Blog

Esce a cominciare da questo mese il Bollettino di informazioni e di commenti del Centro Studi CESI. Lo abbiamo voluto chiamare IL SESTANTE perché vuol essere, come è il famoso strumento necessario per la navigazione, un foglio di orientamento nella problematica incombente sull’Italia e sull’Europa, affinché l’evoluzione della società nazionale ed europea possa raggiungere i necessari traguardi secondo precisi valori di libertà ed eguaglianza e attraverso un progetto programmatico volto al superamento delle ideologie liberiste e collettiviste. Si vuol puntare alla realizzazione di una sintesi politica ed istituzionale di giustizia e di efficienza per un autentico sviluppo civile.

Purtroppo la pubblicistica corrente affligge la pubblica opinione soprattutto con il sensazionalismo, lo scetticismo e il pessimismo senza dare spazio alle analisi di proposte rivolte a porre in rilievo gli aspetti positivi di una realtà in evoluzione che può invece avere esiti di autentico progresso civile.

È nostro impegno, attraverso questo foglio far conoscere i contenuti delle analisi, delle valutazioni e delle proposte elaborate dal centro nazionale di studi politici CESI.

Iniziamo con i commenti critici, ma propositivi, riguardanti l’attuale intento di alcune forze politiche solo rivolto ad una riforma costituzionale che mantenga l’attuale superato sistema invece di cambiarlo radicalmente sulla base di un più completo e libero consenso democratico fondato, oltre che sulle espressioni dei partiti, anche sulle competenze delle categorie professionali del lavoro in tutte le sue espressioni.

SOMMARIO DI QUESTO NUMERO

Dal dibattito alla proposta: Indizione della Costituente per la rifondazione dello Stato.

Punti di orientamento: Le tesi governative e le osservazioni critiche del CESI: 1. sul Capo del Governo; 2. sul Parlamento; 2.1 sul numero dei rappresentanti parlamentari; 3. sulla legge elettorale (Camera dei Deputati); 3.1 sulla Camera delle autonomie (ex Senato); 4. sulle infrastrutture e sui settori strategici.

CLICCA QUI PER SCARICARE IL PRIMO NUMERO COMPLETO

Record di presenze al Forte Sangallo di Nettuno Mercoledì 18 Settembre per l’esposizione Fiume-d’Annunzio-Nettuno: il Poeta armato e le sue città curata dal Dott. Pietro Cappellari, Responsabile culturale del Comitato Nettunese Pro 150° Nascita d’Annunzio. Alla mostra, che raccoglie rarissimi cimeli, libri, lettere, labari, bandiere, divise e documenti legati all’esperienza fiumana e al primo squadrismo, alcuni dei quali “pezzi unici” provenienti da collezioni private per la prima volta esposti al pubblico, ha contribuito in maniera determinante la Fondazione della RSI – Istituto Storico di Terranuova Bracciolini (AR) che ha fornito gran parte del materiale esposto. All’organizzazione dell’evento hanno partecipato il Prof. Giorgio Pagliuca (Direttore dell’Istituto Culturale Italo-Tedesco) e il Prof. Alberto Sulpizi (storico del territorio nettunese) che ha allestito alcune vetrine esponendo diversi pezzi pregiati del suo archivio-biblioteca.

La serata, dopo la visita alla mostra, ha visto un seguitissimo intervento del Prof. Sulpizi sul rapporto che lega la città di Nettuno a d’Annunzio (proprio in questa città, nel 1903, il Vate compose La figlia di Iorio). Un intervento condito da aneddoti interessanti e inediti.

Al termine della conferenza è stato presentato dal Prof. Eugenio Bartolini il lavoro su d’Annunzio composto dall’Università Popolare Territoriale (Sede di Anzio e Nettuno).

