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Crisi dell’europeismo per l’assenza di politiche adeguate
Le elezioni europee del 25 maggio sono viste in Italia molto più come un’indicazione degli indirizzi degli elettori circa la situazione interna (il futuro delle forze politiche rappresentate ora in Parlamento) che come l’orientamento e quindi il peso che dovrà avere il nostro Paese nei confronti dell’Unione Europea.
Si tratta di un fatto inevitabile se si considera che i maggiori esponenti politici attuali in Italia – Berlusconi, Grillo e Renzi – non siedono in Parlamento e quindi dall’esito delle elezioni si pensa di individuare solo quale potrà essere la durata della legislatura e quale sarà la politica del Governo italiano in questo periodo di crisi continuata. Ma tutto ciò è in contrasto con gli interessi del nostro Paese legato inevitabilmente al destino dell’Europa. Si deve infatti avere la consapevolezza che della crisi non possono essere imputate le singole nazioni del continente, non solo perché essa è nata negli Stati Uniti e da essi si è poi propagata, ma perché il vertice della UE ha dimostrato tutta la sua insufficienza ad affrontarla.
In una dell’ultime indagini dell’Eurobarometro, la percentuale degli europei che non ripone fiducia nel Parlamento supera di 8 punti quella di parere opposto; si tratta di una vera inversione di tendenza se si pensa che qualche anno fa i fiduciosi nel Parlamento europeo erano il 30% in più dei suoi detrattori.
L’impotenza dell’Europa ha prodotto tre conseguenze negative: pericolose fratture all’interno dell’Unione; una perdita di peso nella politica intercontinentale; dubbi sulla sopravvivenza della moneta unica. A tal proposito Joseph Stiglitz, Nobel per l’economia, ha recentemente accusato la classe politica di Bruxelles di non aver «avuto il coraggio di costruire le istituzioni necessarie» e che «non basta una mera unione monetaria».
Infatti non sono state create una legislazione fiscale ed industriale comune, non è stata introdotta una politica rivolta a comuni infrastrutture; la BCE non è una banca centrale dotata di quei poteri istituzionali che dovrebbe avere: prima di tutto quello di emettere moneta a seconda dei bisogni anti-deflazionistici di ciascun Stato, mentre al contrario è stato ratificato un Patto di Stabilità che pone vincoli alle spese per i necessari lavori pubblici e l’ammodernamento delle reti infrastrutturali. È prevalso il finanziamento solo tramite il sistema bancario il quale ha preferito la speculazione finanziaria sugli impieghi nell’economia reale.
Il nuovo Parlamento europeo, che avrà un suo rappresentante nella Commissione Europea, deve accelerare l’acquisizione di poteri tali da legiferare programmaticamente e impegnativamente a favore della politica e dell’economia dell’intero continente. Le accuse all’Italia per il suo debito pubblico sono pretestuose. Le potenzialità del nostro Paese per ridurlo sono reali purché non ci si limiti a politiche di contorno (magari a danno del lavoro) e a tassazioni deprimenti (a danno delle famiglie e delle imprese) ma invece ci si rivolga ai necessari grandi lavori pubblici per creare efficienze esterne per le imprese, occupazione diffusa e adeguati redditi per il riavvio della domanda aggregata (consumi e nuovi investimenti) (g.r.).

SOMMARIO DI QUESTO NUMERO

- Le elezioni europee del 25 maggio. L’Europa? Prima un’entità politica, poi economica di Agostino Scaramuzzino

- Le alte remunerazioni dei vertici aziendali troppo spesso non sono legate all’efficienza produttiva. Gli stipendi dei top manager come nuova frontiera della “questione sociale” di Mario Bozzi Sentieri

- A proposito di una classe politica irresponsabile e incapace. Marò inappuntabili, Governo vergognoso di Innocenzo Cruciani

- Responsabilità politica e competenza realizzativa. L’inefficienza legislativa del bicameralismo paritario di Alessio Brignone

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Morro Reatino, piccolo paese abbarbicato sulle montagne a Nord di Rieti, aveva vissuto tranquillamente quell’ennesimo inverno di guerra 1943-1944. Uniche novità di rilievo, la sempre più frequente presenza di partigiani che qui avevano trovato un tranquillo rifugio. Proprio a queste presenze sono da ricollegarsi alcune violenze (essenzialmente minacce, qualche aggressione e – ovviamente – furti) che videro come vittime alcuni cittadini, ben lontani dal compromettersi con il Partito Fascista Repubblicano, sia chiaro. Tutto, sembrava limitarsi a dissapori personali, odi paesani e, naturalmente, alle “necessità” della guerriglia partigiana (che ben pochi ribelli facevano).

Nulla fece presagire l’uragano di violenza che si scatenò durante il rastrellamento italo-tedesco del 31 Marzo – e dei giorni seguenti – che misero fine alla guerriglia in queste zone (senza, per altro, che si verificassero scontri!).

