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E’ possibile cliccando qui, consultare la copertina e la prefazione dell’opera Il Cantiere di Bottai, di Fabrizio Amore Bianco

Il Gazzettino del 28/11/1945 pubblica la notizia della morte di Biggini. Apri il documento

L’articolo di Carlo Alberto Biggini sul quindicinale Malta, dedicato al martire Carmelo Borg Pisani.

E’ possibile scaricare tutta la pubblicazione cliccando qui

Ho più volte scritto che l’inumana rappresaglia delle Cave Ardeatine (e le altre rappresaglie) sono marcate: NAZI-COMUNISTE. E provo a spiegarmi.

   Attenti! Puntate… Mirate… Fuoco…Feuer (tedesco)…Feu (francese)… Fuego (spagnolo)…Vatra (croato)… Eld (svedese)… Požar (polacco)… Φουκω (greco)… Φүҝо (russo)… ecc. ecc. Questo per indicare che i plotoni di esecuzione esistevano ed esistono ancora in ogni parte del mondo. E di cosa era accusato Erich Priebke? Di aver fatto parte di un plotone di esecuzione. Poteva Priebke, quale militare dell’esercito germanico rifiutarsi di far parte del plotone? Certamente! Ma sarebbe stato immediatamente fucilato. A questo punto vorrei rivolgere una domanda sia ai giudici che lo hanno condannato, sia ad uno qualsiasi degli “eroi” che sono insorti contro di lui, anche dopo la sua morte: lei, signor giudice, e voi “eroi”, al suo posto, cosa avreste fattto? A questo punto è indispensabile un chiarimento: non stimo affatto il povero cristo che è costretto a far parte di un plotone di esecuzione, ma non mi si può vietare di stimare Erick Priebke che, anche di fronte ad una palese ingiustizia subita, ha saputo mantenere un fiero atteggiamento di coerenza; per saperne di più si legga il suo testamento spirituale.

Ed ora, solo per capire a che grado di infamia siamo stati precipitati, facciamo un po’ di storia.

È noto e accettato anche dagli eroi, che la rappresaglia compiuta alle Cave Ardeatine fu una conseguenza per l’attentato compiuto dagli eroici partigiani a Via Rasella. Iniziamo con il considerare: chi erano i partigiani?

Per prima cosa una puntualizzazione: contrariamente a come si vuol far credere, Roma non fu mai “città aperta” perché se la proposta venne accettata dal comando germanico, fu rifiutata dagli “angeli del bene”, infatti questi continuarono a volare vomitando bombe sulla “Citta’ Eterna”.

Anche se poco più che bambino ricordo perfettamente che la popolazione romana, come altrove, anche se stanca della guerra non nutriva astio né verso i tedeschi né verso i fascisti. Questo stato di cose non era gradito ai vertici del Cln i quali, dopo aver constatato che gli attentati messi in atto nei mesi precedenti, pur avendo causato morti e feriti fra i soldati italiani e tedeschi, non avevano determinato rappresaglie di massa degne di nota, decisero di predisporre un attentato di così grandi proporzioni da rendere inevitabile una adeguata rappresaglia. A tale scopo fu scelta la data del 23 marzo 1944, e non a caso: infatti quel giorno coincideva con l’anniversario della fondazione dei Fasci di Combattimento.

Pertini, Bauer e Amendola, il vertice, cioé, del Cln, inizialmente fissarono come obiettivo la manifestazione dei fascisti che era in programma; ma questa idea fu scartata perché, giustamente, qualsiasi fosse stato il danno arrecato ai fascisti, questi mai avrebbero risposto con una rappresaglia di grandi dimensioni come era nei desiderata del Cln. La mira fu allora spostata sui tedeschi i quali, proprio per la loro ottusità teutonica, caddero nella diabolica trappola. Quindi, per essere più chiari, si può affermare che alle Cave Ardeatine fu una mano tedesca a premere il grilletto, ma le cartucce furono caricate dalle mani dei vertici del Cln.

