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L’Istituto Carlo Alberto Biggini, con tutti i suo soci e sostenitori, si stringe con affetto al Presidente Gaetano Rasi, partecipando sentitamente al dolore per la perdita dell’adorata moglie Claudia

 

SOCIETA’ LIBERA PRESENTA IL VOLUME

STATO E CRIMINALITA’
Un rapporto non sempre dicotomico
Mercoledi 22 ottobre 2014, ore 18
Senato della Repubblica
Palazzo Giustiniani
Sala Zuccari
Via della Dogana Vecchia, 29
Le Mafie esistono, sono una realtà, una seria realtà, si muovono coerentemente con i
propri criminosi obiettivi, fanno il loro lavoro.
Ma siamo altrettanto certi di poter affermare le stesse cose sul contrasto da parte dello
Stato e delle sue articolazioni periferiche?
Sedici saggi sul ruolo che lo Stato dovrebbe assumere nel contrasto alla criminalità
organizzata, che non vogliono essere di denuncia né di constatazione dell’ovvio, né
ripetitivi di luoghi comuni, ma far ragionare sul fenomeno mafioso, interrogare, avanzare
dubbi, prospettare soluzioni, pungolare gli addetti ai lavori, in un’espressione essere
politicamente scorretti.
IL VOLUME RACCOGLIE I SAGGI DI: Jacopo Armini, Vincenzo Boccia, Antonio Calabrò,
Luigi De Sena, Stefania Fuscagni, Maria Carmela Lanzetta, Marco Marchese, Angela Napoli,
Vincenzo Olita, Riccardo Pedrizzi, Giuseppe Quattrocchi, Franco Roberti, Alfonso Ruffo,
Ernesto U. Savona, Alberto Vannucci, Luigi Varratta.
L’accesso alla sala è consentito fino al raggiungimento della capienza massima
Vi è l’obbligo di giacca e cravatta
INTRODUCE
Luigi De Sena , già Vicepresidente Commissione bicamerale Antimafia
NE DISCUTONO
Vincenzo Boccia, Presidente Comitato Credito e Finanza di Confindustria
Andrea Marcucci, Presidente Commissione Cultura del Senato
Riccardo Pedrizzi, Consiglio Direttivo di Società Libera
Franco Roberti, Procuratore Nazionale Antimafia
Organizzazione e informazioni:
Società Libera
info@societalibera.org

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Martina Mussolini, V Capo dell’Ordine dell’Aquila Romana, ha riconosciuto a Leone Mazzeo il privilegio araldico del Capo del Littorio. Primo nell’ordine di concessione.

Il Capo del Littorio è un privilegio araldico istituito con Regio Decreto Legge n. 1440 il 12 Ottobre 1933. Prevede che lo stemma araldico di riferimento sia modificato con l’aggiunta di un “capo” raffigurante un fascio littorio d’oro circondato da due rami di quercia e d’alloro, annodati da un nastro dai colori nazionali, il tutto su sfondo rosso (porpora).

Di norma concesso alle Province, ai Comuni, alle Congregazioni di carità e agli Enti parastatali del Regno d’Italia, venne concesso anche ad altri enti riconosciuti e a privati che, per servizi eminenti resi alla Patria ed al Re, ne fossero stati giudicati meritevoli. La concessione era disposta con Decreto Reale, su proposta di S.E. Benito Mussolini nella sua qualità di Capo del Governo, Primo Ministro Segretario di Stato, udito il Commissario del Re presso la Consulta araldica.

Il Capo del Littorio – dal simbolo araldico degli enti statali e parastatali – venne, poi, abrogato nel Regno d’Italia dal Luogotenente Umberto di Savoia, col Decreto Luogotenenziale n. 394 del 10 Dicembre 1944, rimanendo in vigore nel solo territorio della Repubblica Sociale Italiana.

L’Ordine dell’Aquila Romana, soggetto di diritto internazionale, nel 70° anniversario della sua fondazione (2 Marzo 1944-XXII), confermando gli ideali repubblicani d’ispirazione, ha rinnovato l’uso del Capo del Littorio disciplinandone l’uso e riconoscendone l’attribuzione a coloro che, membri dell’Ordine, si siano particolarmente distinti nell’opere e nei servizi resi alla Patria durante la loro vita.

