“Mai così tanta gente era stata messa in prigione. Il numero dei prigionieri fatti dagli alleati era senza precedenti nella storia. I Sovietici fecero prigionieri circa 3,5 milioni di europei, gli Americani circa 6,1 milioni, i Britannici circa 2,4 milioni, i Canadesi circa 300.000, i Francesi circa 200.000. Milioni di giapponesi furono catturati dagli Americani nel 1945, più altri 640.000 circa dai Sovietici”.
Non appena la Germania capitolò l’8 Maggio 1945, il governatore americano, il Generale Eisenhower, divulgò una “corrispondenza urgente” in tutta la vasta zona sotto il suo comando, facendo diventare per i civili tedeschi un crimine passibile di pena capitale il fatto di dare da mangiare ai prigionieri. L’ordine, tradotto in tedesco, fu inviato ai governi delle province, con istruzioni di trasmetterlo immediatamente alle autorità locali. Copie di questi ordini sono state recentemente rinvenute in vari paesi vicino al Reno. Il messaggio (ripreso da Bacque nel suo libro) diceva fra l’altro: “in nessuna circostanza approvvigionamenti di viveri dovranno essere raccolti fra gli abitanti del luogo con l’intento di darli ai prigionieri di guerra. Coloro che violeranno questa disposizione e coloro che tenteranno di aggirarla consentendo che qualcosa arrivi ai prigionieri, mettono se stessi a rischio di fucilazione”.
L’ordine di Eisenhower fu esposto anche in inglese, tedesco e polacco nella bacheca del quartier generale del governo militare in Baviera, firmato dal Capo di stato maggiore del governatore militare di Baviera. In seguito fu affisso in polacco a Straubing e a Regensburg, dove si trovavano numerose compagnie di soldati polacchi nei campi vicini. Un ufficiale dell’Esercito americano che lesse quest’ordine nel Maggio 1945, scrisse che “era l’intenzione del comando d’armata, per quanto riguarda i campi dei prigionieri di guerra tedeschi nella zona americana, dal Maggio 1945 fino alla fine del 1947, di sterminare il più alto numero possibile di prigionieri di guerra fintanto che la cosa rimaneva al di fuori del controllo internazionale”.
La politica dell’esercito americano era di affamare i prigionieri, secondo il parere di numerosi soldati americani che si trovavano sul posto. Martin Brech, professore di filosofia in pensione del Mercy College di New York, che fu guardiano ad Andernach nel 1945, ha raccontato che un ufficiale gli disse che “era la nostra politica di non dare da mangiare a questi uomini”. I 50 – 60.000 uomini ad Andernach morivano di fame, vivendo senza ripari in buche scavate nella terra, tentando di nutrirsi con dell’erba. Quando Brech passò loro di nascosto del pane attraverso il filo spianto, un ufficiale gli ordinò di smettere. In seguito Brech vece avere loro dei viveri, si fece catturare e lo stesso ufficiale gli disse: “se lo rifai verrai fucilato”. Brech vide dei cadaveri venire portati via dal campo “dal camion di servizio”, ma non gli dissero mai quanti erano, dove venivano sepolti e come.
Il prigioniero Paul Schmitt fu ucciso nel campo americano di Bretzenheim dopo essersi avvicinato al filo spianto per vedere sua moglie ed il figlioletto che gli portavano un cesto di viveri. I Francesi non furono da meno: Agnès Spira fu uccisa da sentinelle francesi a Dietersheim nel Luglio 1945 per aver portato del cibo ai prigionieri. Il suo memoriale vicino a Budesheim, scritto da uno dei figli, dice: “il 31 Luglio 1945, mia madre mi fu strappata improvvisamente e inaspettatamente a causa delle sue buone azioni nei confronti dei soldati prigionieri”. La nota nel registro della chiesa cattolica dice semplicemente: “una morte tragica, uccisa a Dietersheim il 31.07.1945. Sepolta il 3.08.1945”. Martin Brech vide con sorpresa un ufficiale appostato su di una collina ad Andernach che sparava su donne tedesche che fuggivano correndo nella vallata sottostante. Il prigioniero Hans Scharf vide una donna tedesca con i suoi due bambini venire verso una sentinella americana nel campo di Bad Kreuznach, portando una bottiglia di vino. Lei chiese alla sentinella di dare la bottiglia a suo marito che si trovava appena oltre il filo spinato. La sentinella si portò alla bocca la bottiglia e quando fu vuota la gettò a terra ed uccise il prigioniero con cinque colpi d’arma da fuoco.
