Autore: Pietro Cappellari
Editore: Fondazione della RSI – Istituto Storico (Bologna 2011)
Formato 15×21 (pagg. 80)
Info: info@fondazionersi.org
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Questo studio ha il compito di esaminare i due bombardamenti subiti dalla Città del Vaticano durante la RSI (1943-1944).
Nonostante sia stato appurato che le incursioni terroristiche sono addebitabili ad aerei angloamericani, la vulgata antifascista e anti-italiana ha cercato di attribuirli all’Aeronautica Nazionale Repubblicana.
L’operazione grossolana di manipolazione della storia per fini politici ha avuto, in questi ultimi anni, anche l’avallo di alte “gerarchie”.
Questo studio ha l’ambizione di fare chiarezza sui due bombardamenti – per altro, incruenti – che si inquadrano perfettamente nella strategia criminale e terroristica intrapresa contro le popolazioni civili italiane, germaniche e giapponesi dagli Alti Comandi alleati; denunciando, altresì, coloro che hanno voluto falsare la storia.
Partendo dall’analisi degli antefatti del bombardamento di Roma del Novembre 1943 e attraverso l’approfondimento delle contrastanti fonti storiche sull’evento, il libro riesce a dare una onesta risposta all’interrogativo provocatoriamente posto dall’autore.
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SOMMARIO:
INTRODUZIONE
LA GUERRA ANGLOAMERICANA AI CIVILI
IL BOMBARDAMENTO DEL 5 NOVEMBRE 1943
“SONO STATI I TEDESCHI!”
“SONO STATI I FASCISTI!”
AEREI AMERICANI SU ROMA
IL BOMBARDAMENTO DEL 1° MARZO 1944
BIBLIOGRAFIA
INDICE DEI NOMI
Adriano Olivetti: il futuro. La sinistra “post-olivettiana”: il declino
Si è svolto il 21 ottobre scorso presso le Officine H di Ivrea, un edificio simbolo del periodo di Adriano Olivetti, la presentazione ufficiale della candidatura di quella città ad essere inserita nella “Word Heritage List”, ossia nell’elenco Unesco del patrimonio culturale e naturale del Mondo, secondo la Convenzione internazionale del 1972.
L’iniziativa a prima vista sembra espressione di nobili sentimenti e quindi da apprezzare senza riserve. Invece crediamo che queste riserve debbano essere avanzate e approfondite perché tale presentazione ha avuto luogo sotto il titolo: “Ivrea,città industriale del XX secolo”, facendo cioè riferimento ad un passato glorioso e che oggi non è più, malgrado avesse costituito – e lo era al massimo grado – la base incontestabile prodroma ad un ulteriore sviluppo di alta civiltà e di avanguardia economica e sociale.
La fabbrica Olivetti, infatti, con i suoi prodotti di continua innovazione tecnologica – le migliori, più funzionali e belle macchine da scrivere allora esistenti – portò il nome di Ivrea e dell’Italia in tutto il mondo come esempio di progresso industriale , di produttività e di elevazione umana delle maestranze positivamente coinvolte. Il tutto dovuto alla costante attività di ricerca, da parte di tutti coloro che vi lavoravano, collegata con una forte socialità aziendale ed una solidale comunitarietà territoriale. E questo sotto l’impulso di un geniale e profetico imprenditore quale, appunto, fu Adriano Olivetti.
Un esempio, dunque, da potersi imitare ed estendersi all’estero e da doversi implementare all’interno nel nostro Paese . Invece – come è ben documentato dal filmato”Adriano Olivetti: La forza di un sogno” proiettato l’altro giorno dalla Rai Uno – all’estero, proprio negli Usa, la cupola finanziario-capitalistica lo vide come pericoloso modello, particolarmente dannoso al proprio sistema e, all’interno – in Italia – la partitocrazia imperante lo snobbò e spesso anche lo boicottò.
Il bollettino del Cesi IL SESTANTE dedica questo numero interamente a questa vicenda, quale paradigma di un destino al quale il nostro Paese sembra essere condannato dal regime imposto oltre sessant’anni fa a seguito della guerra perduta (gli esempi di deindustrializzazione e di delocalizzazione sono ormai tanti e quasi disperanti !) per spronare invece una nuova generazione di volonterosi e coraggiosi dirigenti politici ed economici a ribellarsi e a riprendere in mano il proprio destino.