Il primo decreto di concessione è stato riservato a uno dei più alti dignitari dell’Ordine dell’Aquila Romana: Leone Mazzeo-Gambarelli e ai suoi legittimi eredi. La famiglia Mazzeo, infatti, ha servito la Patria da generazioni, distinguendosi nel sacrificio silenzioso in nome di alti ideali nazionali.

Il nonno fu combattente in Libia (1911-1912), partecipò alla Grande guerra (1915-1918), alla
Marcia su Roma con le unità di Cavalleria di Giuseppe Caradonna e, nel Ventennio, fu Podestà. Durante l’occupazione angloamericana della nostra Nazione fu imprigionato nel Campo di concentramento “371 P.W. Camp” di Padula.

Il padre fu tre volte Volontario di Guerra: in Africa Orientale (1935-36), in
Africa settentrionale (1940-42) e nella R.S.I. (1943-45). Per la sua qualifica di combattente volontario credente nei destini della Patria fu anche condannato a morte da un improvvisato Comitato di Liberazione Nazionale. Nel dopoguerra, rivestì la carica di Segretario Provinciale dell’Unione Nazionale Combattenti della RSI.

La madre, invece, fu Ausiliaria della Brigata Nera “Cortesi” di Bergamo e, nel dopoguerra, fu
tenuta prigioniera nel Carcere di S. Agata di Bergamo, fino a Marzo del 1947, con l’accusa di aver “troppo amato” la Patria.

Leone Mazzeo-Gambarelli non è stato di certo meno valoroso dei sui ascendenti, tanto che il suo impegno pubblico, in Italia come all’estero, in difesa dei valori della Tradizione e della Patria non si può certamente riassumere in poche righe. Così come numerosi sono stati i riconoscimenti nazionali ed internazionali “conquistati sul campo”.

Sebbene la “dittatura anagrafica” gli ha imposto solo il privilegio di vestire i panni di Figlio della Lupa, già nel 1956 Leone Mazzeo era Segretario provinciale giovanile del Movimento Sociale Italiano e, successivamente, Presidente provinciale della Giovane Italia. Nel 1958 la sua adesione al Centro Studi “Ordine Nuovo” come attivo militante, tanto da essere investito, già nel 1960, della Presidenza provinciale.

La militanza con Ordine Nuovo si interruppe tra il 1964 e il 1966 quando fu Volontario e combattente anti-comunista in Africa equatoriale (Congo belga), con la
Brigata “Vanderwalle”, dapprima con il grado di Luitenant (Tenente) ed in seguito, per atti di valore sul campo, Kapitein (Capitano).

Tornato in Italia, nel 1969 sarà con Lello Graziani, Roberto Besutti ed Elio Massagrande tra i fondatori del Movimento Politico “Ordine Nuovo”. La sua militanza in questo movimento sarà il motivo scatenante del ciclone giudiziario che, fin dal 1973 lo vedrà coinvolto per lunghi anni, fino alla sua completa riabilitazione morale.

Più recentemente, Leone Mazzeo si è distinto per l’opera profusa nell’Ordine dell’Aquila Romana di cui è uno dei più importanti esponenti, conosciuto e stimato anche all’estero.

casoratiGrande e commossa partecipazione, sabato scorso, al funerale di Dario Casorati. Oltre a parenti, amici del rugby e dell’hockey, vicini di casa e gente del quartiere, erano presenti una trentina di fieri paracadutisti con il loro basco amaranto, altrettanti ex militanti della Giovane Italia del Movimento Sociale Italiano, delegazioni ufficiali della gloriosa ANAI (Associazione Nazionale Arditi d’Italia) e dell’Ordine dell’Aquila Romana, rappresentanti del sindacato nazionale UGL (Unione Generale del Lavoro) e tanti camerati di generazioni diverse.

Il feretro era circondato da tre bandiere tricolori (una nazionale, una storica della Repubblica Sociale Italiana ed una dei Parà del Secondo Plotone Avvoltoi) e dallo storico labaro della Federazione milanese del MSI.

Il conte Alessandro Romei Longhena, estremamente commosso per la dipartita dell’amico di una vita e camerata di tante battaglie, ha letto la preghiera dei paracadutisti, lanciato il saluto della Folgore e chiamato il Presente.