Proprio durante questo rastrellamento avvenne un primo episodio che si prestò al plagio della vulgata antifascista e anti-italiana. Tra le molte vittime dell’operazione di controguerriglia italo-tedesca si ritrovò il corpo di Pietro Giuseppe Di Lorenzo che, logicamente, venne inserito tra i “caduti della Resistenza”, sebbene mai nulla avesse avuto a condividere con il movimento di guerriglia. Ma, al tempo, serviva inventarsi “martiri della libertà” e perciò nessuno obiettò nulla, così come nessun “ribelle patentato” disse che ad uccidere il povero Di Lorenzo era stato un Commando partigiano che lo aveva indicato – falsamente – come una “spia”.

E’ questo il clima che generò la spedizione punitiva di un gruppo di guerriglieri comunisti nella notte tra il 18 e il 19 Maggio 1944, quando Morro Reatino fu sconvolto da una “legittima azione di guerra” condotta, però, contro civili innocenti, cui nulla era imputabile. Le vittime, alla fine, saranno solo quattro perché il Commando indugiò troppo a lungo nel consuetudinario “prelievo proletario” nelle case di poveri contadini locali. Essendosi fatto troppo tardi, ci si accontentò di solo quattro sventurati che vennero portati in montagna e dopo atroci torture, amputazioni di genitali ed enucleazione delle orbite vennero finiti a colpi di pietre sul capo. Questi i loro nomi: Mario Sansoni, Antonio Molinari, Romeo Pellegrino e Pietro Palenca.

Scrisse, nel primo dopoguerra, l’antifascista Giuseppe De Mori: “Il corpo di Romeo Pellegrino mostrava gli occhi strappati, la lingua mozzata e il corpo sfregiato. La salma di Pietro Palenca presentava ventidue pugnalate e altrettanto seviziati apparivano i cadaveri degli altri due disgraziati. La popolazione, convinta che in tanta efferatezza non ci fosse stato un vero movente politico, era costretta a soffrire tutto in silenzio per timore del peggio”.

La strage ebbe un triste epilogo qualche settimana dopo, quando morì Don Mariano Labella: durante la “legittima azione di guerra” dei partigiani era stato brutalmente malmenato e lasciato sanguinante a terra, nei pressi della chiesa parrocchiale. Dal pestaggio non si era più ripreso.

Il Comitato Pro 70° Anniversario della RSI in Provincia di Rieti ha chiesto al Sindaco di Morro Reatino che nella piazza principale del paese, al fianco di quella che ricorda le vittime del rastrellamento italo-tedesco, sia affissa una lapide che ricordi anche le sei vittime innocenti dell’odio antifascista.

«Dopo 70 anni – ha dichiarato il Dott. Pietro Cappellari, Responsabile culturale del Comitato Pro 70° Anniversario della RSI in Provincia di Rieti – è legittima una riflessione su quanto avvenuto nella nostra provincia durante la guerra civile scatenata dai partigiani. Ancor oggi, troppi politici o politicizzati ci parlano di una Resistenza “immaginaria” fatta di democrazia e “libertà”, anche se, quando osserviamo queste “legittime azioni di guerra” noi non possiamo non rimanere più che perplessi davanti alla politicizzazione di fatti che nulla hanno a che fare con la democrazia e la tanto sbandierata “libertà”. Pensare di cancellare certe pagine di storia, così come tacere sul vero volto della guerriglia comunista, è un’operazione che non condividiamo. Per amore davanti alla giustizia. Quando i nostri “cattivi maestri” vanno nelle scuole a parlare di lotta partigiana, di democrazia e di “libertà”, hanno mai detto che cosa fu la guerriglia? Hanno avuto mai il coraggio di parlare delle stragi partigiane? Hanno parlato anche del comunismo? Hanno ricordato le vittime innocenti dell’odio antifascista di Morro Reatino? La risposta a queste domande, dia la misura della loro moralità. Dal punto di vista storico, quello che più ci interessa, l’eccidio di Morro Reatino presenta ancora molti lati oscuri. Fermo restando che le cronache giudiziarie hanno escluso chiaramente e senza timore di smentita che le vittime dell’odio partigiano fossero delle “spie”, ancor oggi non si conoscono i nomi di tutti coloro che parteciparono a questa “legittima azione di guerra”. Ma non solo. La strage comunista richiama direttamente anche la misteriosa scomparsa del Comandante partigiano Mario Lupo (cancellato dal PCI dai libri di storia, nonostante fosse stato il migliore capo guerrigliero di tutto il Reatino). Proprio durante il processo agli autori dell’eccidio di Morro, infatti, venne fuori la storia che Mario Lupo fu ucciso dai comunisti che mal tolleravano la sua indipendenza, scottati anche dal fatto che il famoso e carismatico Comandante partigiano si era opposto a una spedizione punitiva contro le “spie” di Morro, perché sapeva che in paese non vi erano collaboratori dei fascisti. Disse chiaramente che fino a che fosse stato vivo lui, certe cose non sarebbero mai avvenute. Appunto».

