Carlo Alberto Biggini è uno dei devotissimi di Mussolini.
Si avvicina molto presto al Fascismo: nell’ottobre del 1920 aderisce infatti alle Avanguardie Giovanili del fascio e nel 1925 al Manifesto degli Intellettuali Fascisti.
A metà degli anni Venti frequenta la facoltà di giurisprudenza dell’Università di Genova.
L’adesione al PNF è del 1928. Fervido sostenitore di Gentile, è anche convinto fautore del corporativismo fascista.
Nel suo volume “Il fondamento dei limiti all’attività dello Stato” del 1929, quando ha 27 anni, arriva ad identificare il diritto privato con il diritto pubblico.
Nel 1934 è eletto deputato e nominato membro della corporazione olearia in rappresentanza dei lavoratori dell’agricoltura. Nonostante Biggini sia oggi tra i personaggi meno declamati del Fascismo, la sua figura è affascinante e certamente tra le più interessanti, sotto molti punti di vista.
Nonostante egli abbia buoni rapporti con tutti, in seno al PNF, nel 1935 è oggetto di polemica da parte di Danese, direttore dell’Opinione di Sarzana. Una piccola bega locale, a dire il vero, che però incentra la sua attenzione sul fatto che Biggini in una conferenza ha sostenuto che il fascismo non costituisce una completa cesura con il liberismo. La polemica giunge fino a Mussolini, che non dà alcun peso alla vicenda.
Nel 1937 è membro parlamentare per la riforma dei codici, presidente di commissione nell’Istituto di Rapporti Culturali con l’Estero, presidente del Consiglio direttivo delle scuole superiori del partito, consulente giuridico del Ministero Affari Esteri per l’Albania. Nel 1939 è Consigliere nazionale nella Camera dei Fasci e delle Corporazioni.
Partecipa alla Campagna d’Africa e a quella di Grecia, è ispettore generale del Partito Nazionale Fascista. Nel 1943 Ministro dell’Educazione Nazionale, membro del Gran Consiglio e del Direttorio Nazionale del Partito.
Come ministro il suo proposito è di riformare la scuola accentuandone il carattere selettivo, intende istituire il giudizio globale al posto della votazione, accrescere lo studio del latino ed inserirlo in tutte le scuole medie superiori ad indirizzo tecnico e professionale.
Carlo Alberto Biggini non ama le lotte interne al fascismo: crede fermamente nella necessità di conservare l’unità della classe dirigente, crede nella fedeltà agli uomini e alle idee. Inoltre è estremamente devoto a Mussolini. Quindi durante la seduta del 25 luglio ’43, non firma l’ Ordine del Giorno Grandi, contestandone la validità giuridica. Riafferma la sua lealtà a Mussolini ed esprime dubbi circa il fatto che gli oppositori del Duce possano scindere le proprie responsabilità da quelle del loro capo. Grandi, nella replica finale, dedica alla posizione di Biggini una certa attenzione. Il Duce lo incarica di redigere un memoriale atto a dimostrare l’incostituzionalità e l’irrilevanza giuridica del voto del Gran Consiglio, che porta con sé quando si reca dal Re.
Emma Moriconi