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da Il Giornale d’Italia

L’azione di Mussolini, dalla costituzione dei Fasci alla Marcia su Roma, dallo Stato Corporativo alla Guerra d’Africa, dalle sanzioni alla Guerra di Spagna

Nell’ultima puntata del nostro speciale dedicato al pensiero di Carlo Alberto Biggini abbiamo parlato di libertà e di solidarietà, cercando di argomentare sul tema complesso della libertà. Riprendiamo da lì, e parliamo dunque, per agganciarci a quanto trattato la scorsa settimana, di solidarietà. Oggi il concetto di solidarietà si confonde con quello di pietismo, che non è la stessa cosa.

Solidarietà è intima condivisione, solidarietà è partecipazione, è sostegno prima di tutto morale, spirituale, intimo. Solidarietà non è, tanto per fare un esempio, accoglienza incondizionata del profugo che cerca ospitalità. Quel profugo, se è vero che è un fratello in difficoltà, occorre essere in grado di accoglierlo. E se non si è in grado, questa accoglienza è pietismo, non solidarietà. Si tratta solo di un esempio, che si incastra nell’epoca odierna, ovviamente. Facendo le dovute proporzioni, in questo senso proviamo a leggere le parole di Biggini: “Ed il Fascismo realizza la sua concezione politico-rivoluzionaria nell’ordine spirituale, risvegliando nel popolo il sentimento del dovere, della lotta, del sacrificio, l’abitudine alla disciplina, il senso dell’obbedienza, l’idea della subordinazione dell’individuo allo Stato, della solidarietà, della collaborazione: nell’ordine politico e giuridico creando, sulle rovine dello Stato individualista liberale e democratico, sulle rovine dello Stato

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collettivista socialista e comunista, lo Stato Corporativo Fascista”. E infatti il paragrafo successivo del nostro libro si intitola “Lo

Stato premessa fondamentale di civiltà”. Leggiamo insieme: “La Rivoluzione delle Camicie Nere, fondata sull’eroismo e sul martirio, scese in campo per salvare i principi, le forze, le tradizioni, l’avvenire dello Stato, onde crearne uno nuovo: e ciò perché Mussolini, fin dalle origini del movimento, ha valutato il problema dello Stato come premessa fondamentale di ogni processo di civiltà, come condizione essenziale nella vita dei popoli, come punto di partenza verso l’organizzazione di un nuovo ordine internazionale.

Quelli che ci apparvero come due momenti distinti, tutto volto all’interno l’uno, tutto volto all’esterno l’altro, non sono nella mente di Benito Mussolini che un solo momento della posizione rivoluzionaria del Fascismo. Venti anni di lotte e di esperienze, interne ed internazionali, ci fanno apparire chiari tutti i motivi mussoliniani. Ricordate quella proposizione mussoliniana: ‘il revisionismo sta alle nazioni, considerate nei loro rapporti, come il corporativismo sta alle classi, considerate nei loro rapporti’?”. Biggini parla in questo modo – lo ricordiamo – nel 1942: alle spalle di quanto dice ci sono venti anni esatti di Fascismo. E infatti subito a seguire egli ripercorre tutta l’azione di Mussolini, dalla costituzione dei Fasci alla Marcia su Roma, dallo Stato Corporativo alla Guerra d’Africa, dalle sanzioni alla Guerra di Spagna, e poi sottolinea la “guerra antiplutocratica ed antibolscevica”, e definisce l’azione del capo del Fascismo “profetica”, perché “oggi nessun popolo, anche se nemico, può sottrarsi all’influenza dei principi rivoluzionari fascisti”. La guerra, lo sappiamo, prenderà un corso diverso però, e trascinerà con sé tante belle speranze. Insieme, però, darà all’Italia l’esperienza straordinaria di Salò: straordinaria dal punto di vista sociale, sotto moltissimi aspetti. Quando parla Biggini, però, in questa circostanza, nessuno può ancora immaginare che da lì a meno di un anno sarebbe arrivato il 25 luglio e tutto ciò che ne conseguirà. Certo è che Biggini dice il vero quando afferma che “il Fascismo ha aperto nuovamente il problema dello Stato in tutti i suoi aspetti fondamentali”. E aggiunge: “Oggi è dall’Italia, dall’Italia mussoliniana, che il problema dello Stato e del diritto s’impone al mondo e con esso problema quello della organizzazione sociale ed economica”. Parla, Biggini, di “crisi del sistema democratico non solo come ordinamento interno, ma anche come ordinamento internazionale, consapevolezza che Benito Mussolini per primo intese ed espresse in forme mirabili di pensiero e di azione”. E anche qui Carlo Alberto Biggini, che ci parla della “crisi del sistema democratico non solo come ordinamento interno ma anche come ordinamento internazionale, sembra un uomo del nostro tempo. Nel suo, di tempo, la questione venne presto risolta: con un “sistema politico che nei suoi principi, nei suoi metodi, nella sua pratica istituzionale è la perfetta antitesi della democrazia e barriera insuperabile al bolscevismo”. Oggi, per noi uomini e donne del terzo millennio, la questione è un po’ più complicata. Ma che viviamo una intensa crisi del sistema democratico è evidentemente sotto gli occhi di tutti. E anche adesso, come allora rilevava Biggini, si tratta non solo di un complesso processo politico-sociale, ma “di civiltà, nel senso più lato e profondo della parola”.

Il nostro percorso in “Stato e Antistato” si ferma qui. Non certo il nostro resoconto sul genio di Carlo Alberto Biggini, che proseguirà con altri suoi “lasciti” a questa generazione troppo spesso ingrata. Prima di passare avanti, però, mi preme segnalare ai lettori quanto riportano la seconda e la terza di copertina di questo libretto che abbiamo appena finito di esaminare. Si tratta di un brano dalla consegna di “Coscienza e Dovere” di Arnaldo Mussolini ai giorni di Mistica Fascista: “Oggi si dilata lo spirito per assorbire ed elaborare tutto quello  che di nuovo si impone all’attenzione ed all’esame critico dell’ingegno. La nostra coscienza non rinnega niente del nuovo che si avanza. Il dovere costituisce una legge che s’inquadra nel nostro secolo, facendosi più forte per le nuove esperienze, e la coscienza che lo regge è coscienza nuova, resa più ricca e più vitale dal crogiolo di sacrifici e di eroismi. È lo spirito che vale. È lo spirito che vi anima, è in giusta relazione al correre del tempo che non conosce dighe, né ha dei limiti critici; Mistica è il richiamo a una tradizione ideale che rivive trasformata e ricreata nel vostro programma di giovani fascisti rivoluzionari”.

Il secondo stralcio è tratto dalla relazione “Perché siamo dei mistici”, di Niccolò Giani, al I Convegno Nazionale della Scuola di Mistica Fascista. Eccolo, leggete e riflettete: “Credere, quindi. Anzitutto credere e poi ancora credere. Cioè guardare con simpatia e con ottimismo la vita e gli uomini, credere nel bene e nell’onestà, nella santità e nella virtù, come ha insegnato Arnaldo. Essere sempre entusiasti, giovani, pieno lo spirito di gioia e di sole, lieti di combattere e lieti di morire, per dare a questo mondo che ci circonda la forma dei nostri sogni e dei nostri ideali. Tutto torna agli uomini,  – ha detto Mussolini – e noi siamo per l’uomo migliore, per l’uomo più morale, più onesto, più intelligente, per l’uomo che costruisce, per l’uomo che lascia l’impronta di sé nelle cose del mondo”.

emoriconi@ilgiornaleditalia.org

Emma Moriconi

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