SOMMARIO DI QUESTO NUMERO
- Dalla esperienza del passato trarre il progetto per il futuro. La terza via di Olivetti superava capitalismo e collettivismo di Gaetano Rasi
- La vera storia di un precursore. Adriano Olivetti un “riformista” al di là della destra e della sinistra?(Mario Bozzi Sentieri)
-Un ritratto di Adriano Olivetti. Il “visionario” che realizzo un modello di capitalismo partecipativo (Giorgio Ballario)
-Adriano Olivetti: La lezione tradita. Quando fu svenduta l’elettronica d’avanguardia. La graphic novel “Un secolo troppo presto” (Roberto Alfatti Appetiti)
E’ possibile cliccando qui, consultare la copertina e la prefazione dell’opera Il Cantiere di Bottai, di Fabrizio Amore Bianco
Il Gazzettino del 28/11/1945 pubblica la notizia della morte di Biggini. Apri il documento
L’articolo di Carlo Alberto Biggini sul quindicinale Malta, dedicato al martire Carmelo Borg Pisani.
E’ possibile scaricare tutta la pubblicazione cliccando qui
Ho più volte scritto che l’inumana rappresaglia delle Cave Ardeatine (e le altre rappresaglie) sono marcate: NAZI-COMUNISTE. E provo a spiegarmi.
Attenti! Puntate… Mirate… Fuoco…Feuer (tedesco)…Feu (francese)… Fuego (spagnolo)…Vatra (croato)… Eld (svedese)… Požar (polacco)… Φουκω (greco)… Φүҝо (russo)… ecc. ecc. Questo per indicare che i plotoni di esecuzione esistevano ed esistono ancora in ogni parte del mondo. E di cosa era accusato Erich Priebke? Di aver fatto parte di un plotone di esecuzione. Poteva Priebke, quale militare dell’esercito germanico rifiutarsi di far parte del plotone? Certamente! Ma sarebbe stato immediatamente fucilato. A questo punto vorrei rivolgere una domanda sia ai giudici che lo hanno condannato, sia ad uno qualsiasi degli “eroi” che sono insorti contro di lui, anche dopo la sua morte: lei, signor giudice, e voi “eroi”, al suo posto, cosa avreste fattto? A questo punto è indispensabile un chiarimento: non stimo affatto il povero cristo che è costretto a far parte di un plotone di esecuzione, ma non mi si può vietare di stimare Erick Priebke che, anche di fronte ad una palese ingiustizia subita, ha saputo mantenere un fiero atteggiamento di coerenza; per saperne di più si legga il suo testamento spirituale.
Ed ora, solo per capire a che grado di infamia siamo stati precipitati, facciamo un po’ di storia.
È noto e accettato anche dagli eroi, che la rappresaglia compiuta alle Cave Ardeatine fu una conseguenza per l’attentato compiuto dagli eroici partigiani a Via Rasella. Iniziamo con il considerare: chi erano i partigiani?
Per prima cosa una puntualizzazione: contrariamente a come si vuol far credere, Roma non fu mai “città aperta” perché se la proposta venne accettata dal comando germanico, fu rifiutata dagli “angeli del bene”, infatti questi continuarono a volare vomitando bombe sulla “Citta’ Eterna”.
Anche se poco più che bambino ricordo perfettamente che la popolazione romana, come altrove, anche se stanca della guerra non nutriva astio né verso i tedeschi né verso i fascisti. Questo stato di cose non era gradito ai vertici del Cln i quali, dopo aver constatato che gli attentati messi in atto nei mesi precedenti, pur avendo causato morti e feriti fra i soldati italiani e tedeschi, non avevano determinato rappresaglie di massa degne di nota, decisero di predisporre un attentato di così grandi proporzioni da rendere inevitabile una adeguata rappresaglia. A tale scopo fu scelta la data del 23 marzo 1944, e non a caso: infatti quel giorno coincideva con l’anniversario della fondazione dei Fasci di Combattimento.
Pertini, Bauer e Amendola, il vertice, cioé, del Cln, inizialmente fissarono come obiettivo la manifestazione dei fascisti che era in programma; ma questa idea fu scartata perché, giustamente, qualsiasi fosse stato il danno arrecato ai fascisti, questi mai avrebbero risposto con una rappresaglia di grandi dimensioni come era nei desiderata del Cln. La mira fu allora spostata sui tedeschi i quali, proprio per la loro ottusità teutonica, caddero nella diabolica trappola. Quindi, per essere più chiari, si può affermare che alle Cave Ardeatine fu una mano tedesca a premere il grilletto, ma le cartucce furono caricate dalle mani dei vertici del Cln.
