Blog

Tratto da Il Giornale d’Italia

“‘Lectura Ducis’, tenuta dall’Ecc. Carlo Alberto Biggini, Ministro dell’Educazione Nazionale, per gli allievi della Scuola di Mistica Fascista, nel salone delle adunate alla Casa del Fascio di Milano, il giorno 16 febbraio 1942-XX”.

Chiedo ai lettori di restare concentrati, attenti. E anche sull’attenti, idealmente parlando. Perché quello che stiamo per raccontarvi è uno scampolo di storia di assoluta importanza, di eccezionale profondità, di straordinaria attualità. Carlo Alberto Biggini – di cui abbiamo parlato in diverse occasioni su queste colonne – è un personaggio di spiccato interesse storico, sociale, intellettuale. Badate bene a ciò che leggerete, perché ciò che quest’uomo ci ha lasciato in eredità è qualcosa di straordinario. Abbiamo non il diritto, ma il dovere, il dovere di comprenderlo, di conoscerlo, di diffonderne il pensiero. E non è solo un dovere: è anche un privilegio. Ascoltate: non è difficile difendere la nostra storia a cavallo delle due guerre mondiali. Non lo è, anzi è facile, sin troppo facile. Ciò che abbiamo nelle mani è un tesoro, dobbiamo solo conoscerlo, capirlo, e comprendere che solo la conoscenza ci consentirà di adempiere bene la nostra missione di dire la verità. Approfitto di questa occasione – Biggini mi perdonerà – per dirvi che dobbiamo scavare, studiare, apprendere, memorizzare, e poi riferire, raccontare: sapere per poi poter parlare senza paura. La conoscenza è la nostra arma migliore, insieme alla verità. Ma questa verità dobbiamo conoscerla, bene, nella maniera più completa possibile. Vedrete che così facendo saremo inattaccabili, e avremo fatto il nostro dovere di uomini e donne del terzo millennio che non si sono accontentati del “sentito dire”, ai quali non sono bastati gli slogan, che non si sono fermati alle apparenze. Si combatte in tanti modi. Noi non abbiamo armi o corpi contundenti, nelle mani. Abbiamo però la penna, abbiamo la nostra mente, abbiamo le nostre parole. E, soprattutto, abbiamo un tesoro, quello che i nostri padri ci hanno consegnato in un anelito di passione e di voglia di giustizia sociale. Disperderlo sarebbe una colpa gravissima, un peccato, un delitto. Biggini parla, dice cose di assoluta importanza: moltissimo si potrebbe dire di questo straordinario personaggio della nostra storia. Ciò che abbiamo per le mani oggi ci perviene direttamente dalla sua famiglia, da suo nipote per essere precisi, Carlo Alberto Biggini Jr. Il quale ben  volentieri ha accettato – e lo ringrazio per questo dono – che sulle nostre pagine si possa portare la parola di suo nonno. Vi racconteremo, poi, dell’Istituto che porta il nome del grande uomo di Stato che oggi è il protagonista del nostro speciale. Ma prima vorrei donare anche a voi lettori ciò che è giunto tra le mie mani solo poche ore fa. Leggete insieme a me: “Camerati, è la prima volta che ho il grande onore di parlare da questa mistica cattedra, dalla quale Arnaldo additò ai giovani le più pure  e le più alte idealità, che del binomio coscienza e dovere fece il fondamento della nostra vita, per degnamente vivere e per degnamente morire, e sento tutta la responsabilità di parlare dalla cattedra del nostro Maestro per illustrare, con le mie modeste parole, uno degli scritti storici del Duce. Ecco perché desidero devotamente inchinarmi davanti alla Sua memoria con spirito di credente e con quei sentimenti che animano l’eroico misticismo della nostra Rivoluzione, dedicare umilmente a Lui il pensiero contenuto in questo commento, a Lui che dello Stato Mussoliniano ebbe chiari il fine e la struttura, che di questo secolo comprese i vitali motivi storici suscitati dal pensiero e dall’azione del Duce, che visse e lottò, insegnando il dolore come necessità, il sacrificio come dovere, l’obbedienza come gioia, la bontà come forza, la verità come arma, la coscienza come giudice, il dovere come legge, che visse e lottò per una maggiore giustizia, per una nuova cultura, per un più alto diritto nel santo nome della Sua, della nostra Italia secolare ed immortale”.