Numerosi prigionieri e civili tedeschi videro le sentinelle americane bruciare il cibo portato dalle donne. Di recente, un ex prigioniero descrisse quanto segue: “Le donne della città più vicina portarono del cibo nel campo. I soldati americani lo confiscarono facendone un solo mucchio, versandovi sopra della benzina bruciandolo”. Eisenhower stesso ordinò che il cibo venisse distrutto, secondo lo scrittore Karl Vogel che era il comandante del campo tedesco, nominato dagli americani nel campo N° 8 a Garmisch-Partenkirchen. Nonostante i prigionieri ricevessero soltanto 800 calorie al giorno, gli americani distruggevano il cibo davanti al cancello del campo.
James Bacque, Crimes and Mercies: the Fate of German Civilians Under Allied Occupation, 1944-1950. (Crimini e pietà: il destino dei civili tedeschi sotto l’occupazione alleata, 1944-1950), pag. 41-45, 94-95
“Il 20 Aprile era un giorno di forte maltempo. La pioggia e la neve si mescolavano al gelido vento del nord che spazzava la vallata del Reno fino al campo, situato in pianura. Dietro ai fili spinati ci attendeva uno spettacolo orribile: stretti fortemente gli uni agli altri per riscaldarsi, circa 100.000 detenuti stravolti, apatici, sporchi, emaciati, dallo sguardo vuoto, vestiti in uniformi grigie, se ne stavano in piedi, impantanati nel fango fino alle caviglie. Qui e la si intravedeva un bianco sporco che, in un secondo momento, si rivelò essere uomini con la testa o le braccia fasciate da bende, o semplicemente da una manica di camicia. Il comandante tedesco di divisione ci informò che i prigionieri non mangiavano da più di due giorni e che l’approvvigionamento di acqua rappresentava un importante problema proprio mentre a meno di 200 metri il Reno scorreva a letto pieno”.
“Resoconto di una visita ad un campo di prigionia di prigionieri di guerra tedeschi nelle mani dell’esercito americano”, del Colonnello James B. Mason e il Colonnello Charles H. Beasley, del Servizio Sanitario Militare degli Stati Uniti, pubblicato nel 1950.
“Nell’Aprile 1945, centinaia di migliaia di soldati tedeschi, malati catturati negli ospedali, invalidi, donne ausiliarie e civili furono fatti prigionieri. A Rheinberg c’era un detenuto di 80 anni e un altro di 9 anni. Avendo come sola compagnia una sete atroce ed una fame lancinante, i prigionieri morivano di dissenteria. Senza sosta, un cielo ben poco clemente, rovesciava su di essi, per settimane, torrenti di pioggia. Gli invalidi scivolavano nel fango come degli anfibi, bagnati e congelati fino alle ossa. Senza il minimo riparo, giorno dopo giorno, notte dopo notte, giacevano sulla sabbia di Rheinberg, abbandonati alla disperazione, oppure si addormentavano sfiniti dentro alle loro buche le cui pareti cedevano, prima di sprofondare nell’eternità”.
Heinz Janssen, Prigionieri di guerra a Rheinberg, 1988
“Non potevamo nemmeno stenderci completamente. Restavamo seduti tutta la notte, pigiati gli uni contro gli altri. Ma niente era peggio della mancanza di acqua. Per ben tre giorni e mezzo non ci è stata data acqua. Bevevamo la nostra urina. Il gusto era orribile, ma che cosa potevamo fare altrimenti? Alcuni di noi abbassavano la testa al suolo e lo leccavano per tentare di ricavarne un po’ di umidità. Mentre ero già molto debole e riuscivo soltanto a mettermi sulle ginocchia, ci hanno finalmente distribuito dell’acqua. Penso che sarei morto senza quell’acqua. E il Reno si trovava appena oltre i fili spinati. Attraverso il reticolato, le sentinelle ci vendevano acqua e sigarette. Una sigaretta costava 900 Marchi. Ho visto morire migliaia di miei compagni. Portavano via i loro corpi su dei camion”.