Autore: AA.VV. (sotto la direzione di Pietro Cappellari)
Editore: Herald Editore (Roma 2011)
Formato: 17X24; 356 pagine
Euro 20
info: cappellaripietro@gmail.com
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Contributi di:
Gabriele Adinolfi, Pietro Cappellari, Giuseppe Carlino, Stelvio Dal Piaz, Francesco Mancinelli, Alberto B. Mariantoni, Giovanni Marizza, Carlo Cesare Montani, Mario Pellegrinetti, Achille Ragazzoni, Massimiliano Soldani, Alberto Sulpizi, Massimo Zannoni
Il Risorgimento, questo sconosciuto. Dopo un oblio sessantennale si torna a parlare della Storia della nostra Nazione. Una grande festa organizzata per nascondere le derive del federalismo e della globalizzazione.
Centinaia di manifestazioni ed eventi che ci illustreranno tutto e il contrario di tutto, con un unico fine: la strumentalizzazione politica di un evento storico.
Cosa fu il Risorgimento?
Chi furono gli eroi di quell’epopea?
Quali furono gli ideali che generano azioni oggi impensabili?
Che ruolo ebbe il mito della virtù guerriera e del sacrificio disinteressato in quegli anni di passione?
Come si realizzò il Risorgimento e quale Governo portò il concetto di Nazione al suo apice?
A tutte queste domande, illustri studiosi della cultura nazionale tenteranno di dare una risposta concreta, ben lontana dalle distorsioni ideologiche dell’Italia “ufficiale”, quell’Italia alla deriva i cui simboli distintivi sono i cimiteri e i monumenti del Risorgimento trasformati in discariche.
Questo lavoro rappresenta una rivoluzione nelle interpretazioni dell’epopea risorgimentale. Per la prima volta, dopo 60 anni, il Risorgimento verrà studiato come una fase storica della nostra Patria il cui risultato principale sarà la nascita, lo sviluppo e l’apoteosi dello Stato Nazionale Italiano, abbandonando quelle etichette ideologiche che da sempre hanno impedito la corretta interpretazione di quello straordinario processo di “ascesa”.
Un cammino lungo, difficile, travagliato, non privo di contraddizioni stridenti. Una fase che iniziò con gli appelli di Mazzini in quel lontano 1831 e si concluse drammaticamente il 2 maggio 1945, quando, con la sconfitta subita nella Seconda Guerra Mondiale, lo Stato Nazionale Italiano si inabissò nel servaggio di settecentesca memoria.
Quel giorno, si concluse l’epopea di una Nazione che aveva “sconvolto il mondo” e cambiato la storia di un intero continente. Ma quegli ideali, quell’azione, non sono scomparsi. I martiri del Risorgimento, i caduti per la grandezza nazionale, sono in piedi a ricordarcelo.
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PIANO DELL’OPERA:
PREMESSA di Pietro Cappellari
150° ANNIVERSARIO: SI’, MA DI CHE COSA? di Giovanni Marizza
“QUANDO TORNARONO LE AQUILE SUI COLLI DI ROMA”. L’APOTEOSI DI UNA NAZIONE di Pietro Cappellari
RISORGERE COME MITO di Gabriele Adinolfi
DAL RISORGIMENTO INCOMPIUTO ALL’AVVENTO DELLA TERZA ROMA di Francesco Mancinelli
NASCITA UNA NAZIONE di Stelvio Dal Piaz
SPUNTI DI MEDITAZIONE NEL CENTOCINQUANTENARIO DELL’UNITA’ D’ITALIA di Carlo Montani
FASCISMO: CONCRETIZZAZIONE DEI SOGNI E DELLE ASPIRAZIONI DEL RISORGIMENTO di Alberto B. Mariantoni
NAZIONE E SOCIALISMO NEL PENSIERO POLITICO FASCISTA TRA IL 1943 E IL 1945 di Massimiliano Soldani
ECHI RISORGIMENTALI SULLE PAGINE DEL “CORRIERE DELLA SERA” DEL 1944 di Massimo Zannoni
MITO ED IMMAGINE DI GARIBALDI NELLA RSI di Achille Ragazzoni
ASSOLUTISMO, RISORGIMENTO E FASCISMO. NASCITA DI UNO STATO ITALIANO di Giuseppe Carlino
IL MITO RISORGIMENTALE NELLA GRAFICA E NELLA PROPAGANDA FASCISTA di Alberto Sulpizi
RSI E RISORGIMENTO: IL 1943 DI UN RAGAZZO FASCISTA di Mario Pellegrinetti
GLI AUTORI
BIBLIOGRAFIA GENERALE