 

Claudio Cantelmo

Ufficio Stampa

Comitato Pro 70° Anniversario

della RSI in Provincia di Rieti

 Il lettore ci perdonerà il titolo che alcuni potrebbero interpretare come una provocazione. Non ci troviamo davanti a una Madonna “politica”, come sono la Madonna del manganello di Vibo Valentia, la Madonnina dei Martiri Fascisti di Girifalco o la Madonna del Fascio di Predappio. Vogliamo parlare di un fenomeno che si verificò nel Maggio 1944, in un piccolo paese della provincia di Bergamo, più precisamente nella sottofrazione di Torchio di Ghiaie, nel Comune di Bonate Sopra, del quale poco o nulla si conosce. Nel pomeriggio del 13 Maggio 1944, proprio nel XXVII anniversario dell’apparizione della Madonna di Fatima, la Sacra Famiglia apparve a una bambina del luogo, tale Adelaide Roncalli, di 7 anni. Fu l’inizio di una serie di eventi eccezionali, distinti in due cicli di apparizioni: il primo dal 13 al 21 Maggio e il secondo dal 28 al 31 Maggio, per un totale di tredici fenomeni in cui alla piccola si presentarono la Sacra Famiglia o la Beata Vergine Maria, una volta accompagnata da due Santi, altre da Angeli.

La notizia della manifestazione ad Adelaide si sparse in un baleno e decine di migliaia di persone si riversarono su Ghiaie, chi per curiosità, chi per fede, chi in cerca di un miracolo. All’ultima apparizione, si stima, parteciparono circa 90.000 persone. Questo “movimento” provocò allarme tra le Autorità della RSI che riuscirono sempre a far fronte alla situazione di emergenza, anche grazie all’ausilio di decine di Agenti della Polizia Repubblicana e Militi della GNR che assicurarono l’ordine pubblico e l’assistenza ai pellegrini durante queste manifestazioni.

All’ultima apparizione assistette anche il Prof. Ferdinando Cazzamalli, medico e parapsicologo, membro della Società Italiana di Metapsichica. Arrestato dai Germanici per sospetto favoreggiamento della guerriglia, fu scarcerato il 30 Maggio “per mancanza di prove” – più precisamente per effetto del “bando di perdono” del Duce – e subito raggiunse Ghiaie per studiare il fenomeno.

Qui siamo costretti a fermare il racconto per non addentrarci in ardite interpretazioni esoteriche o in speculazioni politiche tipiche della vulgata antifascista e anti-italiana che ha voluto manipolare anche questi episodi. Secondo alcuni, infatti, le Autorità della RSI cercarono di far pressioni sul Vescovo di Bergamo Adriano Bernareggi per far finire le manifestazioni di Ghiaie, in quanto considerate antifasciste. Questo perché, durante la terza apparizione, quella del 15 Maggio 1944, la Madonna avrebbe detto alla piccola che la guerra sarebbe finita entro due mesi se «gli uomini faranno penitenza». Tutto qui. Non capiamo quale sia il “messaggio antifascista” contenuto in tale annuncio, che si differenzia molto da quello chiaramente antibolscevico di Fatima, a cui molti collegano la Madonna di Ghiaie. Durante le apparizioni non vi fu nessun messaggio politico. In molti, invece, ricordano lo spiegamento di forze della RSI in servizio d’ordine pubblico e di assistenza ai pellegrini; i messaggi mariani annunciati alla folla da un Vicebrigadiere delle Camicie Nere. Ancor oggi, come ha ricordato Fabio Corsaro – uno dei più importanti studiosi del fenomeno – in alcuni paesi della Bergamasca, la Madonna delle Ghiaie – più volte descritta in abiti tricolori – è detta la “Madonna dei repubblichini”…

Nel Maggio 1944, sul luogo delle apparizioni, venne eretta una cappella che rimase inviolata per tutta la RSI. Sarà “smantellata” dalla Curia – rimuovendo gli ex-voto e ogni riferimento alle apparizioni – nel 1948…

Comunque sia, tutte le “accuse politiche” hanno il chiaro sapore della speculazione. Si pensi solo che alcuni sostengono – senza esibire nessun documento, ma solo testimonianze di seconda mano – che addirittura Hitler si interessò del caso, arrivando a minacciare – con le SS, naturalmente! – la distruzione della città di Bergamo in caso fossero perdurate le manifestazioni. Non solo. Si parlò anche di progetti di deportazione, nei campi di “sterminio”, naturalmente! Dulcis in fundo, si è parlato anche di una “ispezione corporale” subita dalla bambina il 5 Luglio 1944. Un’ispezione che viene definita da un cronista come “visita ginecologica nazista”! Don Cortesi e il Prof. Cazzamalli – che qualcuno ha voluto dipingere come gli “uomini neri” di questa storia e, quindi, “intimamente fascisti” – erano, in realtà, ben lontani da simpatie per Mussolini, almeno nel 1944. Tanto è vero che il noto Professore fu arrestato per favoreggiamento della guerriglia – farà 23 giorni di carcere! – e il Sacerdote sarà riconosciuto, nel dopoguerra, come Patriota del Corpo Volontari della Libertà!

