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Guido MussoliniL’Istituto Biggini si stringe attorno ai familiari di Guido Mussolini, scomparso ieri all’età di 75 anni

dal sito del CESI

La degenerazione del sistema politico italiano è ormai arrivata al punto di non ritorno. Questa è la convinzione generale del Paese, che – nelle prossime elezioni – si esprimerà, da un lato, attraverso le illusioni degli elettori PD che sono attratti dalla socialdemocrazia di Bersani oppure dalla liberaldemocrazia di Renzi e, dall’altro, dalla astensione della maggioranza degli elettori ex PdL, dopo aver constatato il suo dissolvimento. Il quadro negativo sarà completato da un certo successo della disperata improvvisazione di coloro che si rivolgeranno all’ex comico Grillo e al suo Movimento cinque stelle.

Pertanto ben poche speranze di radicale e meditato miglioramento, sia istituzionale che della classe dirigente, si possono riporre nella legislatura che si aprirà dopo le elezioni dell’aprile 2013. Infatti il vero problema da risolvere ormai è quello di predisporre una fase costituente rivolta alla rifondazione dello Stato attraverso una nuova Costituzione.

Il CESI pertanto invita tutti gli uomini di buona volontà a coraggiose iniziative, a ritornare protagonisti e traenti di un movimento radicalmente riformatore a riprendere la propria genuina identità ed una adeguata autonomia operativa.

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Alle 20,30 del 19 Novembre 1945 presso la clinica San Camillo di Milano si spegneva a soli 43 anni il Prof. Carlo Alberto Biggini.

Ne ricordiamo oggi l’anniversario della scomparsa, ma in tutti gli altri giorni ne ricordiamo le idee, gli atti, le proposte politiche e le sue visioni del futuro, quanto mai attuali, attraverso i suoi scritti e le opere che in qualche misura lo riguardano.

Biggini

Un pensiero su Carlo Alberto Biggini di Vanni Teodorani, dal suo diario 1945/46

….Circolano incerte notizie sulla morte di Biggini. Pare che sia difficile stabilire la verità giacchè il povero Carlo Alberto, ultimo ministro dell’Educazione Nazionale della Repubblica, è stato costretto a morire in strettissimo incognito per evitare di essere sottoposto ad angherie magari durante l’agonia.
Nessuno può essere incolpato di faziosità parlandone bene, anche come uomo di carattere, dopo l’8 settembre, pur dicendosi più che mai affezionato a Mussolini, non si trattenne da esporre esplicite riserve di sapore monarchico e non le ritirò altro che dopo un lungo e per lui esauriente colloquio con il Duce. Nei momenti più torbidi permaneva in lui un idealismo così alto, raro in un uomo politico. Una volta portò al
Duce l’ultima lettera di un giovane di Torino in perfetta buona fede che era stato fucilato dai tedeschi e leggendola gli venivano le lacrime agli occhi e ripeteva “Questi sentimenti, queste cose, glieli abbiamo insegnati noi, questa gente non si deve perdere: sono come noi: Se se ne andassero tutti ci capiremmo subito”. Forse aveva ragione e forse era già troppo tardi.
Un’altra volta eravamo nello studio di Gatti allora segretario particolare del Duce, e tutti e tre parlavamo delle solite storie quando Biggini si accorse che sul muro dietro la scrivania dell’ottimo Gatti v’erano della fotografie dell’incontro di Feltre. A quell’epoca Gatti era federale di Treviso, come tale fungeva da anfitrione. In una soprattutto la furia di Hitler era chiarissima.
Biggini, che era una delle tre o quattro persone al corrente di cosa veramente sarebbe dovuto succedere a Feltre se i tedeschi non si fossero incaponiti a voler perdere la guerra a tutti i costi, senti rinfocolarsi l’antico rimpianto e stendendo il pugno contro la faccia del Fuhrer cominciò sia pur cameratescamente a gratificarlo dei peggiori insulti dicendogli fra l’altro: ” maledetto testone, se davi retta a Mussolini tutto erasistemato, non c’era né 25 luglio, né niente e non ci riducevi così” e avanti di questo passo riducendo sempre più i ragionamenti e moltiplicando gli insulti. Senza volgarità né mancanza di riguardo, ma piuttosto con lo stesso criterio con cui certi feticisti mettono in castigo i loro idoli quando non rigano diritti a far grazie. Noialtri in principio ridevamo poi ci accorgemmo che la cosa era quanto mai seria e mentre Biggini continuava le sue contumelie, il nostro silenzio divenne a poco a poco saturo di consenso. Ma anche questa volta era troppo tardi.
Una sera incontrai Biggini in un albergo di Milano. Ci univa una sincera amicizia frutto probabile di molte comuni vedute. Era tutto sollevato perché approfittando di un anticipato arrivo era stato a veder “La vedova allegra” e le antiche melodie viennesi lo avevano riportato in un mondo migliore cui ogni tanto era riposante tornare, anche se le revolverate di Sarajevo hanno per sempre interrotto lo spensierato valzer.Sembra che sia morto di cancro. Così anche lui che la violenza aveva risparmiato oggi raggiunto il suo Capo che l’aveva particolarmente caro e che si intratteneva lungamente con lui di tutto e su tutto per lunghe ore come un  preferito discepolo.
Forse il Mussolini degli ultimi tempi si fidava e confidava con lui come con nessun altro. Avranno ripreso nelle sterminate praterie la conversazione troncata…..[segue]

