morte – ma gli ottanta Euro sono destinati a chi ne guadagna 1.500 di Euro>. No, cari lettori, non storcete la bocca, il Bene Assoluto intende estendere gli ottanta Euro anche alle mamme che dopo il primo gennaio partoriranno un bimbo. Bene…bravo….bis…tris….claps, claps (applausi).

Qualcuno dirà che sono un nostalgico del Male Assoluto. Perché, non si vede? Rispondo. Prima di andare avanti apro, per essere chiaro al massimo, uno dei più noti dizionari italiani, il De Agostini, nella voce nostalgico e leggo e trascrivo: <Che rimpiange un regime politico del passato, in particolare il fascismo>. Avvalendomi anche della rivista Paralleli, desidero ricordare che l’idea di premiare le mamme che concepivano un bambino era nata nella mente del perfido Male Assoluto ben 77 (dico: settantasette) anni fa. Infatti nel 1937 la campagna demografica offriva agli operai che si sposavano un assegno nuziale di 700 lire. L’assegno nuziale era inoltre corredato da un prestito senza interessi non inferiore alle 1.000 lire che veniva elargito a quanti sposati entro i venticinque anni, guadagnavano meno di mille lire lorde al mese, ossia la stragrande maggioranza degli italiani. A sei mesi dalla concessione del prestito si cominciava a restituire nella miserabile misura dell’1% al mese. Ma ora, caro Don Matteo attenzione: dopo la nascita di ciascun figlio la restituzione veniva sospesa per un anno e il prestito si riduceva del 10% del totale al primo figlio, del 20% al secondo, del 30% al terzo, del 40% al quarto, dopo di che veniva condonato. Alle madri riconosciute ufficialmente prolifiche, con almeno sette figli, il Male Assoluto inviava o consegnava personalmente in fastose cerimonie a Palazzo Venezia 5.000 lire più una polizza di assicurazione di 1.000 lire. Altre facilitazioni (attento don Matteo!), come per esempio la tessera gratuita per tutti i mezzi pubblici, arrivava loro dal fascio locale (oh mamma c’ho detto!!!! Ho nominato il Fascio). Don Matteo, no, non ho finito: i capifamiglia con prole numerosa godevano di privilegi straordinari negli impieghi statali, nei contratti di lavoro collettivi, nella concessione di prestiti a interesse, e di forti sconti nell’affitto degli appartamenti. Anche gli assegni familiari erano ragguardevoli: 3,60 lire la settimana per gli operai con un figlio, 4,80 per quelli con due o tre figli; 6 lire da quattro figli in su. Per gli impiegati (sempre alla settimana) 4,80, 6,50 e 7,20. Per i dipendenti del commercio, infine, gli assegni potevano essere anche più elevati.

Don Matteo, ma senta cosa ho letto oggi, non posso citare la fonte perché è un foglio anonimo: <Renzi, nella bramosa caccia al denaro con il quale mantenere almeno il 10% di quanto promesso, ha idea di far pagare il bollo di circolazione ai passeggini>. Don Matteo, lei mi dice che questa è una cattiveria?! Bene, allora ecco un’altra cattiveria. Sempre nello stesso foglio leggo: <Renzi vuol distribuire il TFR (liquidazione): vana speranza di riavviare così il consumo e quindi la produzione. Curioso: Mussolini lo inventò per garantire il lavoratore e dargli una vecchiaia serena. Renzi lo vuol depredare per fregargli con le tasse anche il futuro. Allora si costruì lo stato sociale, venendo dal medio evo. Oggi i sinistri ci vogliono risprofondare nei secoli bui. Bravi! Bene!>.

E in merito a quanto periodicamente accade in Italia (vedi ad esempio il caso di Genova), ecco quanto ha scritto l’anonimo cattivo: <Per la cronaca, l’ultimo che dragò seriamente i fiumi in Italia, fu Mussolini. Ma non si può dire, perché è apologia>. E infatti io non lo dico!

Torniamo ai beati tempi di oggi e termino citando una osservazione di Alessandro M. Questi, se possibile, è più ingrifato di me circa il Fascismo e il suo Capo. Leggiamo e trasmetto al Bene Assoluto, a don Matteo: <Quasi nessuno, tra i figli dei lavoratori che non vi risiedessero abitualmente, aveva mai potuto, in precedenza, passare periodi di vacanze ai monti o al mare, per l’ovvio motivo che a una famiglia di quei tempi, spesso famiglie numerose e monoreddito, una volta soddisfatto l’obiettivo primario della sussistenza, non rimanevano certamente denari per mandare i figli in villeggiatura. La villeggiatura era un privilegio dei benestanti. Non rari, nelle famiglie operaie, erano i casi di rachitismo o di malattie dell’apparato respiratorio, causate da condizioni di vita non certo ideali. Mediante questa istituzione (Alessandro M. si riferisce all’Opera Balilla e Colonie Marine e Montane per i ragazzi, opere concepite e volute nel periodo della truce tirannia) tutti i figli dei lavoratori che ne facessero richiesta e che si trovassero nelle condizioni di idoneità previste dai regolamenti, potevano usufruire di periodi di vacanza gratuiti ed essere assistiti in apposite strutture costruite a centinaia ai monti e al mare.