Si aggiunga, poi, il fatto, su cui tutti sorvolano, che la famiglia Roncalli non era antifascista. Il fratello di Adelaide, tale Luigi, aveva aderito alla RSI e prestava servizio nelle Forze Armate Repubblicane… Alcuni lo indicano come “richiamato”, anche se la data di nascita – 30 Luglio 1926 – non lo inserisce tra i “richiamati” ma, bensì, tra i Volontari!

Come spesso capita in questi casi, Adelaide Roncalli fu sottoposta dalle Autorità ecclesiastiche a una serie di pressioni e violenze psicologiche che la indussero, nel Settembre 1945, anche a una momentanea ritrattazione, poco dopo sconfessata per riconfermare l’autenticità delle manifestazioni. Fu così che il culto della Madonna di Ghiaie fu proibito, secondo le leggi canoniche.

Tuttavia, il 7 Aprile 1949, Pio XII volle incontrare Adelaide e, durante questo incontro, la bambina mise al corrente il Santo Padre del segreto che la Madonna le aveva affidato nell’apparizione del 17 Maggio 1944. Nessuno sa cosa i due si dissero, ma oggi le apparizioni sono considerate da chi vi crede come “l’epilogo di Fatima”.

Sta di fatto che il messaggio antiabortista e antidivorzista delle apparizioni di Ghiaie risulta del tutto indigesto a molti. Il possibile “richiamo a Fatima”, inteso come denuncia dell’apostasia interna alla Chiesa dopo il Concilio Vaticano II, non può che impensierire le “alte gerarchie”. Non è un caso che Papa Giovanni XXIII – colui che indisse il Concilio Vaticano II – consigliò ad Adelaide di non parlare più, “per non creare ulteriore disordine sul contenuto dei messaggi”…

Adelaide, che era entrata in convento nel Settembre 1951, fu costretta alla svestizione e a ritornare a vita civile nel Dicembre 1953. Le venne imposto così anche il silenzio, a cui lei si sottomise. Un silenzio che ancora avvolge questa storia sulla quale non pochi avvoltoi politicizzati hanno cercato di banchettare. Abusivamente.

 

Pietro Cappellari

 

Per approfondimenti:

P. Cappellari, La Fatima della RSI. Maggio 1944: le apparizione mariane di Ghiaie di Bonate, tra speculazione politica e realtà storica, Fondazione della RSI – Delegazione di Mantova, Mantova 2011

Sostenete la presenza delle nostre gloriose associazioni combattentistiche e d’arma (Associazione Nazionale Arditi d’Italia – ANAI, Unione Nazionale Combattenti della Repubblica Sociale Italiana – UNCRSI, Associazione Combattenti Decima Flottiglia Mas del Comandante M.O. Principe Junio Valerio Borghese – XMAS) alla edizione 2014 di Militalia a Novegro (Segrate, Milano): servono soprattutto Volontari sabato e domenica 17 e 18 maggio, dalle ore 9.00 alle ore 19.00.

Informazioni: Capitano Francesco LAURI
franz2061@yahoo.it – 335.434440

Domenica 18 Maggio – Ore 9.00

Seminario Vescovile

Intervengono:
Dott. Tommaso Scandroglio
Docente in Etica e bioetica e filosofia del diritto, Università Europea di Roma
“Il pensiero cristiano difronte alla Teoria del gender”

Prof. Matteo D’Amico
Docente di Filosofia AESPI
“La scuola e la Teoria del gender: libertà di pensiero e di educazione?

Dott.ssa Chiara Atzori
Medico in Malattie Infettive, Ospedale Luigi Sacco di Milano
“La differenza sessuale è una questione solo culturale?
Il punto di vista della scienza”

Prof. Luca Galantini
Docente di Storia del diritto moderno, Università Europea di Roma
“Le istituzioni internazionali ridefiniscono la differenza sessuale,
la famiglia e i diritti dell’uomo”

Ore 12,30 Celebrazione della S. Messa nella Cappella del Seminario

da Il Giornale d’Italia

A lui Mussolini consegna il suo epistolario con Churchill, che scompare misteriosamente tra Como e Padova