L’articolo, scritto dal Capitano art. Par. Renato Migliavacca, veterano della battaglia di El Alamein, è stato scritto in occasione della quarantaduesima ricorrenza degli scontri. Per un omaggio al combattente e allo scrittore viene riproposto su concessione degli eredi e della rivista “Folgore” organo ufficiale dei paracadutisti d’Italia. Era il 5 Novembre 1942.

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Tratto da Agenzia Stampa Italia

(ASI) Storia e Controstoria. Lettere in Redazione –  La missione era quella di bombardare la zona industriale di Milano. Furono impiegati tre Bomb Group: 38 aerei B-24 del 461° group diretti sugli stabilimenti Isotta Fraschini, 29 aerei B-24 del 484° group per gli stabilimenti Alfa Romeo, 36 aerei B-24 del 451° per colpire gli stabilimenti della Breda; in totale 103 bombardieri quadrimotori ciascuno con  10 bombe da 220 Kg a bordo; in totale 226,6 tonnellate di bombe liberatrici.

(Si pone in rilievo che l’accordo, dietro pagamento 160 milioni mensili, con il CLNAI era specificatamente quello di proteggere le risorse economiche e industriali del Nord Italia! Ci si chiede, allora, come mai i partigiani non corsero, a gara, ad  arruolarsi nella contraerea!) Gli aerei del 461° e del 484° group, in assenza di aerei da caccia e di contraerea, raggiunsero gli obiettivi senza difficoltà. Un certo numero di bombe  caddero fuori bersaglio colpendo alcuni palazzi in zona Fiera con molti morti tra la popolazione. Gli aerei del 451°, raggiunto l’I.P. (l’initial point), a circa 4 Km. dall’obiettivo, cambiarono rotta dirigendosi verso gli stabilimenti Breda. La prima ondata sganciò fuori bersaglio il proprio carico e le bombe caddero in aperta campagna nella zona di Saronno. Dopo alcuni minuti, la seconda ondata prese, senza apparente motivo, una rotta di attacco deviata di 22 gradi verso destra invece che verso sinistra (linea rossa nella foto aerea); quando il leader della formazione si accorse dell’errore, che aveva fatto “mancare” l’obiettivo degli stabilimenti, decise di rientrare alla base. La missione era “fallita”.

Sarebbe stato preciso dovere del comandante dare l’ordine di sganciare a  mare le bombe, sulla via del ritorno, ma, non si sa se perché previsto dal piano operativo, si attuò uno dei peggiori crimini contro l’umanità nella guerra aerea di quegli anni. Le bombe furono sganciate sulle abitazioni civili che erano perfettamente visibili, date le favorevoli condizioni meteorologiche.

L’abitato di Gorla, si trasformò in un inferno! Vennero distrutte case, negozi, officine e la scuola elementare “Francesco Crispi” provocando una strage che avrebbe cambiato la vita del quartiere per sempre: 184 scolari, i loro insegnanti ed alcuni genitori che, al suono dell’ allarme erano accorsi per portarli a casa. Quel giorno, in Milano,  furono recuperati 614 corpi, di molti altri non si ritrovarono nemmeno i resti dilaniati dalle esplosioni.