«E’ con grande soddisfazione ed orgoglio che inauguriamo questa mostra pochi giorni dopo il 94° anniversario dell’Impresa di Fiume – ha dichiarato il Dott. Pietro Cappellari, organizzatore dell’evento –. Il nostro intento era quello di “riportare” d’Annunzio a Nettuno dopo decenni di oblio, se si eccettua un fugace interesse di diversi anni fa. Noi vogliamo legare indissolubilmente il Vate d’Italia alla cultura della nostra città. E’ per questo, tra le altre iniziative, che abbiamo chiesto all’Amministrazione comunale il ripristino di Via Gabriele d’Annunzio a Nettuno (l’attuale Via Cristoforo Colombo), rispettando le delibere, a quanto risulta mai abrogate, del 1941. Ma non solo. Ci stiamo battendo perché finalmente la lipide di Alfredo Nardini (che riporta un epitaffio inedito del Vate con firma e calligrafia originale) sia finalmente restaurata e conservata per l’avvenire come patrimonio storico-culturale della città. Debbo ringraziare per la collaborazione la Prof.ssa Marilena Cappella e Bruno Sacchi, Comandante del locale Reparto dell’Associazione Nazionale Arditi d’Italia, custode dei valori dell’esperienza fiumana, per alcuni oggetti donati alla mostra. Un saluto va anche a Leone Mazzeo per la concessione dei patrocini dell’Accademia Delia e dell’Ordine dell’Aquila Romana. Non ultimo, il Dott. Marcello Armocida, Presidente della Pro Loco, che – come sempre – ha dimostrato tutta la sua sensibilità culturale permettendo il successo di questa significativa mostra. Nei prossimi giorni saremo a disposizione delle scuole di Anzio e Nettuno per delle visite guidate con Professori e studenti, attraverso un cammino storico tra Grande Guerra – Impresa di Fiume – squadrismo – fascismo, in modo che alcune “incrostazioni” – dettate da una falsa ideologia politica e da presunte “superiorità morali” – siano finalmente eliminate e sia donata agli studenti la libertà nello studio e nella ricerca, nonché l’amore per la propria Patria».

Al termine della seguita manifestazione, agli intervenuti è stato distribuito il numero speciale di “Acta” (periodico storico della Fondazione della RSI) su d’Annunzio come precursore della Repubblica Sociale Italiana.

La mostra sarà visitabile, dalle 9:00 alle 21:00, fino a Domenica 22 Settembre. Per le visite guidate si può telefonare al 339.33.28.550, concordando gli orari secondo le proprie esigenze. L’entrata e la guida sono a titolo assolutamente gratuito.

 

Lemmonio Boreo

FORTE SANGALLO

Piazza S. Francesco

NETTUNO

Mercoledì 18 Settembre 2013 alle ore 18

inaugurazione della mostra

FIUME-D’ANNUNZIO-NETTUNO

Il Poeta armato e le sue città

 

A cura di Pietro Cappellari  

 

Interverranno:

Dott. Marcello ARMOCIDA (Presidente della Pro Loco)

Prof. Alberto SULPIZI (Storico del territorio nettunese)

Dott. Pietro CAPPELLARI (Fondazione della RSI)

L’ESPOSIZIONE SARA’ VISITABILE

DAL 18 AL 22 SETTEMBRE 2013

 

Evento FB: https://www.facebook.com/events/164836120379202

Info scuole, stampa e gruppi: 339.33.28.550

PIACENZA- Accolto il ricorso all’Aja di un piacentino il cui padre venne fucilato 66 anni fa dai partigiani.

Luis Moreno Ocampo, procuratore capo della corte internazionale dell’Aia ha aperto un fascicolo che riporta l’ipotesi di reato di genocidio.

Il promotore è l’architetto piacentino Giuseppe Tiramani che, attraverso la consulenza del suo legale Michele Morenghi.

Racconta il Figlio: “Mio padre fu prelevato nei pressi di casa sua a Rustigazzo nel piacentino nel luglio del ’44 da un gruppo partigiano della brigata Stella Rossa – spiega Tiramani – fu processato e condannato a morte senza un giudice, senza un comandante partigiano e senza una sentenza a verbale. Fu fucilato poche ore dopo nei pressi del Monte Moria. Mia madre lo trovo’ crivellato di colpi. Ho già perdonato tutti coloro che uccisero mio padre, che abitavano nel mio paese e li ho conosciuti personalmente dopo la guerra. Chiedo sia fatta giustizia per il suo caso e per tutti gli altri combattenti della repubblica sociale uccisi in quegli anni nel piacentino”.

Il padre di Giuseppe Tiramani, si chiamava Lodovico Tiramani, era un milite scelto della Guardia nazionale repubblicana. Durante la guerra civile fu catturato dai partigiani e scambiato con altri prigionieri, tornato in libertà rientrò nelle file della Rsi e di nuovo cadde prigioniero ma questa volta, finì davanti ad un plotone d’esecuzione. Quando fu ucciso aveva 33 anni.

tratto da: www.xflottigliamas.forumfree.it

Il 24 Agosto 2013, Leo Romano, in rappresentanza del Comandante dell’Associazione Nazionale Arditi d’Italia Prof. Pierpaolo Silvestri, ha consegnato la bandiera di guerra al Reparto A.N.A.I. di Nettunia.

