E’ da un po’ di tempo che negli incontri e nei dibattiti a cui mi capita di partecipare affiora l’idea che il “signoraggio bancario” sia la causa dell’attuale crisi finanziaria. A rilanciare sui mass media un tema, quello del signoraggio bancario e della sua incidenza sulla crescita economica ma caro a molti amici, c’è stato sicuramente lo scalpore suscitato dall’Avv. Marra e le bellezze mostrate (senza particolare pudore) dalla Dottoressa Sara Tommasi, oltre che naturalmente la convinta battaglia di alcuni affezionati.
Dirò subito, a scanso di equivoci con quello che seguirà, che a parere di chi scrive l’attuale crisi ha poco a che vedere con la questione del signoraggio in senso stretto[1], ma ha, invece, molto a che fare con lo scellerato comportamento del sistema bancario che ha approfittato del clima da farwest che ha dominato l’intermediazione finanziaria degli ultimi anni. Forse con più efficacia la critica andrebbe mossa al comportamento delle banche piuttosto che a quello dell’Istituto di emissione.
Ma andiamo con calma e vediamo di meglio chiarire le questioni in ballo.
Quando parliamo di signoraggio bancario, comunemente intendiamo l’insieme dei redditi derivanti dall’emissione di moneta ed, in particolare, in rapporto all’euro, facciamo riferimento al reddito originato dagli attivi detenuti in contropartita delle banconote in circolazione che viene ricompreso nel calcolo del reddito monetario; ne fa menzione anche l’articolo 32.1 dello Statuto del SEBC, secondo cui il signoraggio è “Il reddito ottenuto dalle Banche Centrali Nazionali nell’esercizio delle funzioni di politica monetaria del Sistema Europeo delle Banche Centrali”. Come si vede, già da queste prime battute, il potere dalla Banca Centrale di “battere moneta” è garantito in sede di Statuto, e ad essa si riconosce il diritto al signoraggio che risulta essere il ricavo dell’attività delle funzioni di politica monetaria da questa svolta. Insomma, una precisa esplicitazione del ruolo attribuito all’Istituto di emissione e del compenso riconosciutogli e, soprattutto, come emerge ad una attenta lettura dello stesso statuto e dei trattai , incardinata in un sistema di pesi e garanzie, che marcano la distanza tuttavia al diritto riconosciuto al Principe di emettere moneta in funzione dei suoi bisogni.
[1] Maurice Obstfeld, Kenneth S. Rogoff, Foundations of International Macroeconomics, Massachussetts Institute of Technology, 1996, (chapter 8, Money and Exchange Rates under Flexible Prices, section 2, The Cagan Model of Money and Prices, paragraph 6, Seigniorage, pag. 52, e Paul R. Krugman, Maurice Obstfeld, International Economics: Theory and Policy, Addison Wesley, 2009, (Part IV, International Macroeconomic Policy, chapter 22, Developing Countries: Growth, Crisis, and Reform, pag. 626), definiscono il signoraggio come il flusso di risorse reali che un governo guadagna quando stampa moneta che spende in beni e servizi.
Sgombriamo subito il campo da una prima questione. Che l’istituito sia di proprietà privata, in quanto tra i soci ci sono gli istituti di emissione dei[2] Paesi aderenti, non sarebbe, a dispetto delle apparenze e secondo il pensiero dominante un problema. A ben guardare anche il nostro Istituto di Emissione (la Banca d’Italia è di proprietà di soggetti privati[3]) tuttavia occorre forse soffermarsi sulla questione dei soggetti che effettivamente decidono della politica monetaria invece che discutere sull’assetto della proprietà. Le decisioni, infatti, si osserva, vengono prese non dall’Assemblea ma dal direttorio ed, in particolare, dal Governatore, che è nominato dal Governo. Tuttavia, anche sul punto non può non sottacersi che la procedura prevede che sia Bankitalia stessa che ne indichi al Governo il nome, che, invero, può rifiutare il nominativo sottopostogli. E’ chiaro che sotto questo aspetto, i dubbi e le ambiguità non sono di poco conto, e le regole di governace in realtà sembrano poco stringenti[4].
Ma passiamo oltre, concentrandoci sull’attività di emissione monetaria e appuriamo se, con riferimento all’interpretazione che del signoraggio dà l’Avv. Marra, le dichiarazioni pubbliche rese costituiscono un errore (diciamo) di interpretazione storica sul signoraggio – a partire dal tempo in cui si coniavano monete in metallo prezioso recanti l’effigie del sovrano sino all’affermarsi della moneta cartacea, per passare poi alla soppressione del regime di convertibilità aurea e quindi all’introduzione della moneta unica europea – ovvero, di un abbaglio connesso alla non consapevolezza delle modalità con cui operano le banche centrali.