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Autore: AA.VV. (sotto la direzione di Pietro Cappellari)

Editore: Herald Editore (Roma 2011)

Formato: 17X24; 356 pagine

Euro 20

info: cappellaripietro@gmail.com

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Contributi di:

Gabriele Adinolfi, Pietro Cappellari, Giuseppe Carlino, Stelvio Dal Piaz, Francesco Mancinelli, Alberto B. Mariantoni, Giovanni Marizza, Carlo Cesare Montani, Mario Pellegrinetti, Achille Ragazzoni, Massimiliano Soldani, Alberto Sulpizi, Massimo Zannoni

Il Risorgimento, questo sconosciuto. Dopo un oblio sessantennale si torna a parlare della Storia della nostra Nazione. Una grande festa organizzata per nascondere le derive del federalismo e della globalizzazione.

Centinaia di manifestazioni ed eventi che ci illustreranno tutto e il contrario di tutto, con un unico fine: la strumentalizzazione politica di un evento storico.

Cosa fu il Risorgimento?

Chi furono gli eroi di quell’epopea?

Quali furono gli ideali che generano azioni oggi impensabili?

Che ruolo ebbe il mito della virtù guerriera e del sacrificio disinteressato in quegli anni di passione?

Come si realizzò il Risorgimento e quale Governo portò il concetto di Nazione al suo apice?

A tutte queste domande, illustri studiosi della cultura nazionale tenteranno di dare una risposta concreta, ben lontana dalle distorsioni ideologiche dell’Italia “ufficiale”, quell’Italia alla deriva i cui simboli distintivi sono i cimiteri e i monumenti del Risorgimento trasformati in discariche.

Questo lavoro rappresenta una rivoluzione nelle interpretazioni dell’epopea risorgimentale. Per la prima volta, dopo 60 anni, il Risorgimento verrà studiato come una fase storica della nostra Patria il cui risultato principale sarà la nascita, lo sviluppo e l’apoteosi dello Stato Nazionale Italiano, abbandonando quelle etichette ideologiche che da sempre hanno impedito la corretta interpretazione di quello straordinario processo di “ascesa”.

Un cammino lungo, difficile, travagliato, non privo di contraddizioni stridenti. Una fase che iniziò con gli appelli di Mazzini in quel lontano 1831 e si concluse drammaticamente il 2 maggio 1945, quando, con la sconfitta subita nella Seconda Guerra Mondiale, lo Stato Nazionale Italiano si inabissò nel servaggio di settecentesca memoria.

Quel giorno, si concluse l’epopea di una Nazione che aveva “sconvolto il mondo” e cambiato la storia di un intero continente. Ma quegli ideali, quell’azione, non sono scomparsi. I martiri del Risorgimento, i caduti per la grandezza nazionale, sono in piedi a ricordarcelo.

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PIANO DELL’OPERA:

PREMESSA di Pietro Cappellari

150° ANNIVERSARIO: SI’, MA DI CHE COSA? di Giovanni Marizza

“QUANDO TORNARONO LE AQUILE SUI COLLI DI ROMA”. L’APOTEOSI DI UNA NAZIONE di Pietro Cappellari

RISORGERE COME MITO di Gabriele Adinolfi

DAL RISORGIMENTO INCOMPIUTO ALL’AVVENTO DELLA TERZA ROMA di Francesco Mancinelli

NASCITA UNA NAZIONE di Stelvio Dal Piaz

SPUNTI DI MEDITAZIONE NEL CENTOCINQUANTENARIO DELL’UNITA’ D’ITALIA di Carlo Montani

FASCISMO: CONCRETIZZAZIONE DEI SOGNI E DELLE ASPIRAZIONI DEL RISORGIMENTO di Alberto B. Mariantoni