Il locale Comandante Bruno Sacchi, nel ricevere il prestigioso vessillo, ha espresso al delegato milanese il vivo ringraziamento da parte di tutti i camerati di Anzio e Nettuno. «Nei prossimi giorni – ha comunicato Sacchi – rilanceremo la nostra attività su tutto il territorio. L’A.N.A.I. si pone come obiettivo quello di difendere i valori nazionali e l’identità nazionale della nostra Patria travolti, vilipesi e venduti da una classe dirigente corrotta e corruttrice. Tra i nostri primi atti vi sarà quello del recupero del Campo della Memoria – Sacrario dei Caduti della RSI che, per questioni burocratiche tipicamente “democratiche”, vive in un grave stato di abbandono ed incuria. Noi, che già ci siamo elevati a sentinelle del Capo della Memoria, non possiamo più tollerare un’offesa gratuita nei confronti di chi si è battuto per l’onore e la libertà della Nazione. Affiancheremo, inoltre, il Comitato Nettunese Pro 150° Anniversario Nascita d’Annunzio perché sia finalmente restaurata la lapide con epitaffio autografo del Vate presente presso il cimitero di Nettuno e perché, come ha proposto recentemente il Dott. Pietro Cappellari, nella nostra città sia ripristinata Via Gabriele d’Annunzio che una colpevole gestione toponomastica ha cancellato senza neanche rispettare le delibere del 1941 ancora in vigore. Sempre presso il cimitero di Nettuno, in collaborazione con il Prof. Alberto Sulpizi e il camerata Alfredo Restante, recupereremo la tomba di Filippo Mancini, primo Sindaco fascista del nostro paese, che versa in stato di abbandono. Infine, stiamo programmando una serie di manifestazioni per il 70° Anniversario dello Sbarco di Nettunia, affinché sia ricordato il valore del soldato italiano che su queste terre seppe combattere con valore il nemico della Nazione italiana e perché non siano dimenticate le vittime degli Angloamericani, quei civili che vennero uccisi dalla violenza di chi ancor oggi, con supponenza e arroganza, si appella come “liberatore” per mascherare la propria bramosia di potere sulla pelle delle Nazioni “non allineate” al suo sistema imperialistico».

 

Primo Arcovazzi

Ė da qualche anno (anzi da decenni) che queste accuse sulla magistratura vengono erogate da destra e sinistra. Diamogli uno sguardo noi che non siamo né di destra, né di sinistra.

Ho ricevuto tempo fa una mail che ho stampato, ma non so per quale motivo, mi è rimasto solo il testo, senza, cioè l’indicazione di chi me la spedì. Tuttavia, dato l’interesse che ha suscitato in me, me ne avvalgo.

Leggo che Vincenzo Galgano, capo della Procura della Repubblica di Napoli <ha dichiarato al ”Corriere del Mezzogiorno” del 19 ottobre 2009: “Nella nostra Procura ci sono alcuni PM faziosi e fanatici che danneggiano persone e collettività  e provocano sofferenze (…). E poi abbiamo più ciucci che aquile>.

Sono parole gravissime che danneggiano l’immagine di una Istituzione che dovrebbe (sì, dovrebbe) essere al di sopra di ogni giudizio negativo e sospetto.

Ma andiamo avanti.

Antonio Ingroia (ve lo ricordate?), quald’era PM alla Procura di Palermo, ha definito politicizzata (se lo dice lui…!) la sentenza della Consulta , che ha dato ragione  al Presidente Giorgio Napolitano nel conflitto con la Procura di Palermo sulle intercettazioni delle sue telefonate col Senatore Nicola Mancino, e la Cassazione ha aperto nei suoi confronti un provvedimento per illecito disciplinare perché “ha vilipeso la Corte Costituzionale e leso il prestigio dei suoi  componenti”.

E ancora.

Gustavo Zagrebetsky, ex  Presidente  della Corte Costituzionale, disse ad Antonio Ingroia, che ha resa pubblica la confidenza. <Questa sentenza era già scritta perché i giudici della Consulta si sono lasciati influenzare dal clima di favore attorno al Presidente della Repubblica; nessuna meraviglia che le sentenze della Corte siano politicizzate>. Ci si chiede se è ammissibile in un Paese, una volta culla del Diritto, che un ex Presidente della Corte Costituzionale neghi la terzietà  dei suoi colleghi e denunci comportamenti che minano la loro credibilità. Ed ora, cos’è la “terzietà”? Dal Treccani: <Elemento essenziale del “giusto processo” costituzionalmente garantito (art. 111 della Costituzione. I requisiti della “terzietà” e dell’imparzialità del giudice, garantiscono e tutelano l’equilibrio, il distacco e l’indipendenza di giudizio del singolo giudice rispetto alle parti e all’oggetto della controversia>. Ci si chiede inoltre: perché la Consulta non ha adottato alcun provvedimento disciplinare a carico di Ingroia?