[2] “La Banca Centrale Europea (BCE) è ufficialmente di proprietà delle banche centrali degli stati che ne fanno parte. Siccome le banche centrali sono controllate da società private, di conseguenza anche la BCE è una società privata. Soci e proprietari della Banca Centrale Europea: Banca del Belgio (2.83%), Banca della Germania (23.40%), Banca della Spagna (8.78%), Banca d’Irlanda (1.03%), Banca Lussemburgo 0.17%), Oesterreichische Nationalbank (2.30%) Banca Danimarca (1.72%), Banca della Grecia (2.16%), Banca della Francia (16.52%), Banca d’Italia (14.57%), Banca d’Olanda (4.43%), Banca del Portogallo (2.01%), Suomen Pankki (1.43%), Banca d’Inghilterra (15.98%), Banca di Svezia (2.66%). Il signoraggio della Banca Centrale Europea viene diviso in quote tra le banche aderenti a seconda della percentuale di azioni. La Banca d’Italia ha il 14.57% di azioni della BCE, e quella sarebbe la sua quota di signoraggio formale che prende, ovviamente prenderà anche una gran parte del capitale che sfugge al controllo.”
[3] Le azioni della Banca d’ Italia sono possedute da un cartello di banche private, assicurazioni e finanziarie. Solo ii 5% appartiene all’INPS è lo 0,7% all’INAIL. I soci azionisti delle prime banche italiane non sono nemmeno italiani, ma sono altre aziende, finanziarie, assicurazioni, etc, di tutto il mondo.
[4] L’espressione corporate governance definisce il sistema e le regole per la gestione ed il controllo della società.
Bene, dopo aver messo tutta questa carne al fuoco vediamo di fare chiarezza. Cominciamo, quindi, col rispondere ad una semplice domanda: come avviene attualmente l’emissione della moneta circolante, ovvero, della c.d. M0, secondo la terminologica tecnica seguita dalle autorità monetarie?
In primo luogo, in premessa, chiariamo a tutti che alla Banca Centrale Europea ed alle Banche nazionali aderenti al trattato monetario è proibito acquistare titoli di stato sul mercato primario, ma che le stesse possano acquistare titoli di Stato dagli investitori che li abbiano in portafoglio; corollario di quanto affermato è che alla BCE ed alle banche nazionali è negato partecipare alle aste pubbliche. Essendo l’acquisto dei titoli pubblici, effettuato sui mercati secondari determina che il costo del debito pubblico si scarica sul mercato, ed ha come contro partita la stampa di banconote. L’emissione delle (banconote) stesse viene iscritto al passivo del bilancio dell’Istituto di emissione, proprio per evitare che la banca abbia un attivo da spendere. Se, infatti, le banconote fossero iscritte all’attivo la banca stessa potrebbe spendere quel valore, viceversa, mettendole al passivo, l’emissione stessa va pareggiata con l’attivo dei titoli di Stato. Ne segue che la ricchezza della BCE e delle Banche Centrali Nazionali (BCN) è dato da quello che è scritto sui bilanci e non dalle banconote possedute fisicamente ed elettronicamente. Infatti esse possono stamparsi tutto il denaro che vogliono, ma non possono spenderlo se non dietro l’acquisto di titoli.
Tale fatto, ai fini del discorso che facciamo, ha un’importante conseguenza: la maggior parte dei titoli di Stato dei Paesi europei è in mano agli investitori di mercato (banche private, investitori privati, cittadini, ecc.) e solo in minima parte alla BCE ed alle banche centrali nazionali, per cui il debito e la spesa per interessi pagati sul tale debito non grava sulle banche nazionali ma sugli investitori, specialmente quelli che comprano sul mercato primario che incassano gli interessi decisi al momento dell’asta pubblica (ovvero i più alti).