Un preambolo, questo appena riferito testualmente, che è dedicato da Biggini alla bella figura di Arnaldo Mussolini. Pensate,

Clocca per ingrandire

Clicca per ingrandire

Arnaldo… quanti grandi uomini ci ha consegnato la nostra storia! Arnaldo, sarà bene ricordarlo, morì nel dicembre del 1931, pochi mesi dopo la grande tragedia che distrusse la sua vita: la morte di suo figlio Sandro Italico, perito appena ventenne per un male che non gli aveva dato scampo. Arnaldo, confidente e amico – oltre che fratello – del Duce, discreto, sobrio, calmo, riflessivo. Il completamento necessario, per un uomo come Benito, dal carattere invece dirompente e dall’energia dominante. Ho interrotto per un momento le parole di Biggini per richiamare l’attenzione su Arnaldo, ma anche per sottolineare: ” il dolore come necessità, il sacrificio come dovere, l’obbedienza come gioia, la bontà come forza, la verità come arma, la coscienza come giudice, il dovere come legge”. Straordinario. Un compendio di vita.

Mistica e spiritualità, ma anche fatti concreti

“Per degnamente vivere, per degnamente morire”

“Sentimenti e passioni sono pensieri in formazione, che hanno la mirabile capacità di creare fatti, nei quali è sempre qualche pensiero, di creare la storia”

Carlo Alberto Biggini, nella trattazione del tema, pone all’attenzione dei suoi ascoltatori un articolo di Benito Mussolini, apparso su Gerarchia del 25 giugno 1922: “Stato, Antistato, Fascismo”, si intitolava. Pensate, Biggini ne torna a trattare vent’anni dopo. Argomenta, il Ministro dell’Educazione Nazionale, che l’articolo in questione non si può comprendere “se non ricollegandolo, nel suo aspetto concreto, agli sviluppi che il movimento fascista era andato assumendo tra il luglio 1921 e i primi mesi del 1922″. Prende dunque le mosse da quando, all’inizio del ’22, il Partito fascista è la “maggior forza organizzata della Nazione”, e da quanto asserivano i nemici del Fascismo, che esso cioè non possedeva un programma vero e proprio, perché troppo “indeterminato”. Ecco, ciò che Biggini argomenta in merito lascia di stucco. Se ciascuno di noi possedesse il 10 per cento della sua capacità di argomentare fatti e vicende, saremmo già così invincibili. Ma leggete ciò che testualmente dice il Ministro: “I soliti costruttori di schemi ideologici, confondendo filosofia e vita, dimenticavano, e ne avranno poi la più tremenda smentita dalla realtà, che sentimenti e passioni sono anch’essi pensieri in formazione, che hanno la mirabile capacità di creare fatti, nei quali è sempre qualche pensiero, di creare la storia. Gli uni e gli altri condannavano il fascismo come estraneo alla nazione, come estraneo alla cultura politica. Ed invece il partito fascista cresceva, cresceva il Fascismo, che, anche allora, non si esauriva tutto nel partito: ‘il Fascismo diventava veramente la Nazione, con essa sempre più tendeva ad identificarsi, mentre il Duce affermava che il movimento dei Fasci non aveva soltanto scopi da raggiungere, ma una missione da compiere. Ed insieme a tale missione ‘il Fascismo cominciava ad avere i suoi miti': già nel 1922 era titolo di gloria aver appartenuto ai fondatori, al primigenio fascio di Milano, un alone luminoso già circondava il 23 marzo 1919. Quanto cammino in due anni! E quanti camerati caduti nella battaglia di ogni giorno in ogni parte d’Italia! Vi era una tradizione fondata dal sangue, cementata dai morti: tradizione che è la gloria più alta e più pura della Rivoluzione delle Camicie Nere, perché fondata sull’eroismo e sul martirio, mistica dei popoli forti, tradizione continuata da quella gioventù che ha saputo esprimere in tre guerre tutta la propria ansia di sacrificio e di dedizione, offrendo così testimonianza che l’idea mistica è destinata a rifiorire perennemente in tutto coloro che sanno portare alta la bandiera della fede”.

Mi fermo qui, per oggi. Domani però torneremo su questo argomento. Mi fermo qui perché lo spazio per oggi è terminato, ma anche perché questi spunti di riflessione possano penetrare dentro ciascuno di noi fin nella profondità della nostra anima. Perché, credo, c’è l’assoluto bisogno di conoscere questo pensiero, di interiorizzare questa profonda mistica, perché non possiamo davvero permettere che tutto questo finisca, che resti lettera morta. Sicuramente non saremo mai all’altezza di questi uomini, però è un nostro preciso dovere tentare disperatamente di essere, almeno in parte, degni della loro eredità. “Per degnamente vivere, per degnamente morire”.

emoriconi@ilgiornaleditalia.org

Emma Moriconi

Comments ( 0 )

    Top