Tali strutture sorgono in tutto il territorio nazionale: da Massa a Bardonecchia, dal Sestriere alla riviera romagnola, dal Trentino a Ostia, dalla Sila alle coste della Sicilia. Anche in questo caso l’istituzione voluta dal Fascismo interviene al fine di equilibrare la fruizione di un bene, ridimensionando un privilegio ed estendendolo alle fasce deboli e stabilendo il principio che i bambini dei lavoratori hanno gli stessi diritti alla gioia ed alla salute di quelli dei ricchi.

E oggi? Fortuna che abbiamo un don Matteo che favorisce l’opposto di quanto fece il Male Assoluto. Altrimenti che Male Assoluto sarebbe?!

Per chiudere ripropongo una mia precedente domanda: sarebbe stato concepibile un Marchionne al tempo del Male Assoluto? A Voi la risposta!

E’ a disposizione degli studiosi il volume curato dal ricercatore nettunese Pietro Cappellari “Marciare su Roma”. Atti del Convegno di Studi Storici del Comitato Pro 90° Anniversario della Marcia su Roma.

Lo studio presenta al pubblico tutti gli interventi dell’incontro di Perugia del 27-28 Ottobre 2012. Un totale di 582 pagine, 31 interventi, 30 importanti esponenti della cultura nazionale coinvolti in quello che è, a tutt’oggi, il più interessante lavoro sulla Marcia su Roma mai pubblicato, che non solo sfata le falsità della vulgata antifascista, ma riesce a fornire al lettore dati ed interpretazioni nuove su quel fenomeno epocale che fu il fascismo sansepolcrista e l’insurrezione dell’Ottobre 1922.

Il libro coordinato da Pietro Cappellari in qualità di Responsabile culturale del Comitato Pro 90° Anniversario della Marcia su Roma, presenta al lettore un innovativo quadro generale del periodo 1919-1922 accompagnato da approfondimenti regionali specifici affidati a studiosi del territorio di riferimento.

La Marcia su Roma, infatti, non fu quell’atto insurrezionale concretizzatosi nel giro di pochi giorni ma, in realtà, una lunga marcia per la conquista del potere iniziata da Benito Mussolini in quel lontano 23 Marzo 1919 quando, con pochi reduci di guerra e rivoluzionari di sinistra, fondò a Milano i Fasci Italiani di Combattimento.

Il volume passa, quindi, in rassegna il Biennio Rosso, la reazione antisocialista degli squadristi, il “nuovo” fascismo che macina consensi nella società italiana, tra la borghesia, come tra il proletariato. Infine, la sconfitta “sul campo” dei socialisti e la proiezione rivoluzionaria degli squadristi che, nell’Estate-Autunno 1922, si concretizzerà in un progetto eversivo dello Stato liberale e democratico.

Quella che sarà poi chiamata la Rivoluzione fascista sarà una sperimentazione continua di soluzioni innovative che, abbattute le ideologie, pose la costruzione di uno Stato moderno al centro della sua proposta politica. Una proposta politica scaturita tra le trincee della Prima Guerra Mondiale, maturata in oltre tre anni di scontri di piazza in difesa dei valori nazionali contro una classe politica corrotta e incapace e contro l’avanzante marea socialista. Una proposta politica che, passando da Fiume dannunziana, provocò l’insurrezione nazionale e popolare dell’Ottobre 1922 e la successiva costituzione del Regime fascista. Una proposta politica che ebbe nel consenso di gran parte della popolazione italiana la sua più forte arma.

Il tomo contiene sia ricostruzioni storiche degli eventi con preziosi articoli di Franco Morini, Giovanni Bartolone, Carlo Montani, Massimiliano Soldani e Stelvio Dal Piaz, sia analisi politiche su quanto avvenuto affidate alle sapienti penne di studiosi del calibro di Gabriele Adinolfi, Maurizio Rossi e Luca Leonello Rimbotti. Fanno parte della “squadra” giovani neolaureati e diversi ricercatori della Fondazione della RSI – Istituto Storico di Terranuova Bracciolini (AR) che non hanno fatto mancare il loro importante contributo al volume.