Approfondiamo adesso la questione, ed ipotizziamo una operazione nella quale sia una banca che chieda denaro alla Banca centrale europea. In sostanza, ciò che accade è (supponendo un’operazione annuale per semplificare i conti) che una banca che ha bisogno di riserve monetarie per un totale di 1,000€ deposita titoli di Stato (o anche titoli di debito privato) presso la banca centrale, e riceve riserve (diciamo banconote) per un valore di 1,000€. Dopo un anno, supponendo l’interesse pari al 5%, i titoli di Stato hanno maturato, su un capitale di 1,000€, interessi per 50€: la banca restituisce la banconota di 1,000€ e si riprende il titolo che aveva depositato, ma lascia alla banca centrale quei 50€, e questi 50€ sono i profitti da signoraggio della banca centrale. La Banca Centrale Europea, nell’ipotesi in cui l’operazione come nell’ipotesi fatta genera profitti sugli interessi maturati sulla base monetaria monetizzata, ovvero sui titoli in portafoglio, deve ridistribuire gli utili di bilancio alle banche nazionali. In sostanza, posto un guadagno pari ad esempio a l 2-3% del valore delle banconote (e di tutte le riserve bancarie, per essere precisi) che emette questo va ripartito. Questi profitti vanno successivamente allo Stato che provvedono a colpire il reddito tramite il prelievo fiscale[5].
Ciò ha un’ulteriore non trascurabile conseguenza: la moneta in circolazione nell’ambito dei paesi aderenti al sistema dell’euro (e quindi anche in Italia) non sarebbe di proprietà della collettività dei cittadini di quei paesi, con la conseguenza che ciascuno di costoro potrebbe eventualmente rivendicarne, pro quota, il reddito derivante dalla stampa e dalla circolazione di detta massa monetaria, oggi invece percepito dalla Banca Centrale Europea[6] e poi ridistribuito tra le diverse Banche centrali nazionali.
La Banca Centrale, infatti, acquista titoli comprandoli dai privati e pagandoli con emissione di moneta. L’emissione avviene in funzione dei compiti suoi propri che non sono che quelli che gli vengo attribuiti dal Trattato istitutivo, ovvero, di conservare il potere d’acquisto della moneta circolante.
[5] In taluni casi, come per la Bank of England, essendo la banca centrale completamente di proprietà statale, il reddito derivato dall’emissione delle banconote viene indirettamente incamerato interamente dal governo. Tuttavia, anche nei casi di banche centrali non completamente di proprietà statale (come la Banca d’Italia), la gran parte degli utili prodotti viene versata allo Stato.
[6] Mentre nel caso delle monete metalliche il reddito consiste nella differenza tra il valore nominale delle monete metalliche emesse e il costo per produrle, nel caso dell’emissione di monete non metalliche il reddito consiste negli interessi maturati sui titoli acquistati a fronte dell’emissione di moneta. Tali redditi, incamerati dalla banca centrale, servono a pagarne i costi e le imposte sull’emissione di moneta. Il reddito da signoraggio viene in gran parte incamerato dal governo che ha concesso alla banca centrale il diritto di emettere base monetaria in condizioni di monopolio. Si tratta di un reddito quasi sempre modesto, eccezion fatta nel caso di stati di piccole dimensioni come la Repubblica di San Marino e la Città del Vaticano le cui monete diventano oggetto di collezione
Bene precisato quanto segue, penso sia sgombrato il campo da ogni dubbio circa la pretesa che, in tale fase storica, il signoraggio sia causa della crisi. La crisi attuale che, infatti, origina dalle banche ha forse avuto in un freno nella organizzazione attuale del sistema monetario, che ha imposto agli stati, privati del potere si stampare moneta una politica di freno alla spesa pubblica.
Ma ragioniamo ancora. Approfondiamo il tema del signoraggio nell’ipotesi in cui il potere, invece che essere attribuito ad un istituto indipendente, cosi come avviene oggi per l’Euro, venga invece conferito al Governo (o da esso in qualche modo venga a dipendere), come avviene negli Usa o, ad esempio, per la Gran Bretagna. In tal modo vediamo se il signoraggio abbia invece costituito in altri paesi il problema, e da lì sia stato la causa dell’esplosine della crisi. Prendiamo ad esempio due paesi: Usa e Gran Bretagna.
Muoviamoci per affrontare il tema da una premessa: quello che a tutti interessa è certamente il potere di acquisto della moneta che, in termini matematici può essere scritto come un rapporto tra M, la quantità di moneta esistente ed P, il livello generale dei prezzi (in formule M/P). Adesso, se un governo è in grado di controllare il numeratore (M cioè la creazione di nuova base monetaria), non è però certo in grado di controllare il denominatore (ovvero, l’indice generale dei prezzi) che cresce al tasso di inflazione. Per valori bassi dell’inflazione, il finanziamento di una piccola quota del deficit statale tramite emissione di moneta, fa aumentare il valore reale del signoraggio; ma per livelli crescenti del tasso di inflazione il valore reale del signoraggio aumenterà sempre meno finché inizierà a diminuire, invertendo la tendenza.