Ma non è finita: Piero Ostello sul Corriere della Sera  dell’11 maggio 2013, ha lasciato, tra le altre, queste straordinarie dichiarazioni: <A giudicare da come sono condotte certe inchieste (in un profluvio di intercettazioni inutili) si perviene a sentenze poi smentite anni dopo, si tratta di gente che non sa semplicemente fare il proprio mestiere o lo fa con la presunzione di poter disporre della vita degli altri a proprio arbitrio. Il difetto sta, evidentemente, in un concorso inadeguato a individuare preparazione professionale e attitudini personali. Così, arrivano nei tribunali e nelle procure persone animate o solo di un senso politico-palingenetico della propria funzione o di una idea di se stessi che rasenta , più che presunzione, la paranoia>.

L’autore di molte di queste osservazioni è Gerardo Mazziotti (premio internazionale di giornalismo civile), il quale termina con questo giudizio: <Va denunciato che in nessun altro paese del mondo esiste un’”Associazione Nazionale Magistrati”, un vero e proprio sindacato di categoria, che minaccia, e attua scioperi di protesta contro leggi ad essa non gradite. E che solo una classe politica inetta e pusillanime ha potuto consentire che i magistrati italiani si organizzassero in correnti ideologiche. Come ad esempio “Magistratura Democratica” che ha la sua Bibbia ne “La toga rossa”. Un libro che andrebbe letto e commentato ogni sera in televisione. Si tratta  di organizzazioni non previste dalla Costituzione e perciò illegittime. Da abolire subito, senza se e senza ma. Basta il “Consiglio Superiore della Magistratura>.

In merito a quest’ultima osservazione di Gerardo Mazziotti, si può consigliare la lettura del libro “Le toghe rotte” , scritto dal procuratore aggiunto alla Procura di Torino edito da “Chiare Lettere”. Dove, fra l’altro possiamo leggere: <(…). Per capire perché accade tutto questo è necessario sapere che cosa succede nelle aule dei tribunali e come si lavora nelle Procure. Ecco un libro che finalmente lo racconta. Se si supera lo choc di queste testimonianze offerte da vari magistrati e avvocati, sarà poi più facile valutare le esternazioni in materia di giustizia che dal politico di turno, di volta in volta imputato, legislatore, opinion maker, e spesso contemporaneamente tutte queste cose. Accompagna le testimonianze un testo illustrativo ad uso dei cittadini per capire come funziona la giustizia (la pena, i gradi di giudizio, le indagini, il processo, ecc.)>.

Per provare a capire se la Magistratura nata dopo la Resistenza sia realmente (come da titolo) inetta, politicizzata, corrotta, farò seguire una analisi documentata di come operava la Magistratura ai tempi del Male Assoluto.

Domenica 8 Settembre 2013

alle ore 10:30

si terrà presso la prestigiosa sede di Villa Municchi della

Fondazione della RSI – Istituto Storico

di Terranuova Bracciolini (Arezzo)

Strada Pian di Maggio, 27/E – località Cicogna

 

la conferenza di

SERGIO MURA

“Il dovere di un soldato: non cedere le armi”

 

Contati: www.fondazionersi.org

Per info: info@fondazionersi.org

Evento FB: https://www.facebook.com/events/566116066784421

Sì, nominare il Congo mi ricorda qualcosa di brutto, di orribile. No, anche se ci sono delle affinità non ha nulla a che vedere con Piazzale Loreto ad aprile del 1945. Qualcosa di simile, però, ci si può intravedere. Ricordate l’espressione del capo dei partigiani Ferruccio Parri che definì le scene di quella famigerata Piazza: <Macelleria messicana>? Quindi, chissà, boh…

Un po’ di storia.

Congo o Zaire, ex Congo Belga, o Repubblica Democratica del Congo. Ė uno Stato dell’Africa equatoriale, come detto: già Congo Belga, capitale Kinshasa (ex Leopolville). Come era di moda in quegli anni il Belgio concesse precipitosamente l’indipendenza il 30 giugno 1960, precipitosamente, ho scritto, in quanto l’ex Congo Belga, dove quasi nulla era stato fatto per creare una elite politica locale, sprofondò nel caos e dal caos alla guerra civile il passo è breve. Le prime vittime furono i bianchi sottoposti ad atroci massacri.