Il tomo presenta anche uno studio sui caduti e le vittime dell’insurrezione fascista del 27-31 Ottobre 1922. Per la prima volta è stato possibile conoscere i nomi dei caduti – da una parte e dall’altra – con statistiche ed elaborazioni grafiche curate da Pietro Cappellari che, con una ricerca negli Archivi di Stato e Comunali, nonché con escursioni sui luoghi degli eventi, ha potuto ricostruire nei dettagli cosa avvenne realmente in quei giorni.

Chiude il volume, una carrellata sui monumenti ai Martiri fascisti in Italia affidata all’Architetto Paolo Camaiora, uno dei più importanti studiosi dell’architettura fascista degli anni ’30.

Siamo sicuri che con questa opera si è riscritto un capitolo importante della storia della nostra Nazione e che nessuno studio sulle origini del fascismo potrà fare a meno di quanto contenuto in questo prezioso volume.

Primo Arcovazzi

In uno dei precedenti articoli avevo ricordato che la Rai (per la quale pago un truffaldino canone, ma penso di non pagarlo più) da qualche tempo ha scatenato una nuova offensiva contro il fascismo e il suo capo, avvalendosi di storici, almeno così si presentano sugli schermi (per me sono dei semplici ciarlatani, anche se ben pagati). Con questo articolo desidero presentare il pensiero su quel fenomeno dello scorso secolo di alcuni personaggi.  Da dove inizio? E se cominciassi da quello che considero un furbesco falso problema: l’articolo 18? Quanto avrei da scrivere sull’argomento, ma invito i lettori (almeno quelli che hanno un minimo di conoscenza storica) di andare a consultare i contenuti della Carta del Lavoro presentata il 21 aprile 1927, quindi quasi un secolo fa. Con questa Carta Benito Mussolini presentava PER LA PRIMA VOLTA AL MONDO i più equilibrati rapporti fra il lavoratore e il datore di lavoro. Quindi dico: ma che andate a cianciare con l’articolo 18, vera presa per il ci u elle o dei lavoratori (quanno ce vò ce vò!).

Tanta gente del popolo si lamenta che questo sistema ha fallito e che deve essere cambiato. Abbiamo un nuovo sistema che sostituisca questo marciume? Lo Stato Corporativo che se ha bene funzionato allora perché non riproporlo? Perché manca l’Uomo? Certamente un altro Uomo del valore del Male Assoluto nasce raramente, ma, dal mio punto di vista non abbiamo altra soluzione. Dello stesso parere è anche il professore di Scienze Politiche, ebreo, dell’Università di Gerusalemme Zeev Sternhell, il quale con queste parole illustra le caratteristiche dello Stato Corporativo: <Il Fascismo fu una dottrina politica un fenomeno globale, culturale che riuscì a trovare soluzioni originali ad alcune grandi questioni che dominavano i primi anni del secolo(…). Le ragioni dell’attrazione esercitata dal Fascismo su eminenti uomini della cultura europea, molti dei quali trovarono in esso la soluzione dei problemi relativi al destino della civiltà occidentale>. Ė superfluo ricordare che Sternhell si riferiva ai problemi relativi alla crisi congiunturale nata nel 1929, la quale a detta di molti economisti fu più grave di quella che stiamo vivendo. Debbo aggiungere che lo Stato Corporativo era il passaggio obbligato per giungere alla Socializzazione dello Stato, come era nel programma mussoliniano e questo fu uno dei motivi – ripeto UNO dei motivi – per cui i fascismi dovevano essere eliminati, costringendoli alla più grande tragedia che l’umanità abbia mai conosciuto: la Seconda Guerra Mondiale, checché sostengano i quaquaraquà di Rai bufala.

Ed ora vogliamo dare uno sguardo al dramma della disoccupazione? Oggi questo disgraziatissimo Paese con circa 55 milioni di abitanti lamenta una disoccupazione ben sopra i 3 milioni di disoccupati. Con il Male Assoluto al governo, in piena crisi congiunturale e con una popolazione di 45 milioni di abitanti, presentava una disoccupazione di circa 810 mila disoccupati, e siamo nel 1932-33.

E con l’attuale crisetta? C’è un volume, oggi praticamente introvabile, L’Economia Italiana tra le ue Guerra, edito sotto l’alto patronato di Sandro Pertini e composto dal Comitato d‘Onore di Nilde Jotti, Francesco Cossiga, Bettino Craxi ecc. ecc. (non so se mi spiego!!!), dove a pag. 137, possiamo leggere: <L’onda d’urto provocata dal risanamento monetario non colse affatto di sorpresa la compagine governativa (per capirci bene cari “quaquaraquà, quella guidata da Mussolini), con provvedimenti di varia natura, attenuarono, dove possibile i conseguenti effetti negativi soprattutto nel mondo della produzione (…). Permise comunque al nostro Paese di affrontare in condizioni di sanità generale la grande depressione mondiale del 1929 (…)>. Per capirci meglio possiamo ricordare che negli anni fra il ’25 e il ’30, soprattutto grazie alla guida di Antonio Mosconi, i conti nazionali registrarono attivi da primato. Proprio come oggi, vero quaquaraquà di Rai/bufala?