NAZIONE E SOCIALISMO NEL PENSIERO POLITICO FASCISTA TRA IL 1943 E IL 1945 di Massimiliano Soldani

ECHI RISORGIMENTALI SULLE PAGINE DEL “CORRIERE DELLA SERA” DEL 1944 di Massimo Zannoni

MITO ED IMMAGINE DI GARIBALDI NELLA RSI di Achille Ragazzoni

ASSOLUTISMO, RISORGIMENTO E FASCISMO. NASCITA DI UNO STATO ITALIANO di Giuseppe Carlino

IL MITO RISORGIMENTALE NELLA GRAFICA E NELLA PROPAGANDA FASCISTA di Alberto Sulpizi

RSI E RISORGIMENTO: IL 1943 DI UN RAGAZZO FASCISTA di Mario Pellegrinetti

GLI AUTORI

BIBLIOGRAFIA GENERALE

Sabato 26 Ottobre 2013, nella prestigiosa sala conferenze dell’Hotel Giò di Perugia, sono stati presentati gli atti del Convegno di Studi Storici “Marciare su Roma” del 2012. Un selezionato e attento pubblico è accorso all’importante appuntamento culturale organizzato da Claudio Pitti e Andrea Lignani Marchesani.

I lavori sono stati introdotti dal Prof. Stelvio Dal Piaz della Fondazione della RSI – Istituto Storico di Terranuova Bracciolini (AR). Il Professore aretino ha intrattenuto i presenti con una profonda analisi del contesto politico-sociale nel quale nacque il fascismo sansepolcrista e si sviluppò lo squadrismo. Con richiami agli eventi che sconvolsero l’Italia in quel travagliato quanto drammatico periodo chiamato Biennio Rosso, Dal Piaz ha illustrato la reazione dei “reduci nazionali”, dei Volontari di Guerra, degli Ufficiali, dei ceti medi e delle giovani generazioni davanti alle violenze socialiste e al pericolo – millantato più che reale – dello scoppio della rivoluzione bolscevica in Italia.

Il Dott. Pietro Cappellari, ricercatore della Fondazione della RSI, nonché curatore dell’opera, ha spiegato la necessità storica del convegno di Perugia del 2012 e della pubblicazione degli atti che sconvolgono il “tranquillo assetto antifascista” che la vulgata ha imposto nelle scuole e nelle università, lobotomizzando intere generazioni di Italiani, educandole al “male assoluto” con intenti pedagogico-politici grossolani. Grazie alla pubblicazione del volume Marciare su Roma è oggi possibile avere un’altra “panoramica” sull’Italia del 1919-1922, più attinente alla realtà dei fatti e meno politicizzata. Lo studio ha, infatti, raccolto consensi in ambito studentesco, sia nelle università (dove “clandestinamente” gli studenti lo usano per preparasi all’esame di storia), sia nei licei (dove il volume è stato richiesto per la preparazione della tesina di maturità). «E’ questo il risultato che ci rende orgogliosi del nostro operato – ha dichiarato Cappellari –. Pensare che anche in ambito accademico, seppure silenziosamente, le nostre tesi sono penetrate e hanno sfondato il muro dell’omertà antifascista, ci ripaga degli sforzi compiuti per concludere questa importante opera culturale in difesa della storia della nostra Patria che non può essere può ostaggio di “professori salariati” al servizio di un’ideologia di odio. Abbiamo presentato la Marcia su Roma come una “lunga marcia” verso il potere di quei reduci della Prima Guerra Mondiale che credevano in un’Italia diversa. Una “lunga marcia” frustrata da un Governo liberal-democratico incapace di gestire i frutti della Vittoria e di confrontarsi con la realtà di uno Stato fattosi Nazione. Una Nazione minacciata dalla marea montante bolscevica e schiacciata dalle “grandi democrazie” (USA, Gran Bretagna, Francia) un tempo nostre alleate e, poi, prime nemiche delle legittime aspirazioni dell’Italia. Ecco, il fascismo nacque in questo humus, si sviluppò su questo humus ed ebbe nel consenso degli Italiani la sua forza principale. L’insurrezione dell’Ottobre 1922 fu solo l’ultimo atto di un processo iniziato diversi mesi prima, quando Mussolini – osservando la realtà del Paese – seppe trasformare il fascismo una forza popolare capace di rappresentare le reali aspirazioni del popolo italiano. Quella dell’Ottobre 1922 fu un’insurrezione chiaramente di sinistra che, però, non negava la Patria, ma – corridoniamente – la conquistava».