Questo livello massimo di signoraggio reale corrisponde ad una soglia massima di tolleranza che il sistema economico è disposto a subire senza avvitarsi in una spirale iperinflazionista: se il governo tenterà di oltrepassare questa soglia l’inflazione andrà fuori controllo[7]. Nella sostanza, anche il signoraggio è controllabile, ed esiste una misura oltre il quale stampare moneta non ha altra conseguenza che accendere l’inflazione.
[7] La relazione tra signoraggio reale ed inflazione viene rappresentata graficamente ricorrendo ad una curva di Laffer modificata, dove sull’asse delle ascisse vi è l’inflazione e sull’asse delle ordinate vi è il signoraggio reale (anziché rispettivamente l’aliquota fiscale e le entrate fiscali, come nell’originale curva di Laffer).
Allora, per tirare le fila del discorso fatto, se andiamo a vedere la dinamica dei tassi d’interesse seguita dagli Usa e dalla Gran Bretagna, vediamo come la lunga gestione di Grenspeee alla Fed ha garantito tassi di interesse molto bassi[8], e conseguentemente ha tenuto basso il signoraggio.
Completiamo la sintetica analisi, con un’altra questione spesso confusa con il signoraggio. Quella in cui un paese finisce per adottare una moneta diversa, non emessa dalle proprie autorità monetarie, e che quindi rinuncia totalmente ad un qualsiasi reddito da signoraggio. Il caso può somigliare a quello dei paesi dell’Euro che hanno scelto di rinunciare alla sovranità monetaria delegando alla Banca centrale europea la politica monetaria e, tale similitudine si rafforza quando si osserva come il modello della Bce sia in effetti ritagliato sulle esigenze della Germania.
Nel mondo esistono diverse situazioni del genere, e gli economisti hanno studiato la questione, con particolare riferimento con la c.d. “dollarizzazione”, ovvero la sostituzione della moneta locale con il dollaro statunitense. Le conseguenze di una tale politica espone a due tipi di perdite relative al signoraggio: da un lato a mano a mano che si ritira dalla circolazione la moneta nazionale cambiandola con la divisa straniera, le autorità monetarie devono ricomprare la massa di moneta di proprietà del pubblico e delle banche, restituendo i diritti di signoraggio che si erano accumulati con il tempo. Inoltre le autorità monetarie perdono i guadagni relativi al signoraggio nel futuro. Nel contempo, lo stato di cui si è adottata la moneta (gli Stati Uniti nel caso della dollarizzazione) aumenta le proprie entrate relative al signoraggio.
Per l’Euro la questione è stata risolta con la retrocessione degli utili alle banche nazionali, ma nel mondo esistono diversi precedenti. Ad esempio, gli accordi sottoscritti tra il Sudafrica e altri tre stati africani che utilizzano il rand come valuta avente corso legale (Lesotho, Namibia e Swaziland). Gli Stati Uniti, invece, non hanno sottoscritto fino a oggi alcun accordo simile con Panama o con altri paesi in cui il dollaro ha corso legale. Ciononostante, al Senato degli Stati Uniti sono state presentate proposte legislative relative al rimborso dei diritti di signoraggio. Come si vede, nulla di nuovo sotto il sole!
L’esperienza storica mostra che molti governi tendono a porsi sul lato sbagliato della curva di Laffer, a destra del valore che massimizza il signoraggio ovvero in punti in cui il signoraggio realmente riscosso è minore. Una importante letteratura (per tutti Cagan) ne cerca di spiegare le ragioni.
[8] Ma anche con riferimento alla nostra moneta l’inflazione dell’Euro è una delle più basse mai registrate di una moneta, specialmente rispetto alla Lira. Oggi si aggira a livello Europeo intorno al 3%, ma fino al 2009 aveva toccato punte dell’1% e in Italia addirittura dello 0% (luglio 2008-luglio 2009) ed a gennaio 2010 era ancora all’1,2%.
La crisi attuale genera, in definitiva, da tutt’altro comportamento. Lo sfrenato avventurismo finanziario che, complici una politica monetaria di denaro facile, ha caratterizzato il comportamento delle banche dell’Occidente. Da qui l’origine di una crisi che ha messo in discussione molte delle verità che stavano a caposaldo delle scelte dei politici. Prima tra tutte l’orgia della deregolamentazione. Ma di questo mi consentirete un rinvio al mio vecchio libro: Crack Finanziario, edito da Pagine.
Enea Franza