Visto quel che è accaduto a Genova – ma sappiamo bene che l’alluvione della città ligure è solo la punta dell’iceberg – diamo uno sguardino come al tempo del male assoluto venivano affrontate le calamità. Su questo tema debbo fare una breve premessa.

La notte del 23 luglio 1930 uno dei terremoti più devastanti (6,5 Scala Richter) che la nostra storia ricordi colpì vaste aree della Campania, del Sannio, della Lucania e del Subappennino pugliese: all’incirca, cioè, quelle stesse zone colpite dal sisma del novembre 1980 (6° grado Scala Richter).

(altro…)

Dal 2000 ad oggi i cristiani vittime di persecuzioni da parte di regimi islamici e comunisti (soprattutto la Cina) sono stati 160 mila all’anno: una cifra incredibile. Ogni cinque minuti un cristiano viene ucciso a causa della propria Fede. Tutto ciò non può essere accettato, perché costituisce un’offesa non soltanto a Dio, ma alla dignità umana; senza contare che essa rappresenta una serissima minaccia alla sicurezza e alla pace.

Sebbene la Repubblica Popolare Cinese continui a dichiararsi un Paese ateo, in realtà esso conta al suo interno una popolazione religiosa costituita da ben 540 milioni di individui (su un totale di 1 miliardo e 300 milioni di abitanti) dei quali, tuttavia, soltanto 300 milioni dichiarerebbero apertamente la propria fede per non incorrere in discriminazioni da parte dello Stato. Nonostante l’articolo n. 36 della Costituzione consenta a tutti i cittadini di esercitare “libertà di credo”, in questo vasto Paese l’essere professanti costituisce ancora un handicap di non poco conto, un effettivo status di ‘diversità’ che può precludere il beneficio dei più elementari diritti umani. Una situazione dolorosa e paradossale se si considera che a partire dagli anni Novanta in Cina nessuno crede più al mito del comunismo. E mentre il patrimonio culturale del socialismo maoista si sgretola di fronte all’epocale mutazione capitalista di questo immenso Paese, i vertici di Pechino si trovano a dovere fronteggiare – spesso con la violenza – una temuta realtà, fino ad appena un decennio fa totalmente inimmaginabile, cioè la spontanea rinascita tra le masse – disgustate dalla crescente corruzione delle istituzioni e deluse dal tradimento degli impossibili ideali di giustizia sociale predicati per decenni dallo stato materialista – del sentimento religioso. Quello che oggi reclamano milioni di giovani cinesi, soprattutto giovani, assetati non soltanto di facile e aleatorio benessere materiale, ma anche di dignità e autentica giustizia.

Alberto Rosselli  è un giornalista e saggista storico che ha collaborato e collabora da tempo con numerosi quotidiani italiani ed esteri e con svariati siti internet tematici di storia, etnologia, storia militare e diplomatica e geopolitica. Rosselli ha al suo attivo alcune opere di narrativa e diversi saggi tra cui Québec 1759, Il Conflitto anglo-francese in Nord America 1756-1763 (tradotto anche in lingua inglese), Il Tramonto della Mezzaluna – L’Impero Ottomano nella Prima Guerra Mondiale, La resistenza antisovietica in Europa Orientale 1944-1956, L’Ultima Colonia – la guerra coloniale in Africa Orientale Tedesca 1914 – 1918; Il Ventennio in Celluloide (in collaborazione con Bruno Pampaloni); Sulla Turchia e l’Europa; L’Olocausto armeno; Storie Segrete della Seconda Guerra Mondiale; Il Movimento panturanico e la ‘Grande Turchia’ e La persecuzione dei cattolici nella Spagna repubblicana 1931-1939, La persecuzione dei cristiani in Cina, La Guerra Civile in Cina 1927-1949, La Guerra Civile Greca 1944-1949, L’America che non fu; L’aviazione Ottomana durante la Prima Guerra Mondiale; Nei cieli e sugli Oceani (storie di aviatori e marinai italiani); L’epopea dei convogli e la guerra nel Mare del Nord (in collaborazione con Gabriele Faggioni); Le operazioni aeronavali nel Mar Ligure 1940-1945 (in collaborazione con Gabriele Faggioni).Attualmente Alberto Rosselli è Direttore responsabile della Rivista bimestrale Storia Verità (www.storiaverita.org).

 

Top