Sono intervenuti esponenti politici di Fratelli d’Italia, della Lega Nord, di Progetto Nazionale, di Patria Sociale e Attilio Carelli, segretario nazionale della Fiamma Tricolore, movimento al quale Dario Casorati era orgogliosamente iscritto.

Dopo la cerimonia religiosa ed i saluti militari, i camerati hanno dato l’estremo saluto a Dario, come voleva lui, con un brindisi, con gli occhi lucidi ed il sorriso sulle labbra, nella certezza che continuerà a marciare in spirito al loro (nostro) fianco, come recita una vecchia canzone che amava sempre cantare.

Gli Stati Uniti d’America sono l’unico Paese occidentale ad essere passato da uno stato di barbarie ad uno di decadenza senza essersi fermato neanche per un giorno in quello della civiltà. (G. Bernard Shaw)

Venerdì 12 settembre di quest’anno, nei programmi televisivi RAI/STORIA, ma dal sottoscritto definita RAI/BUFALA, ha mandato in onda un programma sui bombardamenti tedeschi su Londra, lasciando intendere e avvalorando la favola secondo la quale sarebbe stato Hitler a scatenare il terrore sulle città inglesi. La verità è completamente diversa. A prescindere da quanto ha scritto lo storico americano George N. Crocker (Lo Stalinista Roosevelt, pag. 210):<Lo stesso Hitler aveva fatto sinceramente di tutto onde raggiungere con l’Inghilterra un accordo per limitare l’offesa aerea alle zone di operazione>

Già nel 1993 ebbi uno scambio epistolare con Indro Montanelli che sosteneva che fu Hitlera scatenare i propri bombardieri su Londra e che gli inglesi nel periodo bellico e pre-bellico “non avevano neanche gli occhi per piangere”. Scrissi ricordando al grande giornalista che 45 milioni di inglesi che stavano governando su 600 milioni di sudditi, un popolo che da almeno mille anni non ha lasciato una sola propria generazione senza lanciarla in imprese di dominazione e sfruttamento, rimasti solo con le lacrime? Accennai ai mostri volanti ideati per trasportare tonnellate di bombe: i Lancaster e Halifax, erano apparecchi che potevano raggiungere il cuore dell’Europa e la progettazione e messa in opera richiedevano anni di lavoro. I tedeschi, di contro, disponevano di piccoli bombardieri concepiti come apparecchi di appoggio in campo di battaglia, E vediamo ora il “non avere neanche le lacrime”. Lo stesso Churchill nella sua Storia della 2° G:M:, 1 Volume, pag 515: <Se l’industria aeronautica, come è organizzata al presente, con il lavoro di 360mila uomini può produrre quasi 1000 apparecchi a mese, mi sembra strano che…>. 1.000 apparecchi al mese ed eravamo solo al 18 settembre 1939… Altro che lacrime amare, quelle erano lacrime armate.

Prima di entrare direttamente nell’argomento bombardamento di obiettivi civili, voglio ricordare che all’entrata in guerra dell’Italia, Mussolini dette l’ordine di non gettare alcuna bomba sulla Francia e che gli anglo-francesi (due dei tre della triade infame) per primi bombardarono, due o tre giorni dopo l’entrata in guerra, Genova, Milano e Torino, causando solo in quest’ultima città 14 morti e 39 feriti, tutti scrupolosamente civili.