Nella foto aerea riprodotta più in basso, sulla sinistra è visibile l’Initial Point, cioè il punto da dove si diramano le rotte verso i diversi bersagli. Sul lato destro la sottile linea quasi verticale è il viale Monza lungo il quale, in basso, è visibile il quartiere di Gorla.

La linea verde al centro mostra la rotta (118°) seguita dai bombardieri appartenenti al 461° group che centrò i capannoni situati ad ovest del viale Monza.

In giallo è indicata la rotta di 096° del secondo gruppo di  aerei (2nd attack unit) che aveva, come  bersaglio, altri capannoni che vennero completamente mancati.

Quella rossa e la linea che evidenzia la rotta di 140°, erroneamente (Vedi le osservazioni che seguono) seguita dal terzo gruppo; il comandante, resosi conto troppo tardi di essere finito fuori obiettivo, decise di lanciare il suo carico sul centro abitato.
La giornata era limpida, senza nebbia o smog, non c’era alcuna possibilità di confondere le fabbriche con le abitazioni. Il risultato è chiaramente visibile in basso a destra: i puntini bianchi rappresentano le bombe cadute sulle abitazioni e sulla scuola di Gorla.

L’intestazione della foto indica il bersaglio:    MILAN BREDA WORKS ; Il numero della missione:   138; la data: 20 ottobre 1944; l’ora: 11,24 a.m.; il numero di bombe sganciate: 342 in totale dalle due ondate di bombardieri.

Fonte : National Archives, Washington, G-2, Target damage file (Milan)

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Riceviamo e pubblichiamo l’appello di Cristiana Muscardini per la raccolta di firme a sostegno delle petizioni che alleghiamo a seguire:

lunedì 29 ottobre, in Piazza San Babila angolo C.so Europa, dalle ore 12:00 alle ore 18:00 (sotto i portici) il movimento Conservatori Social Riformatori (CSR) organizza un banchetto per la raccolta di firme sulle Petizioni che vi allego. Nel caso non poteste venire, e se condividete le proposte, firmate le petizioni on-line sul sito www.movimentocsr.it. Le petizioni possono essere anche stampate, presentate e fatte firmare ai vostri amici e conoscenti.

Grazie per la collaborazione, se avete suggerimenti da mandarci li accoglieremo molto volentieri.

Un caro saluto,

Cristiana Muscardini

Petizione finanziamento partiti

Petizione Regioni

Petizione Erasmus

Sen. Riccardo Pedrizzi

Sen. Riccardo Pedrizzi

Per tutta l’estate è rimasto vivace, anzi si è intensificato, dopo un graffiante e provocatorio articolo di Ernesto Galli della Loggia del 24 giugno scorso, il dibattito su quale sarebbe “la forma di azione politica che dà maggiore rilevanza o minore irrilevanza a questa cosa strana che una volta si autodefiniva il mondo cattolico” (Alberto Melloni).

La discussione su questo tema era iniziata oltre un anno fa con il primo convegno di Todi, dove si erano riuniti molti movimenti e realtà dell’associazionismo cristiano; era proseguita, ad intermittenza, nel corso di quest’anno con vari interventi, come quello di Giuseppe De Rita del 4 marzo scorso.

Sempre sul “Corriere della Sera” hanno partecipato, tra gli altri, a questo dibattito Dario Antiseri, Alberto Melloni, Massimo Teodori, Andrea Riccardi, Vittorio Possenti, Roberto Mazzotta, Franco Monaco, Carlo Calenda, Benedetto Ippolito, Andrea Romano, Gianfranco Rotondi, Natale Forlani, Pasquale Pellegrino, Carlo Castelli.

Proviamo, dunque, in vista dei prossimi convegni, che si vanno annunciando in tutta Italia su questo tema, ad individuare alcune coordinate del ragionamento, cercando di mettere a fattor comune le riflessioni sullo stato dell’arte dal mondo cattolico e di intravedere quelle direttrici di marcia suggerite ed emerse dal dibattito, anche  perché si avvicina sempre di più il determinante e cruciale appuntamento elettorale del prossimo anno.