Carlo Alberto Biggini è uomo di cultura: laureato in legge all’università di Genova, in scienze politiche a Torino e in scienze corporative a Pisa, è vicino alla concezione giolittiana dell’educazione nazionale, che mette in pratica durante la sua carriera. Il capo delle formazioni partigiane socialiste Corrado Bonfantini è suo amico. Mussolini lo sa, si fida di Biggini tanto che gli conferisce l’incarico di redigere la nuova Carta costituzionale del nuovo Stato repubblicano. La completa in due settimane. Le vicende di quegli anni sono note: i fascisti sono tenuti d’occhio e l’epilogo della vicenda non è dei più rosei. Così, il 23 aprile 1945 Biggini abbandona la sua residenza nei pressi di Como e si rifugia nella Basilica di Padova. Non porta con sé, però, il famoso carteggio tra Mussolini e Churchill, che il Duce gli ha consegnato probabilmente per due ordini di motivi: il primo, perché la sua fiducia in Biggini è smisurata, il secondo, perché riteneva che i buoni rapporti dello stesso Biggini con alcuni antifascisti come Bonfantini lo avrebbero salvato nell’ora suprema. Mussolini aveva ragione: sull’Aprilia di Biggini, che ogni giorno percorreva la strada verso la residenza del Duce, i partigiani non hanno mai fatto fuoco. Anche perché su quell’Aprilia, insieme a Biggini, viaggiavano spesso liste di nomi da “salvare”. E infatti Biggini è, per dirla con le parole di Festorazzi, “un galantuomo, un pacifista, un intellettuale illuminato”. Ed è proprio per questo che i religiosi di Padova non si tirano indietro quando bussa alla loro porta. Durante il suo soggiorno presso la struttura padovana, Biggini comincia a stare molto male. Il medico gli diagnostica un cancro. Il suo trasferimento presso la clinica San Camillo di Milano avviene rapidamente. Quando vi giunge, ha dati anagrafici nuovi di zecca: è il professor Mario De Carli. La diagnosi è confermata: tumore al pancreas. Ma c’è un referto di padre Agostino Gemelli, amico di Biggini, che dice esattamente il contrario. La cosa non convince, la contraddizione è evidente, al punto che ancora oggi la sua morte è considerata un mistero.  Biggini viene tenuto al sicuro, nessuno è ammesso alla sua presenza, eccezion fatta per il suo segretario Dino Campini, al quale l’ex ministro confida la vicenda del carteggio dimenticato. Biggini muore pochi mesi dopo, il 19 novembre 1945. Una morte che lascia intorno a sé un alone di mistero, tanto che Vanni Teodorani, genero di Arnaldo Mussolini e capo della Segreteria Militare della Rsi scrive: “Circolano incerte notizie sulla morte di Biggini. Pare che sia difficile stabilire la verità giacché il povero Carlo Alberto, ultimo ministro dell’Educazione Nazionale della Repubblica, è stato costretto a morire in strettissimo incognito per evitare di essere sottoposto ad angherie magari durante l’agonia …”.

Del carteggio non si è saputo più nulla. Festorazzi ipotizza che sia finito nelle mani dei servizi inglesi. Ma non è la sola ipotesi a circolare. Secondo Baima Bollone, Biggini quando fugge a Padova porta con sé le carte. Ed è a Padova che rimangono quando l’uomo viene portato d’urgenza al San Camillo. Questa tesi non trova d’accordo il biografo di Biggini, Luciano Garibaldi, secondo cui la cartella di marocchino rosso in cui erano contenuti i documenti è finita nelle mani di Michele Tumminelli, vicino di casa e amico di Biggini, poi senatore democristiano vicinissimo a De Gasperi. Dunque l’ipotesi è che quel carteggio, proprio attraverso De Gasperi, sia tornato allo stesso Churchill.

Certo, i dubbi restano. Sparisce la cartella di marocchino rosso contenente documenti importantissimi che il Duce aveva consegnato nelle mani di Biggini. Scompare Biggini. Ci sono due sparizioni di troppo, in questa storia. Molte altre teorie vengono fuori nel corso degli anni, e molti investigatori cercano tracce del carteggio, tra cui lo stesso Churchill, che spesso e volentieri si reca a Como, nei pressi della residenza di Biggini, nell’immediato dopoguerra con pretesti vari. Il mistero del carteggio non è mai stato svelato. E, in fondo, neppure quello della morte di Biggini.