A testimonianza che Churchill inviò bombardieri della Raf con l’ordine di colpire centri abitati in Germania, allo scopo di provocare la reazione tedesca e colpire a loro volta Oxford, Coventry, Canterbury e questo per smuovere l’opinione pubblica americana così da coinvolgere gli Usa nel conflitto. Dato che inizialmente i tedeschi non reagirono, a conferma di quanto scritto, propongo La testimonianza di Charles De Gaulle il quale in quei momenti era ospite dello statista britannico, ebbene, De Gaulle nelle sue Memoires descrive così lo stato d’animo di Churchill:<Mi par ancora di vederlo, al Chequers, un giorno d’agosto: alzava i pugni verso il cielo e sibillava: “Non vengono quei maledett!” Ma ha tanta fretta – gli chiesi – di vedere le sue città ridotte in macerie? “Vede – mi spiegò – “se bombardassero Oxford, Coventry e Canterbury, una e ondata di indignazione si solleverebbe negli Stati Uniti, che l’America entrerebbe in guerra!>. E ancora George N. Crocker, opera sopra citata a pag. 209: <…fu soltanto la decisione presa a freddo dal ministro dell’aviazione britannica l’11 maggio 1940, non la crudeltà di Hitler, a scatenare la cosiddetta guerra totale>. Ecco alcuni bollettini di guerra tedeschi, i quali con un certo imbarazzo dovevano ammettere: 24 maggio 1940: <…anche la notte scorsa il nemico ha rinnovato (!) i bombardamenti a caso su obiettivi non militari nella Germania dell’Ovest e del Sud-Ovest>. 22 giugno: <Aeroplani nemici che hanno compiuto incursioni aeree sulla Germania settentrionale e occidentale attaccando per la prima volta i dintorni di Berlino…>. Così il 29 giugno e di seguito. Ho vissuto e lavorato per molti anni in Oceania e proprio in quei Paesi ho avuto modo di conoscere il carattere inglese. E almeno in quegli anni ho conosciuto lo sciovinismo sfrenato, si inventavano fatti che si tramandavano tante volte che alla fine credevano che fossero realmente avvenuti. Il brutto è che li hanno fatti credere anche a noi!

E veniamo alla storia (le bufale) raccontate dalla Rai (e noi paghiamo il canone!). Nella citata trasmissione perché gli storici (così sono chiamati i competenti organizzatori delle trasmissioni) non hanno citato cosa era la teoria del moral bomber, o cosa intendeva esattamente scrivere W. Churchill nel libro The last Lion, pag 313: <…è chiaro che l’obiettivo sarà il centro residenziale>.. Oppure perché il maresciallo in capo bombardieri sir Athur Harris veniva nominato dai suoi subalterni The Butcher (Il macellaio); forse perché la sua teoria guerriera prevedeva che gli obiettivi preminenti erano le popolazioni civili, anziché quelli militari; cosicché <con massicci bombardamenti al cuore del territorio nemico avrebbero ridotto in rovina le città, la sua gente alla disperazione e il Governo alla capitolazione>? E non è quello che realmente è accaduto? E non è ancora oggi la stessa strategia della triade infame?

Dobbiamo dare atto che essi sono stati abilissimi nell’imbonire l’opinione pubblica mondiale, trasformando le loro azioni di predoni in azioni tese a portare pace, benessere e libertà, nascondendo con stupefacente destrezza i reali motivi delle loro cento e cento guerre di aggressioni.

Indro Montanelli – e ne debbo dar atto – pubblicò per intero il mio intervento. Per la verità alla fine mi rimproverò per la lunghezza della lettera terminando con queste parole: <Io capisco benissimo che si possa non amare gli inglesi, ma non capisco come si possa non ammirarli…>. Purtroppo non posso più attendere una risposta dal grande giornalista, vorrei, infatti scrivergli che gli inglesi li ammiro per il carattere da loro dimostrato e proprio per questa loro caratteristica non comprendo che rapporto ci possa essere con l’amare la libertà.

Per concludere: i liberatori erano tanto liberatori che liberarono anche i morti dalle loro tombe; quel 19 luglio 1943, quando i liberatori bombardarono Roma riuscirono anche a far cadere delle bombe, chiamate intelligenti, colpendo il cimitero Verano. Una di queste bombe, sempre intelligente, ma da me ritenuta geniale, centrò la mia tomba di famiglia gettando fuori, quindi liberandoli tutti i morti lì rinchiusi.

In conclusione: è mio giudizio che la Storia del XX Secolo non sia da RI-SCRIVERE, ma da SCRIVERE, perché quella propinata da 80 anni è una fucina di falsità. Ne è prova RAI/BUFALA.

Il perché di tante falsità è intuibile. L’ho scritto tante volte.