George Weiss, testimonianza raccolta da James Bacque, 1988
“Ci tenevano in recinti con filo spinato, all’aria aperta e praticamente senza cibo. Le latrine erano costituite da assi gettate sopra a delle fosse, vicino ai fili spinati. Per dormire non avevamo altra scelta che scavare un buco per terra con le nostre mani e poi di stringerci gli uni contro gli altri nel fondo. Non avevamo praticamente spazio vitale. A causa della malattia, gli uomini dovevano defecare per terra. Ben presto, molti di noi si sono sentiti troppo deboli per alzarsi i pantaloni prima che fosse troppo tardi. I nostri vestiti erano infettati e così anche il fango nel quale bisognava camminare, sedersi e coricarsi. All’inizio non c’era acqua, a parte la pioggia; nel giro di due settimane fu possibile averne un po’ tramite un rubinetto. La maggior parte di noi non aveva un recipiente per raccoglierla e potevamo ingurgitarne solo un po’ dopo ore di coda e talvolta anche dopo una notte di attesa. Dovevamo camminare in mezzo alle buche, sui mucchi di terra molle dovuti agli scavi dei prigionieri per ripararsi. Era facile cadere dentro alle buche, ma non altrettanto facile uscirne. In quella primavera piovve quasi di continuo in questa parte della valle del Reno. Per oltre la metà del tempo abbiamo avuto pioggia. Per più della metà del tempo non abbiamo avuto niente da mangiare. Per il resto ci veniva data una piccola razione K. Dalla lista stampata sulla confezione mi rendevo conto che ci veniva dato solo un decimo del contenuto di queste razioni prodotte in America. In definitiva noi ricevevamo forse il 5% di una normale razione dell’esercito americano. Mi sono lamentato col comandante del campo, un americano, dicendogli che stava violando la Convenzione di Ginevra, ma questi mi ha risposto semplicemente: “dimentica la convenzione, tu non hai alcun diritto”. Nel giro di qualche giorno, uomini in buona salute al loro arrivo al campo, erano già morti. Ho visto i nostri compagni trascinare numerosi cadaveri fino ai cancelli del campo, dove veniva ammassati uno sull’altro, stessa cosa succedeva su un camion che li portava via”.
Charles von Luttichau, testimonianza raccolta da James Bacque, 1988
“Siccome eravamo circa una trentina, credevamo che il viaggio sarebbe durato un giorno, invece abbiamo viaggiato per tre giorni interi, senza uscire, completamente chiusi. Guardavamo attraverso delle piccole fessure per sapere dove ci trovavamo. Dopo tre giorni arrivammo a Rennes. Nel campo c’erano più di 100.000 prigionieri, all’incirca lo stesso numero degli abitanti della città. Nelle baracche c’erano dei letti, i primi che vedevamo dopo settimane. Erano in legno, sovrapposto su tre piani, senza niente, ne paglia ne nient’altro. Si dormiva sulle assi. Era la prima volta che avevamo un tetto sulla testa da quando eravamo stati catturati. Avevamo trascorso tre settimane a Kreuznach, sul terreno, senza il permesso di accendere un fuoco o di scavare buche, e il nostro solo lavoro durante il giorno era quello di fare la coda per un po’ d’acqua. Questa veniva portata da dei contadini dentro a dei barili ma talvolta si esauriva prima ancora di essere messa nei barili perché la gente faceva dei buchi nei tubi e si affrettavano a bere. Il cibo mancava totalmente. Quando arrivavano i piselli, venivano divisi fra di noi e, una volta fatte le parti, ne restavano alcuni a testa. Tutti contavano e se ce n’erano sei a testa, beh allora si aspettava di arrivare a sei e mezzo.
Siamo rimasti a Rennes per otto mesi. Quando gli americani hanno lasciato il campo, ebbero un comportamento schifoso nei confronti dei francesi, i quali si sono vendicati su di noi. Avevo trovato un pezzo di tessuto in una delle baracche e potevo scriverci sopra. Mi sono accorto di capire tutto quello che scrivevo ma, una volta che lo cancellavo, questo si cancellava anche dalla mia memoria. Non ricordarsi le cose era il primo segno di sfinimento. Era terribile, cancellavo e non ero più in grado di ricordare ciò che avevo appena scritto e compreso. Non ero depresso, era soltanto la malnutrizione. Poi, quando la debolezza la faceva veramente da padrona e che il minimo movimento ci faceva svenire, si calcolava quanto tempo si restava svenuti. La malnutrizione era diventata così grave che il benché minimo gesto, fatto troppo velocemente, ci faceva svenire. Il cibo era talmente raro che le persone in generale erano ammalate e quando ci ammalavamo ci portavano all’ospedale. Quando le persone venivano portato in ospedale non le vedevamo mai ritornare. Dei 100.000 prigionieri detenuti a Rennes, ce ne fu sicuramente una parte che morì e anche una buona parte, ma io non ho mai trovato il benché minimo cimitero.