Emma Moriconi

Sapienza Università di Roma
Aula Odeion, Lettere
Piazzale Aldo Moro 5

9:45 saluti delle autorità e apertura lavori
10:00 Laura C. Paladino, UER, da Costantino a Gerberto
10:30 Alessandro Scimia, Sapienza, Gerberto e le fonti del diritto
11:00 Flavio G. Nuvolone, Friburgo, Gerberto, l’elogio di Boezio
ed i divisori dei numeri
11:30 Francesco Bertola, Accademia dei Lincei, Tubi astronomici
nelle miniature Italiane e l’eredita’ di Gerberto
12:00 Costantino Sigismondi, ICRA, Le Stelle di Gerberto
12:15-12:45 S. Messa in die natali Gerberti ad coelum
Cappella della Divina Sapienza
14:00 Stefano Carciofalo Parisse (pianoforte)
concerto dedicato a Gerberto,
Beethoven – sonata op. 111, Bach – Arte della Fuga, Ligety – Studi
15:00 Presentazione dei volumi 5 e 6 di GERBERTVS
15:10 Rodolfo Calanca, EAN, Un asteroide per Gerberto nel 1400°
di Bobbio
15:30 Giovanni Bernardini, MIUR, Precisione e scuola secondaria
15:50 Ciro Serpico, MIUR, Matematica, Cenerentola OCSE
16:10 Paolo Rossi, Pisa, Gerberto e Pitagora
16:30 Jorge Nuno Silva, Lisboa, Museo di giochi matematici
16:50 Wojtek Janusiewicz, Vicariato di Roma, Gerberto e la
Polonia
17:10 Marek Otisk, Ostrava, Why did numerous commentaries on
Boethius’s Introduction to Arithmetic II, 1 appear at the end of the
10th century?
17:30 Lukasz Wieteska, Tomasz Banyś, Lodz, L’osservatorio
dedicato a Gerberto a Bukowiec
17:50 Paolo Centofanti, SRM, Comunicare Gerberto
18:10 Paolo Colona, Petrarca e l’Astronomia
18:30 Conclusioni
Gerberto e didattica fu un binomio di successo nel X secolo: l’eredità dello
scolastico di Reims, che formò anche Ottone III, influì sulla stessa idea di
Europa. Le tradizioni scientifiche iniziate da Gerberto nel calcolo, nella
geometria, nella musica e nell’astronomia attraversarono tutto il medioevo,
ma soltanto oggi se ne riscopre a pieno l’originalità. L’unificazione del sapere
in Gerberto è preludio della Reductio Omnium Scientiarum ad Theologiam.
L’educazione di massa oggi affronta uno scibile decisamente più vasto e
articolato di mille anni fa: le sfide per la didattica delle scienze esatte sono
quelle di fare presa sugli studenti senza perdere di vista la precisione. Nel
convegno gerbertiano del 2014 elementi storici e didattici si complementano.

Nella parte finale della “Preghiera del Legionario” è inserita questa invocazione all’Onnipotente, ma Iddio non ha ritenuto opportuno non salvare né il Duce, né l’Italia. E siamo nella “cacca”.

Così, anche se nel “mai sufficientemente deprecato, infausto Ventennio” (Va bene questa condanna, Presidente Napolitano?) furono compiuti dei veri miracoli, ma “la sua condanna deve essere severa e definitiva” (mi auguro che anche questa sentenza vada bene, Signor Presidente, oppure non è suficiente?).

Anche se la risposta sarebbe ovvia, come vedremo più avanti, desidero aprire un solo spicchio di quel Ventennio (da incubo è ovvio. E inizio. Molti economisti e storici (così si fanno chiamare) attestano che la famosa crisi congiunturale iniziata nel 1929 fosse peggiore di quella che stiamo vivendo in questi anni. Con la Carta del Lavoro (derivazione della Carta del Carnaro) per la prima volta nel mondo, venivano fissati dal truce tiranno, i cardini del rapporto fra lavoro, produzione ed economia nazionale. Premessa essenziale per giungere alla Socializzazione dello Stato.

Se a causa della crisi internazionale, appunto del 1929, nei Paesi ad economia liberale i suicidi per la disperazione si contavano a decine (oggi in Italia sono centinaia), nel Paese governato dalla perfida tirannia fascista la congiuntura veniva superata senza eccessivi drammi. Mentre Franklin Delano Roosevelt eletto Presidente degli Stati Uniti a marzo del 1933, periodo nel quale un americano su quattro era disoccupato in Italia veniva concepito l’IRI, Istituto con il quale vennero gettate le premesse dello Stato imprenditore così da definire le linee di demarcazione  tra l’area pubblica e quella privata. Tutto questo mentre l’Italia era impegnata  nei grandi lavori e poteva lamentare solo 403 mila disoccupati, dei quali almeno la metà a carattere stagionale: cifra trascurabile se consideriamo che, ad esempio, la Gran Bretagna ne lamentava un milione e mezzo, la Germania era giunta a sei milioni e mezzo.

Possiamo tranquillamente riportare un pensiero di Pino Rauti (Le idee che mossero il mondo, pag 326) <L’Italia più che uno Stato del vecchio continente  era una meschina provincia in una grande Europa ma dettava leggi al mondo). Tornando a Roosevelt, ricordiamo che questi aveva impostato la campagna elettorale  all’insegna del New Deal, ossia un vasto intervento statale in campo economico, in altre parole proponendo un’alternativa al liberismo capitalista. Una volta eletto, Roosevelt (E QUESTO NEL DOPOGUERRA FU ACCURATAMENTE CELATO; E I MOTIVI SONO OVVII) inviò nel 1934, in Italia Rexford Tugwell e Raymond Moley, due fra i più preparati uomini del Brain Trust (“cervelloni”), per studiare il miracolo italiano. In merito lo studioso Lucio Villari osserva: <Tugwell e Moley, incaricati alla ricerca di un metodo di intervento pubblico e di diretto impegno dello Stato, ne colpisse la degenerazione e trasformasse il mercato capitalistico anarchico, asociale e incontrollato, in un sistema sottoposto alle leggi e ai principi di giustizia sociale e insieme di efficienza produttiva>.