Storia ed analisi del declino del sistema economico nazionale
2008-2013: La crisi, l’euro
e il disastro economico italiano
di Gian Piero Joime*

SOMMARIO
1. I segnali del declino.
2. La crisi del modello industriale italiano.
3. L’euro e la cessione della sovranità economica.
4. La finanza e la strategia del debito.
5. Che fare ?
* Gian Piero Joime (1960) è docente universitario di Economia dell’Ambiente e del Territorio presso l’Università Guglielmo Marconi di Roma. E’ Consigliere direttivo e membro di Giunta di ISES ITALIA, la principale associazione tecnico-scientifica no-profit per la promozione delle Fonti Energetiche Rinnovabili. Si è laureato nel 1984 in Scienze Politiche all’Università Luiss Guido Carli di Roma per poi specializzarsi in economia con il professor Giorgio Fuà presso l’Istituto Adriano Olivetti di Ancona. Ha svolto attività di docenza in discipline economiche per diverse business school italiane ed internazionali. Dal 1986 è stato amministratore e consigliere d’amministrazione di varie imprese italiane ed estere, ed ha ricoperto e ricopre incarichi presso diverse istituzioni pubbliche e fondazioni. Collabora con il CESI. E’ autore di diversi saggi e ricerche di economia, di politica ambientale, di marketing.

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casalinidi Pietro Cappellari

Il 12 Settembre 1924 veniva assassinato a revolverate, davanti agli occhi della piccola figlia, il Deputato fascista Armando Casalini. A colpire, un comunista che agì per “rappresaglia” all’omicidio di Giacomo Matteotti, avvenuto due mesi prima. Se Matteotti, sulla cui figura molto vi è da dire, è assurto a “martire” e non mancano città che – ormai con indifferenza – hanno vie e piazze dedicate in suo onore, Casalini è stato seppellito da una damnatio memoriae che non ha lasciato margini al dibattito storico per approfondire quello che realmente avvenne in quegli anni, quando prendeva forma il Regime fascista e naufragavano nel fallimento più completo le puerili azioni degli antifascisti.
La figura di Armando Casalini è centrale per comprendere il consenso che Mussolini – e con esso tutto il fascismo – macinò a partire dal 1921. Un consenso che lo portò dapprima al potere e, poi, gli permise di costruire un Regime ventennale.
Casalini fu un conterraneo del Duce. Nato nel Giugno 1883 a Forlì – il mese prima di Mussolini e a pochi chilometri da Predappio –, si distinse come attivo militante repubblicano e fu uno dei protagonisti della Settimana Rossa del Giugno 1914.
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, i suoi forti convincimenti patriottici lo portarono ad arruolarsi Volontario, sebbene una grave malformazione alla vista gli avrebbe garantito una facile e gratuita riforma. Nel 1916, affiliato alla massoneria, fu nominato Segretario Nazionale del Partito Repubblicano Italiano che guiderà fino all’Aprile del 1920.
Casalini rappresentò la voce dei repubblicani italiani durante la Grande Guerra, quei militanti politici che più di tutti si erano distinti per l’attivismo intransigente durante le battaglie per l’intervento nell’immane conflitto e che, chiaro esempio di indiscusse virtù patriottiche, erano accorsi sotto le bandiere del volontarismo di guerra su tutti i fronti, pagando un grande tributo di sangue per la grandezza e la gloria della Patria. Il dopoguerra, però, portò nuovi scenari e l’avanzata del socialismo bolscevizzante sembrò sommergere la Nazione italiana nel disordine, nella guerra civile scatenata dai “rossi” nell’attesa della prossima rivoluzione proletaria. Davanti a questo cupo scenario di morte e terrore, Casalini ruppe con il Partito Repubblicano che stentava a trovare una collocazione, immobilizzato dai conflitti che opponevano tra loro le fazioni interne democratiche, nazionali e socialistizzanti. Da sempre vicino ai Fasci Italiani di Combattimento, abbandonò il PRI e fondò l’Unione Mazziniana Italiana che raccolse sotto le sue bandiere i numerosi repubblicani schierati su posizioni nazionali che vedevano nel movimento di Mussolini una barriera al comunismo e il portatore di una vera rivoluzione sociale.
Nel 1924, Casalini – assunto l’incarico di Vicesegretario della Confederazione dei Sindacati fascisti – fu inserito nel Listone approntato per le elezioni politiche che vedranno trionfare – oltre i più rosei pronostici – il movimento fascista in tutta Italia. Eletto Deputato nella Circoscrizione della Lombardia, portò i suoi ideali e la sua indiscussa moralità in Parlamento.
Il 12 Settembre 1924, mentre era in tram con la piccola figlioletta, venne colpito a revolverate dal comunista Giovanni Corvi. I colpi sparati alla nuca, nella classica azione che contraddistinguerà i futuri GAP, non lasciò scampo al Deputato fascista che spirò tra le braccia della terrorizzata bambina. Ai suoi funerali partecipò il Capo del Governo Benito Mussolini che ordinò a tutti gli squadristi di non effettuare rappresaglie contro i mandanti morali del vile assassinio. La tomba – situata nel Verano di Roma – sarà profanata dai comunisti dopo la caduta del Fascismo.
In occasione del novantennale della morte di Armando Casalini, i Reparti “Pierino Maruffa” di Nettunia e “Bruno Grilli” di Perugia dell’Associazione Nazionale Arditi d’Italia – guidati dai Comandanti Bruno Sacchi e Claudio Pitti – hanno provveduto alla pulizia della tomba monumentale e portato un fascio di fiori tricolori alla memoria del caduto.
L’Ordine dell’Aquila Romana ha annunciato che scriverà al Presidente della Camera dei Deputati per chiedere l’intitolazione di un’aula del Parlamento alla memoria dell’Onorevole assassinato; e interpellerà il Sindaco di Forlì perché nella piazza centrale della città sia costruito un monumento a perenne ricordo dell’illustre cittadino.