 

Lemmonio Boreo

E’ uscito per i tipi della Herald Editore di Roma il nuovo studio del Dott. Pietro Cappellari: La Guardia della Rivoluzione. La Milizia fascista nel 1943: crisi militare – 25 Luglio – 8 Settembre – Repubblica Sociale.

A 70 anni dagli eventi, Cappellari, ricercatore della Fondazione della RSI,  ha illustrato come le Camicie Nere, in quel cruciale 1943, rappresentarono quanto di meglio le Forze Armate italiane seppero schierare sui campi di battaglia, fondendo in un unico organismo politico-militare le energie del volontarismo di guerra, l’orgoglio di un Corpo di aristocràti, le idealità di un romanticismo politico di stampo nazional-patriottico.

Lo studio rappresenta un primo volume di un’opera complessiva in tre tomi che ha l’ambizione di descrivere in maniera nuova ed esaustiva gli ultimi due anni di vita di quella che fu chiamata “la Guardia Armata della Rivoluzione”. Infatti, sugli ultimi due anni di vita della Milizia, ossia l’organizzazione militare creata originariamente per difendere la Rivoluzione fascista, non esistono studi esaurienti. Questo per una serie di fattori. Il 1943-1945, infatti, è un periodo straordinariamente, quanto drammaticamente, ricco di eventi: si pensi solo che nel primo anno di questo biennio si verificarono il 25 Luglio, ossia la caduta di Mussolini; l’8 Settembre, la resa incondizionata del Regno d’Italia agli Angloamericani; la nascita della Repubblica Sociale Italiana.

Con questo primo volume si è evidenziato il ruolo della MVSN nel drammatico 1943. Fu un anno cruciale per la storia d’Italia. Lo studio di come la Milizia abbia reagito davanti agli eventi che si succedettero con rapidità impressionante ha permesso di revisionare alcune pagine di storia. Non solo superando quelle incrostazioni sedimentate dalla vulgata antifascista e anti-italiana.

Con la caduta di Mussolini la Milizia ripiegò su se stessa, non reagendo al colpo di Stato. Che la MVSN “resse” al dramma del 25 Luglio lo dimostra il suo comportamento all’annuncio della resa incondizionata (e del conseguente passaggio al nemico). La sera dell’8 Settembre, mentre tutti i reparti del Regio Esercito si squagliavano come neve al sole, i Legionari della Milizia – indossati nuovamente camicia nera, fez e fascetti in precedenza epurati per ordine di Badoglio – si posero senza indugio al fianco dell’alleato germanico, garantendo ovunque l’ordine pubblico e “facendosi Stato”. Furono proprio le caserme della MVSN a rappresentare, in quei drammatici giorni, il simbolo che l’Italia come Stato non si era eclissata dalla storia, divenendo il punto di riferimento per tutti coloro che rifiutavano la resa incondizionata. Furono le Camicie Nere a riaprire le Federazioni del Partito Nazionale Fascista chiuse dopo il 25 Luglio e a riprendere l’attività politica su tutto il territorio nazionale non ancora occupato dal nemico angloamericano. Fu dalla reazione delle Camicie Nere che poté mantenersi in vita lo Stato italiano, quello Stato che prenderà, successivamente, il nome di Repubblica Sociale Italiana.

 

Primo Arcovazzi

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