Non abbiamo mai visto la Croce Rossa. Nessuno è mai venuto ad ispezionare il campo per due anni. La loro prima visita avvenne nel 1947 per portarci delle coperte. Si mangiava l’erba che cresceva fra le baracche. I francesi non erano i soli responsabili di ciò che succedeva nei campi in Francia poiché avevano ricevuto molti tedeschi con la salute già considerevolmente compromessa in seguito a maltrattamenti ricevuti in Germania (nei campi americani)”.
Heinz T., testimonianza raccolta da James Bacque
“ Che peccato non averne potuto ammazzare di più “.
Lettera di D. Eisenhower al Generale Marshall, Maggio 1943, dopo la resa delle forze dell’Afrika Korps (questa frase fu in seguito soppressa dalle edizioni ufficiali della sua Corrispondenza)
“ E’ esattamente come nelle fotografie di Buchenwald e Dachau “.
Rapporto del Cap. Julien, 3° Reggimento tiratori scelti algerini, Luglio 1945
“Ero molto stupito di vedere che i nostri prigionieri erano deboli ed emaciati come quelli che avevo visto nei campi di concentramento nazisti. Il giovane comandante ci disse con tono calmo che lui privava deliberatamente i prigionieri del cibo e dichiarò: “Questi nazisti vengono finalmente ripagati nella stessa moneta!”. Era talmente convinto di comportarsi in modo corretto che non sollevammo alcuna polemica in sua presenza”.
Robert Murphy (consigliere politico civile del Gen. Eisenhower), dopo la visita ad un campo di prigionia durante l’estate del 1945.
“ La situazione dei prigionieri di guerra tedeschi in Europa è diventata disperata e rischia di diventare uno scandalo dichiarato. Nel corso delle ultime settimane, molti francesi, ex prigionieri dei tedeschi, mi hanno inviato note di protesta relative al trattamento che il governo francese impone ai prigionieri di guerra tedeschi. Ho incontrato Pradervand (principale Delegato del Comitato della Croce Rossa in Francia, il quale mi ha detto che la situazione dei prigionieri tedeschi in Francia è, in numerosi casi, peggiore di quella dei campi di concentramento tedeschi. Mi ha mostrato delle foto di scheletri viventi e lettere provenienti da comandanti di campi francesi che hanno richiesto di essere sollevati da questa responsabilità in quanto non riescono ad avere nessun aiuto dal governo francese e non sopportano di vedere i prigionieri morire d’inedia. Pradervand ha bussato a tutte le porte nell’ambito del governo francese senza ottenere però il benché minimo risultato”.
Lettera di Henry W. Dunning (responsabile della Croce Rossa americana) indirizzata al Dipartimento di Stato, il 5 Settembre 1945
“Apprendiamo che in alcuni campi (francesi), buona parte del cibo, in linea di massima sufficiente e destinata ai prigionieri di guerra, viene dirottato dalla sua destinazione; che si vedono camminare scheletri viventi simili a quelli dei deportati nei campi tedeschi e che i morti per inedia sono numerosi; che apprendiamo che capita a questi prigionieri di essere picchiati selvaggiamente e sistematicamente; apprendiamo che vengono impiegati alcuni di questi sfortunati per dei lavori di sminamento senza fornire loro l’apparecchiatura necessaria e ciò li rende dei condannati a morte più o meno a breve termine. Bisogna che queste pratiche cessino”.
Editoriale del Figaro, 19 Settembre 1945
“Questi prigionieri (nelle mani dei francesi) sono 600.000. 200.000 sono inabili al lavoro, di questi: a) 50.000 sono da rimpatriare in base alle convenzioni (invalidi, ciechi, pazzi, tubercolosi, anziani ecc.); b) 150.000 perché soffrono di grave denutrizione. La situazione dei 200.000 prigionieri di guerra sopra menzionati è così precaria, sia dal punto di vista alimentare che da quello sanitario e del vestiario, da poter dire, senza essere pessimisti, che non riusciranno a sopportare i rigori dell’inverno. Per rimediare a questa situazione è necessario che venga intrapresa un’azione energica urgente”.
Lettera di J.P. Pradervand (Capo delle delegazioni della Croce Rossa Internazionale) al Gen. De Gaulle, 26 Settembre 1945
“Mentre oggi si parla di Dachau, fra dieci anni in tutto il mondo si parlerà di campi come……… Il nostro corrispondente cita quello di Saint-Paul d’Egiaux. Ma sembra che questo giudizio sia valido per molti campi francesi di prigionieri dell’Asse”.