Roosevelt inviò Tugwell a Roma per incontrare Mussolini (il Truce) e studiare da vicino le realizzazioni del Fascismo. Ecco come Lucio Villari ricorda l’episodio, tratto dal diario inedito di Tugwell in data 22 ottobre 1934 (anche l’Economia Italiana tra le due Guerre ne riporta alcune parti, pag. 123): <Mi dicono che dovrò incontrarmi con il Duce questo pomeriggio… La sua forza e intelligenza sono evidenti COME ANCHE L’EFFICIENZA DELL’AMMINISTRAZIONE ITALIANA, È IL PIU’ PULITO,IL PIU’ LINEARE, IL PIU’ EFFICIENTE CAMPIONE DI MACCHINA SOCIALE CHE ABBIA MAI VISTO> Esattamente come oggi in regime di democrazia antifascista)….

Il documento relativo a questo contattto Mussolini-Roosevelt, ci fa sapere Villari, è custodito in copia nell’Archivio Jung, il cui originale, come il diario inedito di Tugwell, si trova nella Roosevelt Librery.

Nel 1933 Roosevelt emanò il First New Deal, il Second New Deal venne firmato nel 1934-1936. Quindi fu Franklin D. Roosevelt a istituire il Social Security Act, una legge che introduceva, nell’ambito del New Deal., indennità di disoccupazione, di malattia e di vecchiaia. Contemporaneamente nacque anche il programma Aid to Family with Dependent Children (Aiuto alle famiglie con figli a carico). Glielo facciamo sapere al Signor Presidente Giorgio Napilitano che tutti questi provvedimenti avevano già visto la luce in Italia al tempo del Ventennio fascista? Chiedo venia, dovevo scrivere: al tempo dell’infame Ventennio fascista, ma sapete avevo trascurato di ricordare che il nostro Presidente era un iscritto ai GUF (Gruppi Universitari Fascisti) e osannava, su varie riviste, il Fascismo e il suo Capo.

Torniamo al New Deal di Roosevelt: subito dopo l’emanazione di queste leggi, sotto la spinta del grande capitale, la Corte costituzionale degli Usa decretò l’incostituzionalità di alcune di queste leggi. Da questo momento Italia e Usa presero, non solo economicamente, strade diverse.

A questo punto è opportuno ricordare quanto ebbe a dire Bernard Shaw nel 1937: <Le cose da Mussolini già fatte lo conducano prima o poi ad un serio conflitto con il capitalismo>. Non si dovranno attendere molti anni prima che la profezia del celebre scrittore si avveri. Non a caso di fronte alla confermata crisi del liberismo e delle utopie del marxismo, un autorevole personaggio democratico inglese Michael Shanks, già direttore della Commissione Europea degli Affari Sociali, nonché presidente del Consiglio dei Consumi, indica nel suo libro “Wath is the wrong with the modern World?” che <Non c’è alternativa: o lo Stato Corporativo o lo sfascio dello Stato>.  D’altra parte lo stesso Gaetano Salvemini, circa la validità della proposta corporativa mussoliniana, ha attestato: <L’Italia (attenzione, amico lettore parliamo del periodo dell’”infame Ventennio!!!!) è diventata la Mecca degli studiosi della scienza politica, di economisti, di sociologi, i quali si affollano per vedere con i loro occhi com’è organizzato e come funziona lo Stato Corporativo fascista (…)>. E ancora; J.P. Diggins (L’America, Mussolini e il fascismo, pag. 45) ha scritto: <Negli anni Trenta (attenzione! Stiamo parlando degli anni della più pesante crisi congiunturale) lo Stato corporativo sembrò una fucina di fumanti industrie. Mentre l’America annaspava, il progresso dell’Italia nella navigazione, nell’aviazione, nelle costruzioni idroelettriche e nei lavori pubblici offriva un allettante esempio di azione diretta e di pianificazione nazionale. In confronto all’inettitudine con cui il Presidente Hoover effrontò la crisi economica, il dittatore italiano appariva un modello di attività>.  La liberale e antifascista Nation arrivava ad auspicare un Mussolini anche per gli Stati Uniti.

Per fare un dispettuccio ad un Signore, già citato in questo articolo, riportiamo due giudizi (attenzione di nuovo: di simili giudizi ne potremmo citare mille e mille), addirittura di Winston Churchill, nel 1933: <Il genio romano  impersonato da Mussolini, il più grande legislatore vivente, ha mostrato a molte nazioni come si può resistere all’incalzare della crisi>. E nel 1947: <Le grandi strade che egli tracciò resteranno un monumento al suo prestigio persoanale e al suo lungo governo>.