Una realtà è indiscutibile: “il mondo cattolico oggi è in seria difficoltà eppure solo ad ottobre 2011, un anno fa cioè, un po’ tutti (giornalisti, politici, cardinali, leader dell’associazionismo ecc.) ritenevano alle porte una ricomposizione forte della presenza pubblica dei cattolici” (De Rita).

Si è invece accelerato lo scivolamento verso l’irrilevanza dell’associazionismo in genere e “quello che pagherà uno scotto maggiore è e sarà il mondo cattolico che ha i suoi cardini proprio nei soggetti intermedi” (De Rita).

E così, pur disponendo il cattolicesimo italiano di un’immensa rete sociale “ed una sua rappresentanza politica sparpagliata quasi ovunque, …essa sul piano politico e programmatico risulta inefficace, a corrente alternata e marginale” (Vittorio Possenti).

Ciononostante “il  pluralismo politico tra i cattolici è stato un guadagno sia per la Chiesa, che vede così esaltare la libertà e l’universalità della sua missione, al riparo anche solo dal sospetto che essa prenda posizione tra le parti politiche, sia la democrazia italiana con l’attenuazione dello storico sovraccarico ideologico che ne ha inibito a lungo una libera articolazione” (Franco Monaco).

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23 Agosto 1943

Per i liberali le riforme sono scopo a se stesse, punto d’arrivo, ciò che significa conservazione modificata del presente; per i fascisti esse sono semplici strumenti di una rivoluzione progressivamente attenuatasi. Per questa posizione il liberalismo e la democrazia cercano di rinascere nel momento più tragico della nazione e saranno travolti dai partiti di estrema sinistra o da un rinnovato Fascismo.

Il liberalismo e la democrazia rinascono morti nello spirito e nella prassi di governo.

Il Fascismo prima di essere  un movimento politico è un movimento ideologico e come tale ispirò di sé tutte le riforme, anche quelle che sono avvenute entro il quadro degli organi esistenti, i quali furono imbevuti di tutto un nuovo spirito, ma soprattutto si pose faccia a faccia degli istituti e delle credenze tradizionali, svuotandole, rinnovandole o rinnegandole.

Politica, pensiero e fede costituiscono il vero fondamento del Fascismo il quale tornerà a risvegliare, ad eccitare, a mobilitare tutte le forze nazionali.

Se è vero che la parte politica attiva tocca sempre alle minoranze, tanto il fascismo quanto il Risorgimento furono opera di una minoranza: ma nel Fascismo la maggioranza partecipò intimamente o aderì passivamente, ammesso che un rapporto debba pur esistere tra la minoranza che dirige e la maggioranza che segue? Solo la partecipazione intima permette le costruzioni durature ed il Fascismo di domani dovrà riuscire a dare il suo movimento politico una base ideale così salda e profonda, dovrà penetrare così a fondo nelle coscienze, da costituire l’anima stessa della nazione.

 

24 Agosto 1943

Modellate il popolo come volete, la piazza sarà sempre piazza, ossia in sé non sarà mai buona né cattiva.

Superfluo quindi criticare ora, come si legge ogni giorno sui giornali, le parate su comando o gli illusionismi plebiscitari: sarebbe come criticare le rivolte o i tumulti occasionali, incomposti, effimeri. Avvengono e sono anch’essi fatti della storia.

Ad ogni modo le parate fasciste non furono soltanto parate illusionistiche: c’era dentro qualcosa di sano, erano pur sempre un movimento reale di spiriti e di volontà, e in un vasto movimento popolare, come quello fascista, manifestazioni fisiologiche di un organismo rinnovantesi e che voleva affacciarsi a vita nuova.

Si dice che tra i partiti antifascisti ci sia pure una nuova democrazia, quella cristiana: ho l’impressione che debba essere, mutati i tempi, una specie di quel liberalismo cattolico sorto in Francia nel 1840 dopo la condanna da parte della Chiesa del Lamennais e molto simile a quel nostro cattolicesimo liberale che fu il neo-guelfismo. Allora, come oggi, incerto nel pensiero e oscillante tra l’opportunismo e l’affermazione di principio: certamente allora, come oggi, sospettato nella sua ortodossia dottrinale.