Jacques Fauvet, nel Le Monde, 30 Settembre/1° Ottobre 1945
“Le condizioni di prigionia dei prigionieri tedeschi nell’ambito del teatro europeo, espongono (il governo degli Stati Uniti) a delle gravi accuse di violazione della Convenzione di Ginevra”.
Lettera di B. Gufler, del Dipartimento di Stato, 11 Gennaio 1946
“La definizione di eliminazione non è eccessiva se si considera che il numero di queste morti supera ampiamente tutte quelle subite dall’esercito tedesco sul fronte occidentale tra il Giugno 1941 e l’Aprile 1945”
Dr. Ernest F. Fisher Jr., colonnello in pensione ed ex responsabile storico dell’esercito degli Stati Uniti, 1988
“La storia considera solo i fenomeni di massa. Senza il grande numero di morti nei campi, la storia non avrebbe citato niente. Per impedire che il loro crimine fosse divulgato e trasformato in evento storico, bastava agli americani e ai francesi nascondere l’enormità di un disastro che solo loro potevano valutare. Ci riuscirono”.
James Bacque, Gli Altri Lager, 1989
L’atteggiamento del Generale De Gaulle:
“In qualità di capo del governo e capo delle forze armate, capitava senza dubbio a De Gaulle di parlare di questo problema col suo capo di Stato Maggiore della Difesa Nazionale, il Maresciallo Alphonse Juin, lui stesso al corrente della delicata situazione che riguardava i campi. Consigliato dal Maresciallo Juin, De Gaulle si rifiutò di ricevere Pradervand (Delegato della Croce Rossa Internazionale) ed offrì alla stampa mondiale, agli inizi del mese di Ottobre, una importante conferenza stampa nel corso della quale affrontò molto prudentemente il contenzioso franco-americano relativo al trasferimento dei prigionieri. Un atteggiamento tutto sommato poco sorprendente quando sappiamo che il Gen. De Gaulle aspettava la consegna quotidiana di migliaia di tonnellate di materiale bellico e di viveri (da parte degli americani). Charles De Gaulle era molto preoccupato dai problemi di politica interna, dal bisogno di instaurare la propria autorità in una Francia divisa e ansiosa di riconquistare il suo impero coloniale. Il destino di un milione di prigionieri tedeschi non aveva un gran peso sulla bilancia.
I viveri non mancavano, ma invece che essere distribuiti agli uomini che avevano fame, venivano venduti dagli ufficiali al mercato nero, con la sorpresa e la costernazione di uomini onesti come il sindaco di Bascons, Raoul Laporterie, che osò rischiare la propria carriera criticando il Gen. De Gaulle, il che gli portò effettivamente delle conseguenze.
Il Generale De Gaulle avrebbe potuto facilmente evitare numerose morti smettendo di aggiungere ulteriori prigionieri a quelli che già perivano d’inedia. Il Maresciallo Juin avrebbe potuto convincerlo ad agire di conseguenza. Il Generale Buisson (direttore del servizio dei prigionieri di guerra) fu in un qualche modo vittima, come i prigionieri, di una politica futile e viziosa inflitta dai detentori del potere che altri non erano che il Gen. De Gaulle e il Maresciallo Juin. A chi spetta la gloria, tocca la vergogna”.
James Bacque, Gli Altri Lager, 1989
Carne da macello per la guerra d’Indocina
“I francesi affamarono deliberatamente dei prigionieri in modo da provocare il loro “impegno volontario” nella Legione Straniera. In effetti, un certo numero di legionari che combatterono in Indocina erano prigionieri di guerra tedeschi trasferiti nei campi francesi nel 1945 e nel 1946”.
James Bacque, Gli Altri lager, 1989
“Siamo rimasti a Rennes otto mesi. Per tutto questo tempo avevamo capito perché ci avevano fatto venire qui. La Francia aveva bisogno di soldati. Avevano un grosso problema in Indocina e volevano ricorrere alla loro Legione Straniera. Agenti tedeschi al servizio dei francesi si erano infiltrati tra di noi per reclutare dei soldati. I soldati che si erano impegnati ad entrare nella Legione furono messi in un altro campo vicino e li si poteva vedere. Nel giro di due settimane, essendo stato meglio nutriti, avevano un aspetto più robusto, mentre noi diventavamo sempre più deboli. Si poteva vederli giocare a calcio e cantare e il tutto a due passi da noi”.
Heinz T., testimonianza raccolta da James Bacque.
tratto da