Per provare a riportare ordine nel paese e certamente per salvaguardare gli interessi dei grandi investitori europei – e non solo europei – un primo passo fu compiuto da Moise Ciombè, considerato il capo dello Stato indipendente del Katanga, sostenuto dalla Union Minière e da un esercito di mercenari europei. Ma il caos e con questo la guerra civile si sviluppò con maggiore violenza causando migliaia di morti. Le Nazioni Unite, per far fronte alla tragedia umanitaria (così avevano detto) decisero di intervenire onde evitare che la popolazione civile dovesse continuare a pagare uno scotto ancora più sanguinoso. Anche l’Italia, era ovvio, partecipò a queste missioni con nostri velivoli da trasporto merci, comunemente battezzati vagoni volanti.

Breve premessa: Kindu è una cittadina della Repubblica Democratica del Congo con circa 20 mila abitanti appartenente alla provincia di Kivu. La fregatura per alcuni nostri ragazzi fu che la cittadina era munita di aeroscalo. Infatti, la mattina del sabato 11 novembre 1961 due equipaggi italiani al comando del Maggiore Amedeo Parmeggiani e da Giorgio Gonelli pilotando due C-119 (vagoni volanti) carichi di rifornimenti ebbero la sventura di atterrare all’aeroscalo di Kindu. Gli aerei italiani non si dovevano fermare: l’ordine era di scaricare la merce e ritornare alla base, il tutto nella stessa giornata. Ma chiesero e ottennero di fermarsi il tempo necessario per mangiare qualcosa e questo li fregò. Infatti i soldati congolesi del posto, al comando del generale Mobutu, in realtà attendevano il lancio di numerosi paracadutisti dell’esercito nemico di Ciombé, scambiarono l’equipaggio italiano per i mercenari del loro avversario. I soldati congolesi entrarono nella mensa, l’equipaggio italiano fu catturato e il loro medico, tenente Francesco Paolo Remoti tentò la fuga, ma fu barbaramente ucciso. Successivamente gli altri dodici militari italiani, dopo aver subito un selvaggio pestaggio, furono trucidati a raffiche di mitra. La folla inferocita che aveva assistita al pestaggio e all’uccisione, si scagliò sui corpi martoriati e ne fece scempio a colpi di machete. La notizia dell’accaduto arrivò in Italia con notevole ritardo, esattamente il 16 novembre, ben cinque giorni dopo i fatti. E solo dopo due mesi fu ritrovato quel che rimaneva dei loro corpi; erano stati sepolti in due fosse comuni nel cimitero di Tokolote, un piccolo villaggio nei pressi del luogo dell’eccidio. Solo l’11 marzo 1962 i caduti di Kindu arrivarono all’aeroporto di Pisa. Solo grazie ad una sottoscrizione pubblica, a loro ricordo fu eretto un Sacrario dove oggi riposano i poveri  resti.

Ecco di seguito quanto ha osservato Giovanni Fusco: <Come scritto in precedenza , alcuni testimoni affermarono con certezza che i corpi degli aviatori italiani furono oggetto di atti di cannibalismo, quali salme furono riportate a Pisa? C’è il fondato dubbio che le autorità italiane non ebbero il coraggio di ammettere pubblicamente che i tredici italiani furono vittime di atti di cannibalismo>.

Sento il dovere di riportare i nomi dei 13 aviatori uccisi a Kindu: sottotenente pilota Onorio De Luca, 25 anni; maresciallo motorista Filippo Di Giovanni, 42 anni; sergente maggiore Armando Fabi, 30 anni; sottotenente pilota Giulio Garbati, 31 anni; capitano pilota Antonio Mamone, 28 anni; sergente Martano Marcacci, 27 anni; maresciallo Nazzareno Quadrumani, 42 anni, sergente Francesco Paga, 31 anni; maggiore pilota Amedeo Parmeggiani, 43 anni; sergente maggiore Silvestro Possenti, 40 anni; tenente medico Francesco Paolo Remoti, 29 anni; sergente maggiore Nicola Stigliani, 30 anni.

Mi chiedo: perché quello scempio oggi non viene ricordato? Erano tredici militari italiani trucidati e, stando alle testimonianze, cannibalizzati (mi si lasci passare l’orribile termine). Allora, perché oggi quel massacro viene oscurato?

Io ho un dubbio; voi amici lettori non avete le stesse (almeno) perplessità? E se questo fosse qualcosa più di dubbi o perplessità, non pensate che sia un ulteriore affronto ai tredici poveri ragazzi che in quell’11 novembre 1961 persero la vita nel modo sopra ricordato?

Ma gli italiani sono tanto buoni, tanto buoni, tanto…al punto che ai discendenti dai fatti di Kindu offriamo alte cariche istituzionali. Non è forse vero che dalla macelleria messicana si può passare alla macelleria di Kindu? Qual’è la differenza?.

Ma siamo tanto buoni…

Top