Una nuova politica economica per un ruolo in politica estera
Questo numero del bollettino CESI è interamente dedicato ad approfondire i contenuti di quella che in Italia ed in Europa è, in questa fase storica, la mancanza di una coerente politica economica, in grado di superare l’attuale crisi del continente e a creare i presupposti per il suo futuro sviluppo. Non c’è dubbio che vi sia, come al solito nella storia, un forte naturale collegamento tra la debolezza nel governo del sistema economico e la mancanza di una autorevole politica estera. La questione apparirà sempre più cruciale nell’immediato futuro in relazione alla evoluzione della crisi ucraino-russa, di quella siriana-irachena e del caos che attanaglia in Libia sia la Tripolitania che la Cirenaica. Quest’ultime aree particolarmente importanti per l’Italia.
L’Europa avrebbe potenzialmente, in sé stessa, la capacità di essere un forte motore economico nei confronti dello sviluppo civile, sociale ed economico delle aree che vanno dal Medio Oriente a tutta l’Africa. A tal fine si rende perciò necessaria che essa riprenda la sua autonomia in politica estera nei confronti di quegli Stati Uniti che sono in evidente preda ad incertezze rispetto al ruolo che avevano assunto nel mondo dopo la Seconda guerra mondiale.
Di qui si rende necessaria una revisione del rapporto tra UE e NATO. Tuttavia il potenziale economico per riacquistare autonomia, sia nelle scelte che nell’azione equilibratrice nei confronti della Russia e del mondo arabo-islamico deve essere raggiunto puntando sull’economia reale e non su quella finanziaria.
Il concetto stesso di “economia reale”va approfondito perché tale termine nel XXI secolo deve far riferimento a due elementi irreversibili: l’accelerata e continua trasformazione delle tecniche innovative riguardanti i processi produttivi e i nuovi prodotti e la forte mobilità mondiale di persone, merci e capitali.
Il CESI, dopo aver denunciato nel numero precedente de Il Sestante la mancanza di una vera politica economica, in questo numero completa l’analisi con i tre interventi che sono qui sotto indicati nel sommario. Naturalmente è implicito in questi studi l’invito ad una ripresa politica unitaria, identitaria ed autonoma di quanti, avendo alle spalle presupposti dottrinari ed esperienze valide per il futuro, possono essere in grado, se lo vogliono, di costruire un nuovo originale progetto politico ed indicare adeguate strategie risolutorie per l’Italia e per l’Europa. (g.r.)

SOMMARIO

- Contro i danni del sistema politico vigente solo proposte contraddittorie di chi governa
E’ l’ora della coerenza da parte di una opposizione di alternativa. di Gaetano Rasi

- Il “modello tedesco”
Quando “flessibilita’” e “codecisione” vanno insieme. di Mario Bozzi Sentieri

- Non è sufficiente finanziare il sistema bancario per superare la crisi
Lo shock targato BCE. Quali gli effetti sull’economia reale? di Enea Franza

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