Concludo ponendo una domanda: “se tutto ciò è vero, PERCHE’ i nostri politicastri non studiano quanto fu fatto in “quel periodo” e vedere se alcuni punti possono essere riproposti oggi? La risposta sarebbe ovvia: perché i nostri “politicastri” pensano solo ad arricchirsi e se ne fregano altamente del popolo italiano; al contrario dell’”infame tiranno”.

Questo articolo è dedicato ai grandi falsificatori della Storia e ci riferiamo principalmente a RAI STORIA.

Terminiamo con alcune osservazioni storiche dell’amico Alessandro Mezzano.

 

QUANDO C’ERA IL FASCISMO.. di Alessandro Mezzano

-Quando c’era il Fascismo la mafia era dovuta fuggire in America.

-Quando c’era il Fascismo i ragazzi non si drogavano.

-Quando c’era il Fascismo le città erano sicure.

-Quando c’era il Fascismo la scuola italiana era ai primi posti nel mondo.

-Quando c’era il Fascismo non ci si doveva vergognare di essere italiani.

-Quando c’era il Fascismo il potere non era corrotto e non corrompeva.

-Quando c’era il Fascismo non c’era il “Paese”, ma la Patria.

-Quando c’era il Fascismo anche i figli degli operai andavano nelle colonie al mare o in montagna.

-Quando c’era il Fascismo non c’erano né tante auto blu, né tanti stipendi e pensioni scandalose come oggi.

-Quando c’era il Fascismo c’era l’orgoglio di essere onesti e non, come oggi, quello di essere “furbi”.

-Quando c’era il Fascismo le grandi crisi economiche ( 1929 ) si affrontavano così bene che dal resto del mondo

venivano in Italia per vedere come avevamo fatto ..!

-Quando c’era il Fascismo l’Italia era ammirata e invidiata in tutto il mondo come dimostrano i giornali dell’epoca.

-Quando c’era il Fascismo non c’era questa casta politica infame, disonesta, corrotta, mafiosa e sporcacciona ..!!

E Filippo Giannini aggiunge: -Quando c’era il Fascismo quanto accaduto sabato 3  maggio scorso, a seguito della partita Napoli Fiorentina, sarebbe stato semplicemente impensabile.

Ecco perché nell’altro secolo le più potenti lobby si coalizzarono per abbattere il Fascimo.


In occasione del 69° anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale in Italia (2 Maggio 1945), circa 500 persone si sono riunite al Campo della Memoria di Nettuno (Roma) per rendere gli onori militari agli ultimi combattenti italiani di quel conflitto, quelli della Repubblica Sociale Italiana.
La manifestazione, organizzata dal Dott. Alberto Indri, ha visto la partecipazione delle bandiere di guerra e dei labari dell’Unione Nazionale Combattenti della RSI, dell’Associazione Nazionale Combattenti X MAS – RSI, dell’Associazione Nazionale Combattenti Italiani di Spagna, dei Volontari di Guerra (Sezione “Enrico Toti” di Roma, Federazione “Annibale Noferi” del Carnaro e Federazione “Giovanni Grion” dell’Istria) e dell’Associazione Nazionale Rimpatriati e Reduci d’Africa Sezione “Ten. Alessandro Del Rio” di Latina. Presenti anche le delegazioni ufficiali dell’Ordine dell’Aquila Romana, dell’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia e dell’Associazione Nazionale Arditi d’Italia, nonché gli ultimi reduci della RSI che, con la loro presenza, hanno inteso trasmettere il testimone dell’Ideale ai numerosi giovani presenti. Ha partecipato alla manifestazione anche l’On. Mario Borghezio che, in questi ultimi giorni, ha chiesto ufficialmente al Governo italiano di desecretare gli atti relativi alle stragi partigiane compiute in Istria, sulle quali ancor oggi vige un vergognoso silenzio. Si tratta di crimini contro l’umanità che non temono paragoni, ai quali le democrazie occidentali hanno concesso una scandalosa indulgenza. E’ giunta l’ora di fare chiarezza e denunciare, davanti alla storia, i responsabili del genocidio del popolo italiano in Istria e Dalmazia.
La cerimonia religiosa nell’antico rito latino è stata solennemente celebrata da un Sacerdote della Fraternità San Pio X che ha elogiato l’alto spirito patriottico in difesa della Madre Patria dimostrato dai combattenti della RSI e ha spronato i presenti a non dimenticare il loro sacrificio, ad ereditare i loro valori e a difendere la Santa Messa tradizionale, come retaggio storico dell’unica religione universale del popolo italiano.
Sulle note della Preghiera del Legionario si è conclusa l’imponente manifestazione patriottica in ricordo di coloro che, 70 anni fa, scelsero la via dell’onore, combattendo per la libertà dell’Italia.

Ufficio Stampa
Comitato Pro 70° Anniversario
dello Sbarco di Nettunia

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