Adriano Olivetti: il futuro. La sinistra “post-olivettiana”: il declino
Si è svolto il 21 ottobre scorso presso le Officine H di Ivrea, un edificio simbolo del periodo di Adriano Olivetti, la presentazione ufficiale della candidatura di quella città ad essere inserita nella “Word Heritage List”, ossia nell’elenco Unesco del patrimonio culturale e naturale del Mondo, secondo la Convenzione internazionale del 1972.
L’iniziativa a prima vista sembra espressione di nobili sentimenti e quindi da apprezzare senza riserve. Invece crediamo che queste riserve debbano essere avanzate e approfondite perché tale presentazione ha avuto luogo sotto il titolo: “Ivrea,città industriale del XX secolo”, facendo cioè riferimento ad un passato glorioso e che oggi non è più, malgrado avesse costituito – e lo era al massimo grado – la base incontestabile prodroma ad un ulteriore sviluppo di alta civiltà e di avanguardia economica e sociale.
La fabbrica Olivetti, infatti, con i suoi prodotti di continua innovazione tecnologica – le migliori, più funzionali e belle macchine da scrivere allora esistenti – portò il nome di Ivrea e dell’Italia in tutto il mondo come esempio di progresso industriale , di produttività e di elevazione umana delle maestranze positivamente coinvolte. Il tutto dovuto alla costante attività di ricerca, da parte di tutti coloro che vi lavoravano, collegata con una forte socialità aziendale ed una solidale comunitarietà territoriale. E questo sotto l’impulso di un geniale e profetico imprenditore quale, appunto, fu Adriano Olivetti.
Un esempio, dunque, da potersi imitare ed estendersi all’estero e da doversi implementare all’interno nel nostro Paese . Invece – come è ben documentato dal filmato”Adriano Olivetti: La forza di un sogno” proiettato l’altro giorno dalla Rai Uno – all’estero, proprio negli Usa, la cupola finanziario-capitalistica lo vide come pericoloso modello, particolarmente dannoso al proprio sistema e, all’interno – in Italia – la partitocrazia imperante lo snobbò e spesso anche lo boicottò.
Il bollettino del Cesi IL SESTANTE dedica questo numero interamente a questa vicenda, quale paradigma di un destino al quale il nostro Paese sembra essere condannato dal regime imposto oltre sessant’anni fa a seguito della guerra perduta (gli esempi di deindustrializzazione e di delocalizzazione sono ormai tanti e quasi disperanti !) per spronare invece una nuova generazione di volonterosi e coraggiosi dirigenti politici ed economici a ribellarsi e a riprendere in mano il proprio destino.
SOMMARIO DI QUESTO NUMERO
- Dalla esperienza del passato trarre il progetto per il futuro. La terza via di Olivetti superava capitalismo e collettivismo di Gaetano Rasi
- La vera storia di un precursore. Adriano Olivetti un “riformista” al di là della destra e della sinistra?(Mario Bozzi Sentieri)
-Un ritratto di Adriano Olivetti. Il “visionario” che realizzo un modello di capitalismo partecipativo (Giorgio Ballario)
-Adriano Olivetti: La lezione tradita. Quando fu svenduta l’elettronica d’avanguardia. La graphic novel “Un secolo troppo presto” (Roberto Alfatti Appetiti)