In Gran Consiglio, specialmente da parte di Grandi e di Federzoni, ci si è voluti appellare alla Carta Statutaria, si è parlato di un ritorno allo Statuto, dopo che il Fascismo aveva aperto la strada alle nuove concezioni  dello stato e del diritto, che aveva dato vita a una nuova forma di Stato!

Volersi aggrappare ora allo Statuto è semplicemente anacronistico. Ricordiamoci che Carlo Alberto, mentre il Papa e il Gran Duca avevano già ceduto alla costituzione, si mantenne ancora tenacemente aggrappato a Solaro della Margherita e negò le riforme, finché, travolto, le concesse nell’ottobre 1847.

Vittorio Emanuele III che non difese lo Statuto nel  1922 vuol ritornare, può ritornare, dopo vent’anni di costituzione fascista, a Carlo Alberto? Sarebbe come se Carlo Alberto avesse voluto ritornare re assoluto dopo aver concesso la costituzione ed essere diventato re costituzionale.

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Ezio Maria Gray

Ezio Maria Gray

Mai come negli ultimi tempi, la classe politica italiana è sotto assedio. Quasi quotidianamente vengono a galla scandali che coinvolgono amministratori della cosa pubblica di qualunque livello e colore politico, dagli assessori collusi con la ‘ndrangheta, ai capigruppo dediti allo sperpero di denaro pubblico, solo per soddisfare i propri bisogni personali. Ricoprire una qualunque carica politica, non è più un mezzo per mettere al servizio della comunità le proprie competenze, ma serve solo a garantirsi un posto al sole, per raggiungere una riserva di denaro dalla quale attingere a piene mani, non solo grazie a stipendi assolutamente eccessivi ed ingiustificati, ma anche grazie ad un sistema che consente di disporre a piacimento di ingenti somme di denaro pubblico, sotto forma di contributi per l’attività politica o di rimborsi per fantomatiche spese.

Certamente il livello morale della classe politica non è sempre stato questo, ci sono state persone che in passato hanno avuto una condotta virtuosa ed irreprensibile, ed in tal proposito intendiamo proporre un documento che lo testimonia in modo limpido. Si tratta di una comunicazione che Ezio Maria Gray, già Vice Presidente della Camera, inviò al Prof. Carlo Alberto Biggini il 12 Febbraio 1937:

“Caro Biggini. Ho trovato qui la tua lettera. Sono molto lieto che la mia chiacchierata o conversazione è piaciuta non solo al pubblico folto ma a te che ne rappresenti la aristrocazia intellettuale e morale. Come dissi a Tuo Padre tu sei alla Camera uno dei giovani (dico “giovani” in ogni senso) più rispettati ed amati (diciamo ben voluti perché all’amore in quell’ambiente credo poco…) e la tua amicizia perciò mi è veramente cara. Grazie ancora della buona compagnia che mi hai fatta; ricordami al pur tanto caro Bibolini. Bada che per un attacco o ritorno di influenza (e anche perché tre notti di treno senza sosta mi pesavano) ho disdetto il mio impegno a Parma per domani sera; conferma, ti prego, che ero ammalato…. Ed ora alle minime; ho avuto il tuo assegno di lire cinquecento ma siccome avete voluto addossarvi anche le spese di albergo e varie, così consentimi che io ti restituisca lire cento qui accluse (scusa la confidenza del biglietto di banca ma perderei tempo a fare l’assegno); so bene che cento lire non arricchiscono né impoveriscono le vostre casse dell’Ist. Cultura ma mentre trovo e sostengo giusto che un rimborso spese sia dato a chi vien di fuori, trovo anche giusto che ciò avvenga in misura equa e non più in là. Se poi non trovi facile aggiustare la cosa contabilmente permettimi che a mezzo tuo io dia le cento lire all’Ente Opere Assistenziali locale. Saluti a Biaggini e a Bertagna, tuo affmo Ezio M. Gray” Tratto dal libro “Mussolini e il Professore” di Luciano Garibaldi

Da sottolineare infine che la comunicazione di Gray è strettamente confidenziale, quindi fatta senza perseguire alcun intento di compiacere, o di attirarsi le simpatie delle masse, ma solamente per senso di responsabilità ed onestà

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